ANNIVERSARIO
Vent'anni fa il crac Parmalat: il default da 13 miliardi e il dramma di migliaia di risparmiatori
8 dicembre 2003: si scopre che il fondo Epicurum non ha più liquidità
Vent'anni fa crollò l’impero del latte, e non solo. Il crac della Parmalat, uno dei marchi alimentari italiani più celebri nel mondo, fu annunciato l’8 dicembre 2003 e segnò l’inizio di un dramma per migliaia di risparmiatori, vittime di una delle più grandi truffe d’Europa. Il castello di carte false costruito nel tempo aveva cominciato a scricchiolare già alcuni mesi prima in quello steso anno: ad ingenerare i primi dubbi furono gli analisti di Merrill Lynch, i quali si chisero perché Parmalat continuasse a riempire il mercato con emissioni di bond pur sostenendo di avere liquidità in cassa.
In un meccanismo economicamente perverso, le banche cercavano il patron della società Calisto Tanzi per emettere bond mentre lui si avvaleva delle banche per coprire i buchi fino all’affondamento definitivo. Il titolo crollò in Borsa quando l’allora direttore finanziario del gruppo, Fausto Tonna, annunciò una nuova emissione da 300 milioni in un momento in cui già crescevano le perplessità degli investitori. E la situazione continuò a precipitare quando lo spread dei bond Parmalat sale a 300 punti base. Nonostante tutto il colosso tentò di convincere i suoi investitori di avere in cassa consistenti liquidità per quasi quattro miliardi di euro mentre in realtà i debiti aumentavano.
L’8 dicembre arrivò il comunicato che svelò l’inizio di una fine già avvenuta: il fondo Epicurum da 600 milioni di euro millantati, creato negli anni '90 per operazioni fittizie allo scopo di ingannare il mercato, in realtà non aveva liquidità. E si rivelò altrettanto truccato il conto corrente presso la Bank of America, intestato alla società Bonlat, con sede alle isole Cayman, in cui figuravano circa 3,95 miliardi di euro tra liquidità e titoli. L’unica verità fu che la Parmalat era fallita, con un default da 13 miliardi di euro. Il responsabile, dopo una serie di processi, risultò essere il solo Calisto Tanzi, arrestato il 27 dicembre 2003, il quale è stato poi condannato a 17 anni e 5 mesi per bancarotta e associazione a delinquere e a 8 anni per aggiotaggio. Nonostante i tentativi della Procura di Milano di dimostrare che le banche fossero al corrente del dissesto del gruppo, tutte ne sono uscite assolte.
In molti hanno visto nei suoi rapporti con la politica, in particolare con la Democrazia Cristiana, le cause della gestione spericolata di Tanzi fin dagli anni '80, a partire dai favori ottenuti per i finanziamenti del post terremoto in Irpinia. In cambio di agevolazioni (come la possibilità di vendere latte a lunga conservazione in tutta Italia attraverso accordi con il governo) dalla fine degli anni '80, e sotto l’influenza di personalità politiche, il patron della Parmalat avrebbe accettato di acquisir e una serie di società a rischio insolvenza: tra queste una ottantina di agenzie di viaggio (antenate dell a catena Parmatour di allora, coinvolta nel fondo Epicurum) e l’incorporazione di altri marchi indebitati.
Dopo trent'anni, tra bond, falsi bilanci, occultamenti e rapporti opachi con le banche, nel 2003 il crac Parmalat ha creato uno spartiacque in cui il mercato obbligazionario in Italia è rimasto pesantemente segnato, ma ha anche rovinato i risparmi di una vita a migliaia di famiglie, ingenuamente convinte di investire nella solidità di quel colosso del Made in Italy.