Racconto per immagini
Prosegue il viaggio alla scoperta dell'opera di Giovanni Greci. Immagini perfette contenute nel libro «Oltre a ciò, vedi» (Silvana editoriale). Luoghi speciali, persone sconosciute in attesa: l'immagine perfetta fissata dall'obiettivo del fotografo. Per «leggere» oltre lo scatto ci viene in soccorso una poesia di Emily Dickinson che racconta sì del «buio», dell’«oscurità più fonda» presente «in quelle notti lunghe della mente quando non c’è luna che disveli un suo segno - quando non c’è stella che - dentro - si accenda», ma anche che - prima o poi - «lo sguardo» si abituerà alla notte e «senza incertezza» affronteremo «la strada».
Qual è, dunque, la strada che l’autore intraprende dopo aver varcato la soglia? Lo rivela lui stesso nelle riflessioni sulla sua fotografia: «Abituarsi alla notte non poteva che significare che rimanere inizialmente in quegli interni protettivi e preparatori il varcare la seconda soglia: quella conducente nel mondo esterno. Mi sembrava, infatti, quanto mai necessario verificare se anche lì fossero presenti tracce, frammenti, del mio/nostro essere nel mondo. Avrei capito solo più tardi, una volta oltrepassato quel confine, che tra interni ed esterni non c’era quasi alcuna differenza, che quei frammenti erano presenti ovunque e che, dunque, quella barriera era solo fittizia, apparente. Non aveva, così, più alcuna importanza, il trovarmi dentro o fuori quei contenitori, quei luoghi abitati, perché ogni immagine raccontava di noi a prescindere. Cosa vi avrei trovato? Soprattutto solitudini, angosce, spaesamenti, incomunicabilità e la difficoltà di incontrare l’altro. Lo stesso Roberto Mancini, del resto, nel testo introduttivo al mio volume, così scrive: “I volti restano altrove e ancor meno possibile sembra il loro incontro, anche nell’immagine in cui più persone guardano dalla stessa parte, ma senza vedersi”.
È questa, dunque, la condizione in cui siamo oggi immersi? Probabilmente, o in parte, al pari dell’illusione di capire il mondo e relazionarci con gli altri solo perché ci muoviamo su tastiere e ci sentiamo tutti interconnessi. Quel bambino che alla Fondazione Louis Vuitton guardava con stupore e desiderio il vasto mondo è dunque destinato da grande a precipitare in questo stato emotivo? Non c’è più luce a illuminare il mondo interno e quello esterno? No, ci sono ancora spiragli, sprazzi di grande bellezza per dirla con Sorrentino e saranno donne in sosta o in cammino e due fidanzati a ridarci la speranza”, come avremo modo di vedere nel proseguo di questo cammino».
Non c'è una parola «fine» in questo viaggio. Per il momento non ci resta che osservare queste nuove immagini di un percorso infinito oltre il silenzio e l'assenza.
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