×
×
☰ MENU

Cosa resta della vittoria: la lezione da non dimenticare

Cosa resta della vittoria: la lezione da non dimenticare

di Fabio Monti

14 Luglio 2021, 08:30

Vinto l’Europeo del pallone, celebrata la festa per un titolo che all’Italia mancava da 53 anni e in attesa di conoscere gli sviluppi pandemici degli assembramenti di piazza, è venuto il momento di guardare avanti. Il 2 settembre la nazionale tornerà in campo per le qualificazioni mondiali (contro la Bulgaria) ed è proprio al Mondiale che si celebrerà in Qatar, più che alla fase finale della Nations League (6-10 ottobre), che è necessario guardare. Perché si giocherà in autunno, quindi in un momento di buona condizione e non a fine stagione (21 novembre-18 dicembre 2022) e perché l’Italia ha dimostrato di poter essere un ostacolo molto alto per tutti, compreso Brasile e Argentina, che in Coppa America non hanno incantato. L’Italia campione del mondo nel 2006 è stata eliminata nella fase a gironi nel 2010 e nel 2014 e non è nemmeno riuscita a qualificarsi per l’edizione 2018. Quindi urge una risalita, che va programmata per tempo.
Prima di guardare oltre la Coppa vinta a Wembley, restano alcune parole, da tenere presente anche lontano dal terreno di gioco. La prima: vittoria. Aveva ragione Boniperti, quando diceva che «vincere non è importante, è l’unica cosa che conta». 

I successi cambiano la vita, l’umore, lo spirito dei protagonisti, allontanano le polemiche, danno la spinta per andare avanti. Bisognerebbe ricordarselo ogni volta che il giovanilismo (non i giovani, proprio il contrario), il protagonismo, gli egoismi, gli interessi personali spingono il Paese all’indietro. La seconda parola: organizzazione. L’Italia di Mancini, anche se si scrive il contrario, non ha prodotto un calcio rivoluzionario, ma ha proposto, nel momento della verifica del lavoro di questi tre anni, un modo differente di stare in campo, e questo l’hanno notato tutti, compresi i francesi, che non ci amano («il trionfo delle idee» ha scritto L’Equipe). L’equilibrio di squadra, che ha raggiunto livelli altissimi e il rispetto dei ruoli, in campo e fuori, hanno fatto la differenza, aiutando il gruppo, un gruppo granitico nelle certezze e nei comportamenti, a superare qualsiasi ostacolo, compresa la necessità di dover rimontare con gli inglesi, in vantaggio dopo appena due minuti. Tutto questo senza mai rinunciare al gioco, alla tecnica, alla difesa attiva, ai movimenti studiati con grande rigore; molto pressing ma sempre mirato, connessione continua fra i reparti.
   Ancora: genialità ed esperienza. Il Mancini che aveva conquistato Moratti nell’estate 2004, quando il presidente aveva deciso di affidargli la squadra, era molto diverso dal Mancini campione d’Europa. Il tecnico, che stava per compiere 40 anni, aveva già intuizioni geniali, degne di un artista rinascimentale, capace di modellare giorno dopo giorno il gruppo a disposizione. Ma ha aggiunto l’esperienza, costruita in anni di lavoro, anche in ambienti difficili (Galatasaray e Zenith San Pietroburgo), la capacità di unire e non dividere, la gestione serena dei momenti più complicati. Questo per dire che può avere un senso rottamare i vecchi, che il futuro è delle nuove generazioni, che «l’opportunità dell’uomo è il domani» (Giovanni Trapattoni dixit, meglio di un filosofo), ma senza esagerare, perché non tutto il passato è da buttare via. È questo vale non soltanto per il calcio. Nell’Italia campione hanno avuto un ruolo decisivo Donnarumma (22), Barella (24) e Chiesa (23) ma anche Jorginho (30 anni a dicembre), Bonucci (34) e Chiellini (quasi 37). 
   Ai politici, che si sono mobilitati in queste ore (e hanno fatto bene), per dire che la nazionale ha unito il Paese, bisognerebbe ricordare che non c’è traccia della parola «sport» nella Costituzione e che la pratica sportiva è ancora affidata in gran parte al volontariato di chi lavora per passione, altra parola da mandare a memoria, come amicizia, perché il gruppo Italia ha dimostrato di essere davvero prima ancora che una squadra un gruppo di amici, come si è visto nell’abbraccio di Mancini con Vialli (commosso e commovente) e Oriali, che a Parma deve avere imparato molto, anche a non emozionarsi mai.
    Oggi la serie A conoscerà il calendario del campionato che inizierà il 22 agosto per concludersi il 22 maggio 2022. Non sarebbe male se l’espressione di vertice del movimento che ha dato vita alla nazionale campione d’Europa mantenesse ancora per qualche giorno lo spirito di queste ore, evitando di riproporre i litigi e gli insulti, che non poche volte in passato hanno fatto da cornice alla nascita del nuovo torneo. E che poi hanno trovato la naturale prosecuzioni nelle risse verbali, che accompagnano i 380 incontri di un campionato comunque troppo lungo. Anche perché se si togliessero due squadre, il c.t. avrebbe più tempo per lavorare sulla nazionale che resta una forza trainante dell’Italia tutta, come si è visto in questi giorni è come indicano anche le previsioni di illustri economisti. 
 

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI