ECONOMIA
Il popolo degli agricoltori resta sul piede di guerra. I trattori arrivati fino a Bruxelles sono l'emblema di una situazione diventata ormai insostenibile per le aziende del settore primario, una protesta che si è intensificata alla luce delle norme europee che riguardano il Green Deal. Molte restrizioni sono considerate incomprensibili dagli operatori del settore. Sono infatti decine e decine le direttive e i regolamenti europei per la tutela della sicurezza alimentare che impongono standard molto rigidi. Gli Stati membri possono comunque decidere di riutilizzare i prodotti “non a norma” purché provvisti di apposita etichettatura, tuttavia la Fao calcola che ciò si traduce in un 20% di spreco sui campi. Nel 2023 in Italia gli arrivi di alimenti stranieri hanno raggiunto lo storico record di 65 miliardi di euro. Come il grano del Canada, che il nostro Paese importa (nel 2023 importazioni raddoppiate raggiungendo oltre il miliardo di chili), anche se è coltivato con glifosato secondo modalità vietate in Italia. È anche questo che gli agricoltori che stanno protestando in tutto il Vecchio Continente contestano: la concorrenza dei paesi extra Europa e che non hanno gli stessi standard stringenti ambientali, fitosanitari e di tutela dei lavoratori.
Nel mirino ci sono, in particolare, alcune richieste dettate dalla transizione ecologica. A cominciare dall’obbligo di riconvertire al biologico entro il 2030 almeno il 25% dei terreni coltivati, ma anche dal divieto di mono-successione (i campi di mais e grano, per esempio, dovrebbero essere riconvertiti dopo un periodo di tempo, a differenza di ora) e dalla richiesta di lasciare libero il 4% del terreno ogni anno dopo la raccolta. Non solo. Ci sono anche tante regole specifiche che riguardano i singoli prodotti: ad esempio, la mela deve avere un diametro minimo di 60 mm. Il cappone deve essere ingrassato per almeno 77 giorni per essere messo sul mercato. Per le lattughe è ammesso un difetto di colorazione tendente al rosso, ma l'aspetto non deve risultare alterato. E ancora, la possibilità di utilizzare latte in polvere disidratato e ricostituito per la produzione di formaggi e yogurt che ha creato difficoltà a oltre 400 formaggi tradizionali italiani. E i cestini di pomodori e fragole? Addio, insieme alle buste di insalata. Ad imporlo è il regolamento europeo sugli imballaggi che impedisce la messa in commercio di confezioni monouso per frutta e verdura di peso inferiore a 1,5 kg. L'elenco è lungo e dettagliato, anche se qualcosa si tra muovendo e su alcuni punti Bruxelles sta facendo marcia indietro. Proprio nei giorni scorsi la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato l’intenzione di ritirare la proposta di regolamento che mira a dimezzare l’uso dei pesticidi. Nel frattempo anche gli Stati membri stanno lavorando per andare incontro alle istanze degli agricoltori. In Italia è in corso di valutazione l'intervento in materia di esenzione dell'Irpef per gli imprenditori agricoli che necessitano di un effettivo sostegno, eventualmente prevedendo specifiche franchigie. La misura, quindi potrà essere, inserita nel primo veicolo normativo utile - che potrebbe essere anche il decreto legge Milleproroghe attualmente all'esame della Camera. “L’esonero Irperf per redditi agrari e dominicali, spiega Confagricoltura, è stato un sostegno consolidato dal 2017 e ha garantito agli agricoltori italiani un elemento di competitività. La reintroduzione rappresenta infatti un costo per le aziende agricole, che si aggiunge all’aumento delle altre voci di spesa già gravose.
«Le politiche adottate in sede comunitaria sono state pensate per l'agricoltura attraverso l'ultima Pac varata nel 2023 - spiega Roberto Gelfi, presidente di Confagricoltura Parma - misure che hanno creato il malcontento che piano piano si è trasformato in protesta. A dir la verità, si tratta di questioni che sui tavoli tecnici erano già state poste da tempo dalle organizzazioni professionali agricole. Nei diversi momenti di concertazione per arrivare alla definizione della Pac,Confagricoltura ha sempre tenuto una posizione negativa, perché l'idea che passa, nel complesso, è che l'agricoltura deve ridurre il proprio impatto ambientale a prescindere dalle condizioni economiche che si vengono poi a creare. Vale a dire, non importa l'impatto economico che le nuove norme green possono avere sul settore, ad essere prioritario è il loro rispetto. L'Europa, che ha alle porte le nuove elezioni politiche, è ancora governata da partiti che hanno una sensibilità molto accentuata sul tema della transizione ecologica. Il problema è che il settore agricolo ha le sue particolarità».
