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Berlusconi e la rivalità fra Salvini e Meloni

di Vittorio Testa

22 Giugno 2021, 08:33

Recuperato un buon tono fisico, Silvio Berlusconi è dunque risalito su un immaginario predellino e, come aveva già fatto nel 2007 con la nascita del «Partito delle libertà», annuncia che il suo obiettivo è quello di formare il  partito unico nel quale «il centro e la destra democratica», spiega, «si trovino insieme  per governare il Paese».
 Comprensibile la reazione cordialmente fredda di  Salvini, così convinto di poter arrivare al governo nel 2023 grazie alla sua propria forza trainante, d’aver mutato ufficialmente il nome del partito, Lega, in   Lega Salvini Premier. Un culto della personalità che nemmeno l’autosovrastimantesi Umberto Bossi si sarebbe mai permesso.
 Le ambizioni del Matteo milanese derivano ancora una volta dall’analisi dei sondaggi, che continuano a prevedere per gli ex «Lumbard» quote di consenso da primo partito nazionale. La realtà virtuale è assai entusiasmante per Fratelli d’Italia, che gli aruspici  collocano intorno al 19 per cento. Il tutto a scapito di Forza Italia, in calo  e già dissanguata dalla perdita di una cinquantina di seggi parlamentari. Si tratta di numeri ipotetici ma  indicativi di come si stiano modificando i rapporti di forza nel centrodestra.   
Con l’eclissi del Cavaliere, si è  aperta la stagione della gara a due tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, i due giovani leader che hanno personalizzato al massimo i loro partiti, attribuendosi il merito di aver portato i consensi da quote minime, tra il 3 e il 4 per cento, fino ad altezze quintuplicate. In questa situazione di faticosa marcia controvento, Silvio Berlusconi, abbandonato persino da uomini che tutto gli devono, tenta di  giocare una carta certo legittima dal punto di politico, ma che in concreto appare come una spallata compiuta con il sorriso cordiale per mettersi in mezzo  e condizionare le mosse dei due giovani rampanti rivali. I quali hanno subito frenato lo slancio berlusconiano. 
Salvini parla di semplice federazione del centrodestra; la Meloni manifesta sempre e solo una priorità: andare al più presto alle elezioni anticipate. 
Una fregola che ormai Salvini e il Cavaliere hanno spento di comune accordo, garantendo a Mario Draghi (e al Presidente della Repubblica) un appoggio sicuro per tutta la legislatura. 
Un patto di maggioranza che di fatto porta la Lega Salvini Premier e il leader di Forza Italia ad allearsi, seppure per un doveroso senso di responsabilità istituzionale di fronte all’emergenza sociale, con il Movimento 5stelle e il Pd. 
Un misto indigesto, dal quale rifugge sdegnata la Meloni, la quale, felicemente padrona del ruolo di opposizione, da tempo non si fida più dei due ‘alleati’: e puntualmente ne sottolinea il comportamento a suo dire contraddittorio, specie quello di Salvini, uomo indeciso a tutto, incline dichiarazioni di rovente critica, e a susseguenti dietrofront: come nel caso del primo Governo Conte. 
Ferma sulla trincea del rifiuto di qualsiasi contatto con il Pd e M5s, la battagliera giovane romana, detta per la sua grinta la Giovanna d’Arco de ‘noantri, è convinta di poter impinguare il consenso intercettando,oltre ai voti della destra ‘granitica’, anche quelli di molti elettori moderati centristi scontenti della linea zig-zagante del Matteo milanese. 
Il Partito Repubblicano per il quale lavora Berlusconi, riaffermante l’indispensabilità della presenza dei ‘liberali’, cioè di sé stesso,come garanzia di prestigio ‘europeo’ e di virtuosa moderazione, sembra già finito prima di cominciare.
 

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