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I giovani violenti e le colpe dei padri

I giovani violenti e le colpe dei padri

di Vittorio Testa

16 Agosto 2021, 09:13

Siamo alle solite. Aggressività, violenza, femminicidi, sono atrocità quasi  quotidiane. E quel che più spaventa è il numero in aumento di giovani e giovanissimi artefici e coinvolti in queste tragedie. Dalle cronache ormai a cadenza minuto per minuto vediamo stagliarsi un panorama civile per niente esaltante, anzi da far tremare le vene ai polsi. 
Ma che cosa abbiamo o non abbiamo fatto, noi della generazione fortunata?

Noi  della generazione post bellica sospinta da madri e padri  straordinari che avevano patito la notte più buia della civiltà, la guerra  e la guerra civile, ed erano riusciti a ricostruire il Paese, migliorare le condizioni economiche, garantire a ciascuno di noi la possibilità di studiare, di andare in vacanza, di essere pronti a nostra volta a garantire le stesse opportunità a figli e nipoti. Anzi, di riuscire a migliorare ancora di più.


 E invece…
Invece abbiamo costruito male, peggiorando anziché lenire i difetti che  comunque già si intravedevano all’opera negli anni Ottanta: benessere sfociante in volgare esibizione  accumulatoria.
Le acrobazie dell’alta finanza, la politica bisognosa di denaro, corrotta «per necessità», si era addirittura giustificato così Bettino Craxi in Parlalmento:e aveva serenamente sfidato tutti i nostri eletti: «I bilanci dei partiti sono tutti irregolari da anni. E c’è qualcuno qui che possa dimostrare il contrario, si alzi e lo dica». Silenzio di tomba. Certo non è Bettino Craxi il responsabile dell’imbarbarimento delle anime e delle coscienze che marciava di pari passo con l’aumento del nostro benessere e delle nostre pacchianerie.
 C’era soltanto bisogno di non lavarsene  le mani, di guardare quel che accadeva alla luce del sole: I ragazzi che si rifugiavano nell’eroina; il ceto dirigente popolato di cocainomani, la neve dei ricchi diventata poi alla portata di tutti . Spese folli, abiti, macchine lussuose. Il lavoro degradato ad attività secondaria.  La competizione e la vittoria elevate a a ragione di vita o di morte. «Vincente» è stato ed è ancora l’obbligo imperativo: vincere con le buone o le cattive, non importa. E infine il delirio della comunicazione minuto per minuto su ogni materia dello scibile umano: fruizione passiva, mente messa in folle, introiezione di immagini continue, senza nesso logico, senza più la capacità di fermarsi a pensare: tutti noi che sappiamo tutto: l’imbecille con la faccia tosta che sconfigge lo studioso della materia di cui si sta parlando. Medici preparatissimi sbeffeggiati da ignoranti sesquipedali.

Questa massa di errori che abbiamo allegramente accumulato, l’abbiamo scaricata sui figli, con i quali la comunicazione è sempre più rara, quasi inesistente.  Nessuno di noi può alzarsi e dire d’aver fatto tutto il possibile per contrastare l’andazzo. Eppure non era difficile farsi un’idea di quel che sarebbe potuto accadere…
«Quanto ingenua ci sembra oggi quella felice illusione, che il possesso della scienza e l’istruzione allargata a tutti garantirebbe  una convivenza sempre più perfetta». «Anche dove l’individuo sia animato da un sincero impulso verso il sapere e la bellezza, dato l’ossessionante sviluppo dei mezzi di diffusione meccanica dello scibile, difficilmente potrà sottrarsi alla noia di ricevere bell’e confezionati o strombazzati, giudizi e nozioni». Sono due delle cause che Johan Huizinga, il grande storico olandese, già nel 1937, indicava come una delle cause responsabili di quell’indebolimento del raziocinio alla base della «Crisi della civiltà».


 Non cadremo certo nella tentazione di fare del sociologismo un tanto al chilo, ma forse non guasterebbe affatto una rilettura dei pessimisti come Huizinga, Splenger, Labriola, che hanno avuto in gran parte ragione. Le linee interpretative sono semplici, chiarissime, a volte sembrano persino banali. L’uomo e l’uomo sociale, tutti noi, indagati nella vita di ogni giorno che via via in maniera paradossale più conosciamo tanto meno sappiamo formarci un giudizio sul bene e sul male, un confine labile, superabile facilmente per chi ritenga di aver diritto al tutto e tutto subito . La violenza è un’arma diventata quasi legittima per afferrare, cogliere le occasioni, essere vincenti. Che i nostri figli e nipoti confessino ai sondaggisti di non avere speranze per il futuro,  non può certo stupirci. Che cosa gli abbiamo dato?

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