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Dalle nuove ansie «da Whatsapp» al ricordo della Fiat 500 «amica e complice dei nostri anni beati». Nell'inedito epistolario tra due scrittori di razza come Luca Goldoni e Luca Liguori emergono assurdità e limiti di un presente caotico, frenetico, da osservare in filigrana rispetto ad un passato più lento e romantico, di cui affiorano dolci e malinconici ricordi. «Caro Luca, ti scrivo...» (Minerva edizione) è un pamphlet da poco uscito in libreria, che riporta la fitta corrispondenza postale tra i due vecchi colleghi amici da settant'anni.
Il grande giornalista parmigiano Luca Goldoni (scomparso il 7 ottobre dello scorso anno), celebre firma ironica e brillante di importanti quotidiani e periodici, e Luca Liguori, voce storica e inviato speciale della Rai per quasi mezzo secolo, hanno dato vita a un carteggio unico nel suo genere: genuino, incalzante, romantico, a volte velato da sottile malinconia, ma sempre intriso di quella vena ironica che è la cifra comune. Battezzati (felice presagio) con lo stesso nome, nati lo stesso giorno, il 23, dello stesso mese, febbraio. Il primo, Goldoni (Luca 1 nel testo), sei anni prima del secondo, Liguori (Luca 2). Entrambi protagonisti di una storica e irripetibile stagione del giornalismo d’antan. Entrambi inviati speciali. Goldoni nella carta stampata (Corriere della Sera, Il Resto del Carlino), Liguori, voce storica del Giornale Radio Rai. Tra i due una sincera e solida amicizia sbocciata negli anni Cinquanta e maturata nel tempo tra una missione e l’altra (Vietnam, Kenia, Algeria, Libia, Sud America, Cina, Giappone…) e negli incontri «caserecci» sulla Riviera romagnola.
In età avanzata, i due Luca decidono di comune accordo di scambiarsi una fitta corrispondenza postale per rievocare le comuni esperienze professionali, gli incontri con gli illustri personaggi che hanno scritto la storia del secolo scorso, le proprie ansie per un mondo che non è più a loro misura, qualche rimpianto per gli affetti familiari trascurati, le riflessioni sul mistero della vita e della morte.
Liguori, nella prima missiva, parte dal classico si stava meglio quando si stava peggio. «Tu caro Luca – risponde Goldoni - mi scrivi che una volta vivevamo meglio. Mica vero... Era più dura di oggi ma nessuno parlava di stress. Secondo il famoso scrittore si trattava semplicemente del “mestiere di vivere”». E ancora: «La più recente delle ansie è collegata a Whatsapp, quella specie di cordone ombelicale elettronico con figli e nipoti: basta che uno spenga il cellulare per sfuggire a questo controllo parossistico e si innesca un incrocio di telefonate tra amici e parenti, io faccio il giro degli ospedali, tu dei carabinieri».
Davanti ai toni esasperati e rissosi della tv, Liguori si chiede: «Ma la gente sa ancora pensare, giudicare, distinguere, scegliere, conversare, ascoltare, capire, reagire decidere?». E Goldoni risponde: «Il protagonismo ha ucciso la conversazione, così come l'uccide l'abitudine ai concetti preconfezionati scippati al supermarket dell'informazione e non maturati nella propria esperienza».
Un lungo botta e risposta è invece dedicato ai motori e alla Fiat 500, «pronipote della Topolino». «Quanti – si domanda ironico Goldoni – si sono inventati acrobatici Kamasutra nell'abitacolo della piccola Fiat?». Non solo la 500, secondo lo stesso Goldoni, è stata la prima macchina dell'emancipazione femminile: «Nel senso che le mogli impararono la doppietta per non grattare col cambio e se la intestarono, non rassegnandosi più a guidare per benevola concessione, l'auto del marito».
Il volumetto si apre con le parole dell'editore Roberto Mugavero e con la doppia prefazione di Ferruccio De Bortoli (Corriere della Sera) e Agnese Pini (Resto del Carlino – Qn). «Goldoni e Liguori hanno interpretato lo spirito di un Paese che doveva riprendersi non solo economicamente ma anche e soprattutto moralmente. E aveva un disperato bisogno di ritrovarsi nella sua rispettabilità, nella sua agognata modernità» dichiara il primo. Parla invece di «acuto di due tenori da ascoltare con assoluto rispetto» Agnese Pini. «Un insolito diario della memoria a quattro mani – osserva infine Mugavero – che s'intreccia con la leggera e vivace testimonianza analitica sulla realtà contemporanea».
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