Per il presidente di Confagricoltura Parma non si tiene conto del fatto che l'agricoltura “è chiamata a far fronte a un bisogno primario: quello della sicurezza alimentare, in termini qualitativi e quantitativi. Il settore fornisce agli stati la sicurezza di avere una determinata quota di autosufficienza e questo è un aspetto che ben oltre il costo in sé dei prodotti. Molte stime che parlano di un settore assistito fanno riferimento solo alla percentuale di Pil garantito dalle produzioni agricole, ma in realtà attorno si muove un comparto ben più ampio, che dalle materie prime arriva fino all'industria alimentare. Se facciamo una valutazione complessiva, le percentuali del Pil cambiano notevolmente e giustificano l'investimento che la Pac mette in campo.
L'agricoltura si trova a dover fare da cuscinetto fra costi nuovi dettati da regole più stringenti soprattutto per la transizione ecologica e prezzi che non aumentano perché la forza del settore commerciale e di quello industriale è tale da imporre i propri prezzi. Uno stress da cui è nata la protesta. «Le norme dettate all'agricoltura devono essere valutate nel loro impatto economico in qualche maniera mitigate con interventi adeguati - spiega Gelfi -. Se le misure nell'ambito del Grean Deal in atto riconoscono una contribuzione che non pareggia l'aumento dei costi produttivi è chiaro che il settore agricolo viene a trovarsi in difficoltà. Sicuramente deve cambiare l'atteggiamento del mondo politico che poi riflette anche quello di una certa parte dell'opinione pubblica. La politica comune, che è stata immaginata andrebbe rivista e ci sono norme sulle quali Confagricoltura si è già espressa e continua a farlo. Alcuni aspetti sono puramente ideologici: ad esempio, la strategia “Farm to fork”. che ha previsto in alcuni casi classificazioni del cibo che squalificano la stessa qualità».
In tutto questo risulta importante anche la capacità che avranno le organizzazioni professionali di rappresentanza di fare proprie le istanze emerse in maniera spontanea dal mondo agricolo. In sostanza si tratta della capacità di intermediazione tra le aziende agricole e i decisori politici. La gran parte delle istanze portate in piazza dagli agricoltori sono già state avanzate e questo ha dato la spinta».
Bruxelles, come detto, è già intervenuta in materia di pesticidi. “Ciò non significa lasciare che l'agricoltura inquini, - sottolinea Gelfi -, in realtà se guardiamo le statistiche dell'industria che fornisce fitofarmaci all'agricoltura, si nota come vi sia stata una riduzione notevole del loro utilizzo. Spingere ulteriormente su questa linea può significare davvero mettere in difficoltà il settore che ha a che fare con un ambiente talvolta ostile alla produzione in quantità e qualità richiesta dal mercato.
Se vogliamo stare dalla parte degli 8 miliardi di persone che vivono sulla terra e hanno la necessità di mangiare, serve la consapevolezza sul fatto che l'agricoltura non può non avere un impatto ambientale, introducendo tutte le necessarie regole per mitigarlo. Il sistema agricolo non è naturale».
Ultima considerazione: «Sarà cruciale come le organizzazioni professionali agricole si porranno di fronte alla protesta spontanea e quanto saranno capaci di interpretarla conclude Gelfi -. E' evidente che il lavoro di rappresentare le istanze del settore deve essere continuativo, da qui il ruolo di garantire una continuità. Sarà importante che nel decidere un percorso che permetta all'agricoltura di continuare a essere un settore economico vitale, la politica non smetta di dialogare con le organizzazioni professionali agricole, perché se passa l'idea che basta l'azione spontanea dei trattori per dettare le regole, avremo una disintermediazione delle istanze del settore che potrà andare bene nell'immediato, ma nel prosieguo metterebbe a rischio la rappresentanza del mondo agricolo. Le organizzazioni professionali vanno valorizzarle perché svolgono puntualmente il loro lavoro anche senza proteste dure come quelle in atto. Bisogna prevenire, applicare modelli che consentano di intuire prima le conseguenze che determinate misure e regole possono comportare».
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