Romanzo
Il romanzo «Anima Guerriera» sarà presentato mercoledì alle 18,30 alla libreria Universitas di vicolo Grossardi 3/B. Dialogherà con l'autore Massimo Sperindè il giornalista Francesco Monaco.
Questo non è solo un libro, ma l’autobiografia di un soffio vitale. Ecco, se l’esistenza potesse scriversi, descriversi, parlarsi lo farebbe proprio così: con un viaggio che non è riconducibile al tempo e allo spazio ma, «semplicemente», al tutto. Al ricomporsi. Non importa dove e quando e in che pelle o in che essenza. Magari proprio tra le pagine di un antico manoscritto o tra i deliri di personaggi in cerca di libertà e significati.
Così nasce «Anima guerriera» (Universitas editore Parma, 21 euro, pp. 790), il primo romanzo che potremmo definire storico-filosofico (anche se l’etichetta pare riduttiva) di Massimo Sperindè, parmigiano d’adozione, per anni redattore e caposervizio della Gazzetta di Parma. Linguaggio immediato, grafie che cambiano, sensibilità che si intrecciano: tre vite, tre storie, si uniscono nelle pagine seguendo «il sottile filo di una lontana e controversa teoria filosofica». Si tratta delle storie dell’indomita e sensuale Teukla e del suo mondo antico, quella di fratel Erno e del suo turbamento nel monastero e quella di Odoardo Blasi e delle sue ricerche (non solo storico-letterarie). Impossibile, però, non aggiungerne una quarta: quella dell’autore, che è mescolato, in una perfetta mimesi di passioni, speranze e timori, ai suoi personaggi. È la voce interiore che tutto unisce e amalgama. Il cuore da cui le altre tre esistenze ripartono, salvate dal rischio dell’oblio, così come la storia. Tutto parte, manzonianamente, dal ritrovamento di uno scritto antico all’interno di un baule. L’autore così risale a Odoardo Blasi, un uomo dell’Ottocento immerso nel suo tempo e nel tempo della letteratura. Inizia quindi un grande lavoro per salvare quei fogli e riportarli alla luce. Pensando, all’inizio, di stare svolgendo un lavoro più che altro filologico. Finché non ha capito che quello che stava attraversando era un percorso diverso, una vera e propria missione.
In quelle parole antiche ma nuove, ha iniziato a ripercorrere la storia della protagonista: la guerriera apuana Teukla, raccontata da fratel Erno da Pontremoli nei primi del Trecento: in un flusso di visioni e deliri riemergono le vicende di quella donna così lontana nel tempo. Chiuso nella celletta del monastero di Bobbio, Erno alterna la vita monastica alla vita che gli si impone davanti agli occhi ogni giorno, in un totale stato di abbandono: è il viaggio di Teukla, tanto geografico quanto interiore, che lo riporta – e ci riporta – al secondo secolo avanti Cristo. È la vita di una donna «che va nella direzione opposta a quelli che si arrendono». La seguiamo nella sua battaglia contro il popolo oppressore: quello romano. La seguiamo nel suo crescere: conosciamo prima la sua anima giovane, la sua impazienza e la necessità impellente di combattere (il gladio e la frombola sono un suo prolungamento). La vediamo conoscere popoli diversi come i Boii e i Sarmati, imparare a leggere e a scrivere, parlare lingue diverse. La conosciamo, poi, per il suo desiderio di diventare madre, nel suo bisogno di amare. Gli anni passano e lei cambia, arrivando ad un punto in cui fermarsi non è più solo una «placida serenità che non appaga», ma un buon compromesso che non snatura quello che lei è: un concentrato di istinto, energia, furore. Un’amazzone. Teukla riemerge dal suo tempo per parlare a Fratel Erno, permettergli di «cogliere l'essenza del suo passato», quello di Ernesto Cavellini, ben lontano dalla vita monastica tra passioni, viaggi, ferite.
Teukla riemerge per parlarci al presente, con la libertà scritta nel destino: una promessa. Per raccontarla, è servito un salto all’indietro fatto di paesaggi dettagliati, descrizioni realistiche (dell’abbigliamento, del modo di vivere, di combattere), vittorie e sconfitte reali, che solo anni di ricerche approfondite da parte dell’autore avrebbero potuto restituire. Sono le note a fine capitolo di Odoardo, poi, a legare la storia privata a quella dell’umanità da cui discendiamo: dagli usi e costumi dei popoli, agli anni esatti degli scontri, fino alle opere teatrali, ai filosofi. Conducendoci nel passato, dall’Apuania, alla Grecia, a Roma. In questa «straniante matrioska del destino», però, a farsi strada è più di tutto l’umanità, l’interiorità. Come a dire: gli anni passano, ma ciò che ci accende, ciò che ci fa soffrire, morire e sperare non cambia.
