Le idee della Sinistra si stanno diffondendo e radicando nel pensiero comune. Una recente indagine del Pew Research Centre (una importante società internazionale di sondaggi d’opinione) ha riportato i risultati di una ricerca condotta tra i cittadini di quattro paesi a democrazia avanzata (Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito). La domanda era: «Sopo l’esperienza della pandemia, cosa dovrebbe fare lo Stato?».
Per almeno la metà le risposte (il 70% per la Francia) sostengono la richiesta dei cittadini per un intervento pubblico con «importanti cambiamenti», con la «necessità di una completa riforma». Solo una quota minima (il 12 % gli Stati Uniti) pensa che il sistema economico non debba essere cambiato.
La gente pretende in generale una maggiore sicurezza sociale, con maggiore supporto pubblico a fronte degli shock esterni (come la pandemia), sistemi di welfare e della sanità pubblica più solide e diffuse, maggiore protezione delle fragilità sociali, politiche della casa più decenti. La sorpresa è che anche i ricchi vogliono maggiori benefici per i più disagiati, perché vi è pieno accordo con il monito di papa Francesco, «nessuno si salva da solo», ed un benessere diffuso aiuta tutti, non solo i diretti beneficiati.
Questo evidenzia un radicale cambio di direzione rispetto alla direzione liberista degli anni ’80, con le politiche di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, «meno stato più mercato».
Tuttavia, nonostante il rinnovato apprezzamento per i programmi della sinistra, i partiti tradizionali della sinistra europea sono in forte arretramento elettorale. A parte i Democratici con Biden negli Stati Uniti, di matrice liberal/radicale, in Europa il partito socialista è scomparso in Francia, i laburisti nel Regno Unito sono ampiamente distaccati dai conservatori, in Germania il partito socialdemocratico sarebbe scivolato addirittura al quarto posto.
Le ragioni immediate di questa sconfitta, prima strisciante poi impetuosa, sono almeno due. La prima è che i partiti conservatori si sono appropriati dei temi della sinistra, come le diseguaglianze sociali ed il collasso economico delle classi medie, e li hanno convertiti in argomentazioni a sostegno di politiche populiste di destra, incolpando la sinistra di mancata difesa degli interessi del ceto medio. La seconda è che i temi innovativi, come il cambiamento climatico e la sostenibilità, sono diventati il traino di nuovi soggetti politici, come il partito dei Verdi, con leader più giovani, un’organizzazione più agile e meno burocratica, contestuali alla rivoluzione sociale del nuovo millennio. Così la centenaria e gloriosa tradizione del socialismo europeo, dalla repubblica di Weimar a Keynes e Mitterand, sembra evaporata con l’avvento della globalizzazione.
Le idee della sinistra vincono, ma i suoi partiti con naturale rappresentanza stanno perdendo il necessario consenso elettorale per governare.
Una grande occasione per riflettere su questo paradosso - le idee vincono, ma i loro partiti perdono - è rappresentata dalla conferenza dei leader europei in corso a Porto; all’ordine del giorno «il pilastro dei diritti sociali»: quali azioni per ridurre le diseguaglianze e rafforzare la protezione sociale. Gli obiettivi sono almeno tre: aumentare l’occupazione per la fascia d’età 20-64 anni; accrescere le competenze di lavoro (almeno il 60% degli adulti devono essere coinvolti in programmi professionali di aggiornamento annuali); ridurre di almeno 15 milioni il numero delle persone a rischio povertà.
La signora Merkel nel 2012 aveva fotografato perfettamente la situazione europea: il 7 per cento della popolazione mondiale, il 25 per cento del prodotto globale, il 50 per cento delle spese di welfare globali.
Ora la sfida è tradurre questa economia sociale di mercato in aumento della crescita a partire dalla produttività individuale, perché solo la crescita può consentire di sostenere un carico di protezione sociale così imponente. In questo sfidando la tradizione conservatrice che ritiene che le spese per il welfare portino ad un appesantimento della crescita.
I giornali riportano che nell’ultimo incontro con il presidente Draghi, Enrico Letta si sia lamentato nei riguardi di Salvini, che tiene un piede nel governo ed uno fuori. Forse Letta avrebbe dovuto ribattere che la sinistra che lui rappresenta, tiene un piede nel presente ed uno nel futuro. Perché è questa la vera sfida, non riducibile ad una scontata concorrenza elettorale.
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