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Sara e le altre, storie di lavoro e resilienza

Sara e le altre, storie di lavoro e resilienza

di Patrizia Ginepri

08 Marzo 2021, 08:52

Riflettendoci, è evidente che l'architettura sociale non è ancora costruita a misura dell'occupazione femminile, nonostante i numerosi passi in avanti che ci sono stati finora. Le donne che lavorano continuano a fare i salti mortali, per assolvere i carichi molteplici che i diversi ruoli sovrapposti impongono. Nulla di nuovo, direte voi. Invece qualcosa di straordinario è emerso in tempo di pandemia. Le donne hanno dimostrato una resilienza senza precedenti, una capacità di reazione e una intraprendenza che va ben oltre le rivendicazioni legittime e le tante falle del sistema in termini di sostegno. Pensiamo alle operatrici della sanità, alle donne impegnate nella ricerca, alle insegnanti, alle volontarie, a quelle in campo nelle forze dell'ordine. 

Ma al di là dei ruoli, ci sono storie di ordinaria straordinarietà. Cito, ad esempio, una vicenda che mi hanno raccontato di recente. Tutto ha avuto inizio  a Milano, esattamente un anno fa, in pieno lockdown. Sara, 34 anni, con una laurea in scienza della comunicazione, è senior account in un'agenzia di pubbliche relazioni. Quando scoppia la pandemia perde il lavoro. Vive con un'amica e deve mantenersi, pagare la sua quota di affitto, le bollette. Tutto si ferma, ma non la sua determinazione. Trovare lavoro nel suo campo professionale è praticamente impossibile in quel momento e Sara, per guadagnarsi da vivere, inizia a lavorare come addetta alle pulizie. Passano i mesi, Milano riparte, pur nelle difficoltà, e il datore di lavoro che suo malgrado era stato costretto a non rinnovarle il contratto viene a sapere che Sara non ha esitato ad accettare un lavoro ben lontano dalle sue aspirazioni professionali, pur di essere autonoma. Un gesto di buona volontà che alla fine l'ha premiata, perché l'agenzia dove lavorava l'ha riassunta. Ci sono tante donne come Sara là fuori, donne che non hanno paura di sporcarsi le mani, donne che si sacrificano per la famiglia, giovani preparate che cercano di affermarsi nel mondo del lavoro. Le aziende in questi anni hanno compiuto passi importanti in materia di welfare interno e di conciliazione e anche a Parma si moltiplicano gli esempi e non solo nelle grandi realtà. Vengono attivati strumenti a misura delle donne: banca delle ore,  flessibilità in entrata e in uscita,  asili aziendali, congedi. Questo perché una gestione meno affannosa dei ruoli al femminile incide positivamente sulla produttività. Quello che manca ancora è un vero e concreto aiuto da parte delle politiche pubbliche. I singoli comuni ci provano da anni, ma mancano le risorse. Dovrebbe essere il sistema Paese a creare le condizioni che permettano alle famiglie che pagano le tasse,  di usufruire, ad esempio,  di asili e nidi se non gratuiti almeno a prezzi accessibili come avviene per la scuola. Una svolta necessaria   anche per la presidente dell'Unione Parmense Industriali Annalisa Sassi, interpellata sul tema «donne e lavoro». Tante rinunciano a un'occupazione per i costi insostenibili di servizi che dovrebbero supportare e non escludere. Questa dovrebbe essere una priorità delle politiche attive del lavoro,  su cui intervenire dopo tanti proclami. 

 In occasione dell'8 marzo si citano, solitamente, donne che hanno fatto la storia, scienziate, personalità politiche, letterate, astronaute. Ma le vere eroine sono anche donne come Sara, donne che alla sera sfinite cucinano per il giorno dopo, donne che riordinano la casa prima di andare in fabbrica, donne che rinunciano a giornate di svago per studiare. Nessuna rivendicazione, la meritocrazia non ha genere, ma è indubbio che il sacrificio al femminile è doppio e anche triplo. 
 

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