Ecco, allora, che gli occhi di Teukla, Erno, Odoardo sono gli occhi nostri. Così anche noi sentiamo la passione che Teukla prova per Dumnorix, Alexandros, Marasha o Maximus, l’affetto smisurato per Nike, la nostalgia di casa o la stessa forza che la spinge alla battaglia. Sentiamo, in un anelito di speranza, la comprensione che Erno trova in «Nostro Signore» e nella vita solitaria. Sentiamo, odore compreso, le pagine antiche che Odoardo Blasi maneggia e legge e trascrive o l’amore acerbo ma vero che trova negli occhi azzurri e profondi di Laura. Vite che si ritrovano di 216 anni in 216 anni: allineamento di Pianeti? Coincidenze? Pitagora docet: «I numeri non ingannano».
Alla fine, il libro vuole dirci proprio questo: che siamo parte del tutto, che ci ricomponiamo collegati gli uni agli altri. Che il tempo non divide, ma riappropria. Che la storia è la vita e che la vita è la storia. Che, alla fine, siamo tutti figli di una sola anima. Un’immortale «Anima guerriera» in cui poter credere ancora. In fondo, è bastato guardare dentro quel baule nascosto per capirlo. È bastato, cioè, guardarsi dentro.
«Avevo voglia di leggere una storia come questa»
Galeotto fu il Covid e quel tempo, così dilatato, a disposizione. Settimane di lockdown propizie per Massimo Sperindè per dare vita al suo grande progetto. «Avevo già raccolto tutta la documentazione storica per “Anima guerriera”, ma l'avvio è stato proprio in quel periodo. Andavo avanti a fiammate, spesso occupavo intere notti a scrivere. Non c'era metodo, seguivo semplicemente il flusso delle parole nella mente».
Tante parole...
«Meno di così era impossibile. Anzi, avrei avuto bisogno di 1.600 pagine. Io non facevo altro che scrivere quello che vedeva la mia immaginazione, sembrava quasi che ogni cosa succedesse davanti a me. È stato bellissimo e difficile da riassumere tanto è stato emozionante».
Perché Anima guerriera?
«Il titolo lo avevo in mente sin dall'inizio della stesura. È stato questo da subito, non ho mai avuto dubbi».
A Parma molti ti conoscono perché hai lavorato come giornalista alla Gazzetta per oltre trent'anni o per le tue imprese sportive, dal football americano agli Ironman di triathlon. Come ci sei finito, nei panni dello scrittore? E perché hai scelto questa storia?
«Semplicemente perché mi sarebbe piaciuto leggerla. E ancora non c'era. Solo per questo ho iniziato a scriverla. L'ho fatto per me, per il piacere di raccontarmi questa storia senza pensare troppo alla pubblicazione. Una volta però che il cerchio si è chiuso, i primi feedback da amici e parenti sono stati positivi. Allora è arrivato il desiderio di pubblicarla. E devo dire grazie a Universitas che, con grande pazienza, ha esaudito tutte le mie richieste».
Non facili, visti i caratteri differenti impiegati e gli stili con cui il racconto si dipana.
«Ho usato volutamente tre modi di scrittura, proprio perché devono rappresentare tre epoche diverse. Teukla è raccontata con uno stile più lirico, quasi epico come immagino fosse il flusso dei pensieri di una donna del secondo secolo avanti Cristo. Erno, quando parla di sé, usa invece la “saggezza del poi” tipica di un diario, mentre alla fine, per il saggio ricercatore, non c'era formula migliore che quella epistolare».
Romanzo storico-filosofico, definizione esatta?
«Corretta. Perché da laureato in filosofia sono sempre stato affascinato da alcune teorie pitagoriche. E poi ho un debole per la storia del popolo apuano di cui Teukla fa parte e dove sono sia le mie radici che quelle degli altri due personaggi del romanzo».
È Teukla la preferita?
«Senza dubbio è la più carismatica e cercare di vedere il mondo con gli occhi di una donna è stato terribilmente affascinante. Poi, le donne apuane era vere amazzoni. Un personaggio bellissimo che però, se non ci fosse Erno, non avremmo mai conosciuto e se, alla fine, Odoardo non avesse messo ordine nei fogli ritrovati in un'antica biblioteca, tutto sarebbe svanito. Sono tutti e tre importantissimi».
Anche perché alla fine sono un'unica cosa...
«Per scoprirlo bisogna leggere il libro».
Ed ora? Guai fermarsi.
«Di storie ne avrei altre tre o quattro. Proseguo nelle mie ricerche, infinite, anche se non sono tutte romanzi storici».
Ne sveliamo una?
«Non dico nulla, per ora. Sarà quella che più desidererei leggere adesso».
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