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Il «nodo» degli oligopoli

Materie prime: ecco perché rischiamo il collasso

«La crisi del '73 non ha insegnato nulla: volevamo prezzi bassi, una strategia miope che non ha ancora presentato il contro»

Materie prime: ecco perché rischiamo il collasso

di Patrizia Ginepri

14 Maggio 2024, 20:38

La crisi petrolifera del 1973 non ha insegnato niente sulle criticità e i rischi del dover dipendere, per quanto riguarda le materie prime, da un oligopolio. «La responsabilità è nostra, volevamo solo avere la disponibilità di materie prime a prezzi bassi per alimentare la produzione industriale. Questa strategia miope non ha ancora presentato il conto e la sfida in futuro sarà enorme, con impatti ancora da quantificare in tutta la loro portata». A dirlo, senza girarci intorno, è Alberto Tremolada, task force coordinator Aesc Erma (European Raw Materials Alliance) e manager di Metatech Group.

«Sono decenni che si è a conoscenza delle criticità e dei rischi causati dall'approvvigionamento di materie prime critiche da un oligopolio di paesi (Australia, Cile, Cina, Russia, Congo, India, Indonesia, Myanmar, Perù, Usa fra i principali) - rincara Tremolada -. Questi paesi sono detentori di siti estrattivi e di refining, ma anche di concessioni per lo sfruttamento delle risorse naturali in altri paesi, con vincoli economici che vanno ben oltre i semplici accordi di estrazione. Si tratta a tutti gli effetti di barriere quasi invalicabili all’ingresso di nuovi player».

Si calcola, in particolare, che ci sarà un deficit significativo di materiali chiave per le infrastrutture energetiche rinnovabili nel breve termine.

«La grande sfida che ci troviamo di fronte non riguarda solo le materie prime - avverte Tremolada -, ma anche i rischi finanziari ecosistemici che incombono come una spada di damocle: i derivati. Per la Bank for International Settlements (di proprietà di 63 banche centrali di tutto il mondo che insieme rappresentano circa il 95 per cento del Prodotto interno lordo mondiale) il valore totale di derivati nel mondo (riferito a contratti e considerando la leva finanziaria utilizzata) è di oltre 600mila miliardi di dollari: una bomba finanziaria enorme. Si prevede, infatti, che il debito pubblico globale del 2023 sarà di oltre 97mila di dollari».

Economia circolare e materie prime

Per mitigare le criticità, è cruciale investire in tecnologie di estrazione sostenibili, promuovere il riciclo avanzato e collaborare a livello internazionale. «L’economia circolare, alternativa al modello lineare “prendi-usa-getta”, può ridurre l’estrazione di risorse non rinnovabili e l’inquinamento ambientale, favorendo al contempo la creazione di posti di lavoro sostenibili nelle comunità locali», dice Tremolada.

Un esempio è Ford, che sta investendo in ricerca e sviluppo di materiali leggeri, come la fibra di carbonio, per diminuire il peso dei veicoli e migliorare l’efficienza del propellente (o della ricarica). Inoltre, l’azienda sta esplorando nuove metodologie per la produzione di componenti automobilistici con un’elevata eco-sostenibilità. Un esempio tangibile di questo impegno è il progetto collaborativo con Heinz, produttore del settore alimentare. Quest’iniziativa mira a creare componenti automobilistici utilizzando bioplastiche ricavate dai residui della lavorazione dei pomodori impiegati nella produzione del ketchup.

A breve diventerà operativo anche il Regolamento Europeo sulle materie prime critiche. L'Italia ha annunciato di voler mettere a punto un disegno legge ad hoc che porrà il nostro paese in sintonia con i principali punti del Regolamento: entro il 2030 almeno 10% della produzione deve essere realizzato in Ue, riaprendo le miniere, almeno il 40% della lavorazione dovrà essere sul continente e almeno il 25% delle materie prime dovranno essere recuperate da modelli di economia circolare. Sul riciclo l'Italia marcia spedita ed è probabile che possa superare la soglia prevista della Ue per il 2030, mentre sull'estrazione occorrebbe partire da zero riaprendo le miniere. Nel Decreto il governo affronterà anche problema delle concessioni, perché ora per estrarre dal sottosuolo si paga una tassa di 16 euro ad ettaro annuo. Le risorse del nostro sottosuolo sono immense e i ministeri competenti stanno sviluppando un sistema royalties sul modello dell'estrazione di petrolio in Basilicata che permetta alle regioni interessate di ottenere fondi per i propri bilanci.

