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Quell'assurda violenza senza perché

Quell'assurda violenza senza perché

di Vittorio Testa

12 Gennaio 2021, 08:50

Una «chat» e un video sui social; il tam tam dei telefonini filmanti: e in un quarto d’ora lo spettacolo serale è bell’e che preparato. Ci si veste in modo adeguato, scarpe da ginnastica per non scivolare, giubbotto leggero per avere mani e braccia il più libere possibile. Un tirapugni o un coltello multiuso nascosto nella tasca potrebbe a un certo punto fare molto comodo. E non appena fa buio si va verso il nuovo gioco violento di massa adolescenziale e giovanile. Una calcioscazzottata tra due, con possibilità di partecipazione a piacimento del pubblico Parma ha il suo colosseo per gladiatori juniores alla Pilotta, e forse menarsi qui ha un doppio piacere garantito dalla toponomastica, in Piazza della Pace.
Roma ha il Pincio, e lì si son fatte e si fanno cose alla grande: erano in cinquecento i belligeranti sulla spianata del colle, metà se le davano di santa ragione e via via entravano in scena anche gli spettatori. 
Perché si picchiano selvaggiamente?  Rispondono loro stessi, con la stupefacente serenità di chi in fondo ritiene di aver  assolto bene  al suo compito: ’’La gran parte di chi si mena non sa perché’’ racconta un ragazzo abitudinario frequentatore, o, meglio, ‘frequentattore’ delle piazze trasformate in arene di pugni  che ha utilizzato l’esperienza di un’adolescenza guerriera ed è  diventato un ‘influencer’ giovanile che orienta e consiglia. 
Roma ha aperto la strada dei giochi neocircenses, e anche altrove non si scherza. Di Parma si  è detto: e oggi è il tempo dell’inevitabile epilogo giudiziario per i più facinorosi. Stesse scene di gratuita e selvaggia violenza a Venezia e a Gallarate, quest’ultima scelta per comodità di collegamento ferroviario dai rissaioli milanesi e del’hinterland.
 Centro che diventa una bolgia, abitanti chiusi in casa, ragazzi pestati e pestanti, urla, nasi rotti, calci in faccia a chi è caduto a terra. Un’iradiddio. Spaventa molto questo nuovo fenomeno sociale: per l’età dei partecipanti soprattutto; e per la facilità d’organizzare gli scontri: di riprenderli e mandarli in video e far diventare la violenza un valore meritocratico nella compagnia e di istigazione alla sfida nei confronti dei nemici. E’ una violenza che serve ad apparire, a primeggiare, ad essere considerati. Psicologi specialisti di quell’età sono alle prese con il difficile compito di rintracciare le cause della nuova ondata di aggressività per nulla celata, inibita anzi esibita con orgoglio. 
Ma l’analisi del fenomeno, iniziato l’anno scorso, è delle più difficili. C’è il Covid 19 che con irruenza immediata ha squassato il contesto e tutti noi, aggiungendo tensione e paura a paure e tensioni che in sostanza gravano su di noi da una stagione infinita, dalla crisi economica iniziata nel 2008. E con le misure antivirus non ci sono più le banali ma essenziali occasioni di trovare catalizzatori dell’aggressività, gli stadi, le discoteche, i cortei. E le scuole sono chiuse, i ragazzi hanno da riempire una giornata di solitudine, le ore da passare al coputer sono raddoppiate. I giochi ‘assassini’ proliferano. Ha migliaia di partecipanti una sfida totale, mors tua vita mea, un gioco che diventa un giogo che obbliga alla spietatezza. Vince chi, paracadutato su un’isola zeppa di nemici mortali riesce ad ammazzarli tutti e restare l’unico ad uscirne vivo. Certo non siamo sprovveduti al punto da ritenere che dopo la strage virtuale il ragazzino sarà tentato di metterla in pratica: ma la formazione del carattere non potrà non risentirne, specie se poi in casa non troverà che televisori e silenzi. E grande sarà la tentazione di sgattaiolare fuori di casa per andare allo spettacolo di una violenza ‘minore’ , ma autentica, reale, spettacolo gratuito con, volendo, brivido di partecipazione. Sgattaiolare. E’ un verbo antico, desueto e datato, sa di parrocchia, di chierichetti, di clandestine partite al pallone, di prime furtive sigarette, di marinare la catechesi. Verbo che indicava la capacità di ragazzini di eludere la sorveglianza dei genitori, per fughe puntualmente scoperte e punite con paghetta ridotta e rinvio di acquisto del motorino. Già, i genitori. Non si ha notizia di loro iniziative per affrontare  questo enorme problema. Preferiscono non sentire, non vedere e non parlare. In piazza a menarsi ci sono ragazzi di tredici, quattordici anni. Tutti orfani.
 

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