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Cacciatori catturati dalla piena del Taro

Collecchiello novembre '68: nessuna fucilata alle anatre, solo paura

Cacciatori catturati dalla piena del Taro

di Emanuele Marazzini

11 Ottobre 2025, 16:17

Nell’umido, ancora tenebroso mattino di una domenica autunnale de 1968 per una manciata di secondi lo scorrere del Taro - vicino a Collecchiello - fu sovrastato da un rumore artificiale, stonato, brutalmente umano: era quello di due auto che avevano spento all’unisono i motori nei pressi del greto.

A bordo sedevano uomo residente a Collecchio, un impiegato e il nipote.

Eccitati per la giornata che li attendeva, estrassero rapidi dal bagagliaio gli stivali di gomma e i fucili e si incamminarono verso il fiume: si era appena aperta la stagione della caccia al cinghiale, ma i tre uomini avevano preferito disertare la montagna optando per bersagli più vicini a casa e di taglia ridotta. Quali? Le anatre selvatiche che in quel periodo dell’anno iniziavano a migrare.

Guadando senza difficoltà come altri tiratori che già sparavano in cielo poco lontano o dalle sponde, il trio trovò una posizione favorevole, ma in breve un suono primitivo, stonato, brutalmente naturale richiamò l’attenzione di tutti.

I più esperti capirono subito che cosa stesse per succedere e fecero dietrofront, sciaguattando verso la riva.

I tre cacciatori non furono invece così reattivi e la parola «piena» inondò la loro mente quasi contemporaneamente all’enorme, possente massa di fango e detriti.

I primi due riuscirono ad evitarne l’impeto salendo su un isolotto elevato solo qualche decina di centimetri mentre l'altro rimase saldo in balìa del fiume, ma immerso fino alla cintola.

Un uomo che abitava lì, accortosi della drammatica situazione, si precipitò a Collecchio per allertare i vigili del fuoco che non persero tempo nell’organizzarsi.

Saliti su un canotto, quattro di loro impiegarono ben tre ore per raggiungere i «naufraghi» e portarli in salvo mentre dalle prode, mediante un cannocchiale, si teneva monitorato soprattutto quello che dei tra era in acqua ormai da tantissimo tempo.

Le sorprese però non erano ancora finite: anche le Cinquecento e Seicento dei cacciatori erano infatti state travolte e portate un po’ più a valle.

Solo verso l’ora di pranzo, grazie sia a delle ruspe sia al calo della piena, furono riportate alla luce davanti ai malcapitati proprietari, i quali, probabilmente, concordarono di non dare mai più la caccia ad un’anatra in vita loro.

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