«Senza rivoluzionare la profonda cultura alimentare e il sistema che abbiamo in Italia, dobbiamo essere consapevoli che sono in atto cambiamenti fortissimi e veloci e noi dobbiamo essere bravi ad esserne parte. Riuscire ad avere tecnici specializzati formati alla propensione al cambiamento è importante per restare al passo con l’industria alimentare del futuro». Così Massimo Ambanelli, presidente della Fondazione Its Tech&Food, l’accademia che sforna i super tecnici per la filiera agroalimentare con sede a Parma e Reggio Emilia. Forte di un fatturato che nel 2019 si attesta intorno ai 140 miliardi di euro, l’industria alimentare italiana è la seconda del Paese dopo quella metalmeccanica e prima per numero di imprese (56.750). Aziende che sono per il 98% micro o piccole e faticano a trovare tecnici specializzati nei processi di produzione. Secondo i dati recentemente diffusi da Eurostat e Miur, solo il 58% dei laureati italiani trova lavoro entro tre anni dal titolo. Ma l’80% di chi frequenta Its ci riesce entro un anno.
Quale è il segreto di questo successo?
Il segreto della nostra scuola di alta tecnologia è avere proposto un nuovo modello didattico: alla lezione di approfondimento teorico tipicamente italiana viene affiancato lo studio dei casi aziendali, come in America. E poi inseriamo il tutto in un sistema fortemente integrato sul modello delle Hochschule tedesche. In questo modo il dialogo con le imprese è costante. La mia esperienza all’estero mi ha insegnato che la teoria da sola non sta in piedi, tutto quello che viene insegnato viene finalizzato al lato pratico. Oltre il 70% dei docenti proviene dal mondo del lavoro e gli studenti vengono subito messi a contatto con un tecnico che lavora già in azienda. Parma rappresenta un punto i riferimento nel mondo del Food: un territorio in grado di coniugare una solida tradizione con importanti investimenti nelle tecnologie più avanzate».
Dal vostro osservatorio privilegiato quali sono le tendenze in essere?
Guai a chi tocca la tradizione ma bisogna legarla alle trasformazioni in atto. Dobbiamo usare la tradizione per fare leva su di essa in modo da concepire i prodotti del futuro. È una necessità strategica quella di concentrarsi su filiere sostenibili ed efficienti che concepiscano i cibi del futuro, e non sto parlando di alimenti artefatti, ma di prodotti che garantiscano qualità nel rispetto dell’ambiente. E questo obbliga ad un certo tipo di cultura che si aggancia all’innovazione. Di conseguenza abbiamo bisogno di tecnici che devono operare su macchinari nuovi e che siano mentalmente predisposti al fatto che i prodotti sono in profonda trasformazione. Occorre muoversi molto velocemente solo per restare al passo.
Sostenibilità, pandemia: grandi temi, grandi sfide
La soluzione è continuare a produrre valore aggiunto per il nostro territorio e al contempo fare rete: siamo parte di altre realtà di respiro nazionale quali la «Rete AgrITS» e l’«Associazione Its Italy» unite per realizzare azioni di promozione e sviluppo del sistema Paese. Ai nostri ragazzi insegnano che lo spirito di collaborazione.
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