Transizione energetica

Dipendenza per le materie prime critiche, energia, guerre commerciali e regulatories sono fra le principali cause che impattano sulle nostre economie. “Andare oltre la narrazione, per comprendere i rischi e cogliere le opportunità, non è più un'opzione – assicura Tremolada -. Pensiamo, ad esempio, alla fornitura di minerali critici per la transizione energetica, che potrebbe avvicinarsi ai livelli necessari per sostenere gli impegni climatici entro il 2030. Consulenti e analisti hanno avvertito carenze incombenti dovute all'aumento della domanda di minerali chiave, come litio e cobalto, utilizzati nei veicoli elettrici, nelle turbine eoliche e in altre tecnologie energetiche pulite. Mentre il quadro dell'offerta sta migliorando, l'organismo di vigilanza energetica con sede a Parigi ha reso noto che i ritardi e gli sforamenti dei costi per i progetti rappresentano un rischio. È inoltre necessario più lavoro per diversificare dalle nazioni chiave che hanno uno stretto controllo sulla produzione di molti minerali, come Cina, Indonesia e Congo». E non è tutto. «Simon Micheaux (associate professor at Geological Survey of Finland) ha calcolato l'intero volume di metalli necessari per produrre pannelli solari, parchi eolici e veicoli, per il mix energetico previsto - prosegue l'esperto -. Ovvero, il volume di materie prime necessarie per sostituire completamente la dipendenza dai combustibili fossili con le energie rinnovabili. Secondo la sua ricerca, il ciclo di vita delle infrastrutture per l’energia rinnovabile ha una durata di circa 15-20 anni, terminati i quali dovremo ricominciare a produrre di nuovo le infrastrutture.

Come si muove l'Europa

L’European Raw Materials Alliance ( Erma) è stata annunciata il 3 settembre 2020, nell'ambito di un piano d'azione sulle materie prime essenziali e della pubblicazione dell'elenco delle materie prime critiche.

«Il piano d'azione sulle materie prime essenziali - spiega Tremolada - si pone l'obiettivo di sviluppare catene del valore resilienti per gli ecosistemi industriali dell'Unione europea, ma soprattutto di ridurre la dipendenza dalle materie prime primarie critiche attraverso l'uso circolare di risorse, prodotti sostenibili e innovazione, Non solo. Si propone anche di rafforzare l'approvvigionamento interno di materie prime nell'Ue oltre che di diversificare l'approvvigionamento da paesi terzi ed eliminare le distorsioni al commercio internazionale, nel pieno rispetto degli obblighi internazionali dell’Unione europea. Metalli, minerali e materiali avanzati sono i fattori chiave per un'Europa competitiva, verde e digitale a livello globale.

L'alleanza coinvolge tutte le parti interessate, compresi gli attori industriali lungo la catena del valore, gli Stati membri e le regioni, i sindacati, la società civile, le organizzazioni di ricerca e tecnologia, gli investitori e le organizzazioni non governative».

La catena di approvvigionamento

Potrebbero essere necessari fino a 4000 miliardi di dollari di investimenti entro il 2030 per aumentare la catena di approvvigionamento dei materiali utile ad affrontare le imminenti carenze di approvvigionamento di metalli e materiali chiave necessari per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione globale, secondo un nuovo rapporto pubblicato dalla società di consulenza manageriale globale McKinsey & Company.

«Lo studio evidenzia il ruolo della catena di approvvigionamento dei materiali come fattore chiave della transizione globale verso net zero – spiega Tremolada -, con molte delle tecnologie, dalle energie rinnovabili e lo stoccaggio delle batterie ai veicoli elettrici, che richiedono più materiali e diversi rispetto alle tecnologie convenzionali che stanno sostituendo».

L’Agenzia Internazionale per l’Energia ha reso noto che solo investendo di più potremmo disporre di una quantità sufficiente di minerali cruciali per il green entro il 2030. Tuttavia, alcuni esperti avvertono che, anche aumentando l’impegno, c’è il rischio di non avere abbastanza minerali come litio e cobalto, che sono fondamentali per le nuove tecnologie energetiche pulite. Ci sono poi altre questioni significative: è importante ottenere le materie prime da diverse fonti, non solo da pochi paesi come Cina, Indonesia e Congo. »La Cina è il principale produttore di 30 dei 50 materiali critici, secondo un documento della US Aerospace Industries Association, ed è il principale estrattore e trasformatore di terre rare al mondo - sottolinea Tremolada -. L'Aie ha avvertito che anche in un sistema energetico elettrificato e ricco di energie rinnovabili, la geopolitica rimane un fattore chiave».

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