Economia
Alessandro Caviglia - Chief Investment Officer Italy
Rischi esogeni: quale variabile preoccupa maggiormente per il 2023: recessione, rischi geopolitici, inflazione, energia, Covid, bolla immobiliare…?
I rischi geopolitici costituiranno sempre più una parte integrante delle decisioni d’investimento. Tra quelli che ci preoccupano di più ci sono la deglobalizzazione, per il crescente confronto strategico tra USA-Cina, e il conflitto Russia-Ucraina. Le preoccupazioni per la crisi energetica si sono ridimensionate per l’inverno del 2023, considerando gli elevati livelli di stoccaggio raggiunti ed il clima finora mite, ma si riproporranno per l’inverno del 2024.
Sul tema inflazione gli investitori scontano ormai livelli elevati della stessa, ma potrebbero risultare troppo ottimisti nel ritenere che la Fed possa ridurre i tassi d’interesse già a partire dalla seconda metà del 2023. Infatti, nelle ultime minute della Federal Reserve è emersa la volontà di mantenere il livello target dei tassi per un lungo periodo di tempo.
Infine, i mercati azionari sono vulnerabili in caso di rallentamento globale più marcato del previsto e dell’aumento eventuale di rischi di recessione, in particolare in Europa. Di conseguenza le stime degli analisti finanziari sugli utili risulterebbero troppo elevate e suscettibili di revisioni al ribasso. In sintesi, in questo scenario di rischio, i prezzi delle azioni non sconterebbero a sufficienza lo scenario di recessione. Ma per noi si tratta di un rischio marginale, dato che anzi ci aspettiamo un recupero con direzionalità positiva più marcata nel secondo semestre.
Titoli di Stato: lo scenario dei prezzi è in miglioramento, ma le insidie non mancano. Meglio investire a breve viste le incertezze sull’inflazione nel lungo periodo?
Il 2023 sarà l’anno del ritorno all’investimento obbligazionario, i cui rendimenti sono finalmente tornati competitivi rispetto alle azioni. Occorrerà però essere pazienti e impostare una strategia di accumulazione anche su strumenti con scadenze più lunghe. Vediamo la duration nel 2023 come un contributore positivo di portafoglio. Le maggiori opportunità d’investimento si vedranno soprattutto sui titoli governativi, prima negli USA e poi in Europa. Questo perché la Fed avrà compiuto, alla fine del primo trimestre / inizio del secondo trimestre 2023, il processo di rialzo dei tassi portando i Fed Funds (tassi a breve) in area 5%-5.25%. Le attese di mercato vedono la Banca Centrale Europea portare i tassi di riferimento fino al 3.5%. Noi pensiamo possa fermarsi prima, intorno al 3% a fronte del rischio di rallentamento reale.
Bond: Il contesto rispetto allo scorso anno pare migliore. Cosa scegliere: Paesi sviluppati, emergenti, corporate?
L’incertezza sull’andamento dell’inflazione, in particolare quella salariale, e su quando la Fed - e a seguire la BCE- porrà fine alle politiche monetarie restrittive, manterrà volatili i mercati obbligazionari a più elevato rischio nei prossimi mesi.
Occorre quindi privilegiare i titoli obbligazionari più liquidi e di elevata qualità, in grado cioè di resistere ad uno scenario di tipo inflazionistico e recessivo. A livello obbligazionario Corporate la selettività si traduce in una preferenza verso i titoli Investment Grade rispetto agli High Yield: questi ultimi, soprattutto nel settore non finanziario, sarebbero penalizzati in caso di scenario di rallentamento ulteriore per l’aumento dei loro tassi di default. Anche sulle obbligazioni dei Paesi Emergenti occorre selettività, puntando, per i titoli governativi, sui Paesi che hanno i conti pubblici in ordine, evitando quelli con elevato debito esterno e/o deficit commerciale e su quelli di maggiore qualità a livello corporate.
Azioni: su quali settori puntare (ad esempio bancari, visti i tassi elevati) e quali piazze finanziarie promettono di performare meglio
A livello azionario rimaniamo difensivi, considerati i rischi di forte rallentamento/re-cessione, sia in termini di selezione regionale, con un posizionamento di piena neu-tralità - quindi importante visto il suo elevato peso benchmark sul totale azionario - del mercato USA; sia in termini di stile d’investimento, dove continuiamo a preferire i titoli value verso quelli growth, che di scelte settoriali, con preferenza per settori quali il farmaceutico, i consumi di beni di prima necessità e il finanziario. Nella scelta dei titoli azionari abbiamo un focus sulle società con grande capacità di definizione dei prezzi, di generare un flusso di cassa, di distribuire dividendi e con business sostenibili (ESG).
Nei prossimi mesi, l’avvicinarsi della svolta espansiva della Fed, con relativo indeboli-mento del dollaro, potrebbe spingerci a una riscoperta degli investimenti sui mercati azionari non-US, in particolare quelli europei ed emergenti.
Commodities: contesto rischioso, si può ipotizzare di puntare, tra Etf, fondi o perfino trade, sulle materie prime?
Considerata la più elevata volatilità di questa asset class e i rischi di ulteriori correzioni dei prezzi delle materie prime legate al rallentamento globale, preferiamo puntare su asset class come l’obbligazionario e l’azionario.
Alternative: mattone e oro sono ancora beni rifugio? Meglio dimenticare le criptovalute?
Il settore immobiliare è ora in fase di contrazione sia negli USA che in Europa, penaliz-zato dall’aumento dei tassi d’interesse e dal deterioramento della situazione economica. I prezzi dell’oro sono moderatamente supportati, nel medio/lungo periodo, da un pos-sibile ulteriore indebolimento del dollaro e dalla riduzione dei tassi d’interesse. Ma nel 2022 in un contesto di incertezza estrema non ha certo brillato. Riguardo alle criptovalute, attualmente non rientrano nell’universo delle opportunità di investimento che noi consideriamo.
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