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Le arbitre parmigiane: «Il nostro segreto? In campo ci tappiamo le orecchie»

Le arbitre parmigiane: «Il nostro segreto? In campo ci tappiamo le orecchie»

di Marco Bernardini

07 Dicembre 2020, 10:41

Cade un altro tabù nel mondo del calcio: la francese Stéphanie Frappart è, infatti, stata la prima donna arbitro designata per dirigere un match di Champions League, quello giocato mercoledì e vinto per 3-0 dalla Juventus sulla Dinamo Kiev. 

È diventata così un esempio e un punto di riferimento per tante ragazze che cercano di farsi largo in mezzo ai soliti pregiudizi e luoghi comuni. Al 30 giugno,  tra i 30537 associati all’Aia, le donne erano  1724:  1516 arbitro di calcio a 11, 21 di calcio a 5, una nel beach soccer, tredici assistenti e 158 osservatori arbitrali.
 A Parma le arbitro donne sono attualmente sei. Tre in attività sui campi:  l’arbitro di calcio a 5  Valentina Zavanelli, l’assistente del Comitato Regionale Sara Canale, e l’arbitro sezionale Vania Cordenons, ex di beach soccer a livello nazionale. Tre  sono osservatori: Tiziana Tedaldi, Erica Calici e Federica Chioccioni.
 Valentina Zavanelli, già giocatrice in serie A tra le fila della Reggiana e che vanta qualche presenza nella Nazionale italiana Under 19, ha deciso di restare nell’ambiente una volta appese le scarpette al chiodo. 

«È nata quasi per gioco, mi sono voluta mettere in discussione e non credevo potesse diventare una vera e propria passione. Non posso fare a meno dell’adrenalina che ti dà il campo, le fasi che vanno dalla preparazione delle gare al fischio d’inizio sono ormai una piacevole routine».

 Inserita nella Can 5, è arrivata in serie A femminile e in serie B maschile ma, specialmente in principio,  non è stato facile. 
«Quando arbitravo sui campi della provincia era un disastro, risultava difficile non ascoltare quello che gli spettatori urlavano dagli spalti poi con l’esperienza certe cose ti scivolano addosso. I giocatori? A loro, che tu sia uomo o donna, interessa poco, pensano solo a vincere». 
E si sente di dare un consiglio alle giovani che tentano di intraprendere questa strada. «All’inizio è complicato per tutti, bisogna portare pazienza e fare la gavetta tappandosi le orecchie. Ma il senso di adrenalina e di autorevolezza che si respira in un campo da calcio è unico e ineguagliabile. Conta molto la personalità, i giocatori ti scrutano già dall’appello e non devi mostrare alcun segno di debolezza. Il sogno? Mi aspetto di vedere presto qualche collega donna in Can A».
 Vania Cordenons, friulana di Pordenone, è all’interno dell’Aia dal 1996 e per cinque anni ha diretto gare nazionali di beach soccer.

 «Un’avventura bellissima, in Friuli facevo calcio a 11 fino all’Eccellenza ma il mondo dell’Aia ti può aprire altre porte. Nel beach soccer eravamo in totale una quarantina, ci sentivamo una grande famiglia: ho girato l’Italia e scoperto spiagge fantastiche». 

Ora è tornata in Seconda Categoria prima di fermarsi per la nascita della figlia avuta dal marito Giuseppe Bisquadro, anche lui arbitro. 
«Per me - continua Vania - l’arbitraggio è un’esperienza formativa a 360 gradi che consente di rapportarsi con coetanei e gente più grande. Il movimento femminile si sta sviluppando tantissimo, fino a non molto tempo fa apparivamo come delle mosche bianche mentre ora abbiamo raggiunto quote importanti». 
E tra lavoro e famiglia lo spazio per il pallone si trova sempre. «Si pianifica la vita privata, in casa ci dividiamo i compiti. Con mio marito vediamo e commentiamo le partite, prima di essere arbitri siamo amanti del calcio».
 

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