ANDIAMO AL CINEMA
Non ci crederete, ma era già tutto lì: la pinna dello squalo, la bambina col cappotto rosso. E il volo su quelle biciclette da cui, forse, non siamo più davvero scesi. Era già lì: nel primo film di quel bimbo che non voleva andare al cinema perché aveva paura del buio. Ma che per potere rivedere mille volte quei trenini che faceva schiantare di continuo (con grossi problemi per le tasche dei suoi pazienti genitori) decise di impressionarli (ed eternarli per sempre) sulla pellicola.
C’è una passione, un amore, una «fede» (sì, è questa l'unica parola possibile) per il cinema che non ha uguali in «The Fabelmans», la “mano di io” di Steven Spielberg, che mette in scena la sua infanzia e adolescenza, celebrando, con tenerezza e verità, nella ripetizione ostinata dell’incanto, la nascita di uno sguardo destinato a cambiare per sempre la storia del cinema.
Non un hobby, ma una vocazione, un sacerdozio; una magnifica, utopistica, ossessione nell’autoritratto di un ragazzo che alle sorelle più piccole ordinava, mentre girava film con i boy-scout, di non guardare in macchina: un viscerale, film sul cinema – sulla sua capacità salvifica e taumaturgica - in cui il regista di «E.T.», tra family drama e coming of age, si mette in gioco, nella scoperta dolorosa di ciò che l’occhio non vede, quel fotogramma di verità che nemmeno sapevi di avere ripreso, là dove, nella realtà, non puoi mentire alla cinepresa.
Il divorzio dei genitori (interpretati da una bravissima Michelle Williams e da Paul Dano, probabili candidati all'Oscar), l'adolescenza bullizzata, la prima fidanzatina: una summa autobiografica che Spielberg racconta senza perdere l’umiltà e l’ironia, rivestendo l’immagine di quel mood color nostalgia (splendido il lavoro del direttore della fotografia Janusz Kaminski) che appartiene più al cinema anni ’50 e ’60 che alla realtà.
Nella persistenza della visione (il cervello che trattiene l’immagine che scappa nella luce... ), «The Fabelmans», candidato a 5 Golden Globes ma flop al botteghino americano, si rivela un film pieno di idee (David Lynch nei panni di John Ford vale da solo il prezzo del biglietto) che va oltre il confronto tra arte e famiglia («Amiamo la famiglia, ma l’arte è la nostra droga, ti strapperà il cuore»), andando alle radici dell’ispirazione di un autore che ha imparato a sue spese che anche un idiota può mettere la testa dentro le fauci del leone: ma che serve talento per uscirne vivi.
Filiberto Molossi
Regia: Steven Spielberg
Interpreti: Gabriel LaBelle, Michelle Williams, Paul Dano
Usa 2022, 2 h e 31'
Genere: Biografico
Dove: Astra, The Space Campus e Parma Centro
Giudizio: 4 su 5
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