Ignorato dal «main-stream» dei media nazionali, è uscito su «Il Foglio» della scorsa settimana un articolo di Papa Benedetto XVI, intitolato, tra l’altro, «Il ritorno di Ratzinger» che merita di essere illustrato e commentato nella sua duplicità ontologica: l’uomo umano e l’uomo figlio di Dio.
Naturalmente, le proposizioni del teologo tedesco, assunto al Soglio pontificio, possono essere o non essere condivise, in entrambi i versanti.
Benedetto parte dal «matrimonio omosessuale», concetto che -secondo l’autore - è in contraddizione con le culture che si sono succedute sino a oggi. Insomma, una rivoluzione culturale che si contrappone alla tradizione, giacché il concetto di matrimonio -nella storia - presenta una costante certezza: l’esistenza del maschio e della femmina è ordinata alla procreazione.
l primo azzeramento di questa certezza è stato costituito dalla pillola che ha separato la sessualità dalla fecondazione. Ne consegue che tutte le sessualità sono equiparate. Se la sessualità viene separata dalla fecondazione, la fecondazione può essere pensata anche senza sessualità e, perciò, la procreazione cessa di essere legata alla passione del corpo, ma pianificata in modo da produrre l’uomo razionalmente. Gli uomini non vengono più concepiti, ma fatti.
E qui, interviene il teologo: l’uomo, quindi, non è più un dono di Dio, ma un prodotto del fare. Se l’uomo è un prodotto cessa la sua intangibilità. Questo in estrema sintesi il pensiero manifestato da Papa Ratzinger su «Il Foglio».
È evidente che esso esprime in modo eclatante la frattura tra le generazioni, di cui, peraltro, non si fa carico, come se le leggi dell’umanità fossero immobili e non mutassero col mutare dei secoli. Fenomeno questo, di cui la Chiesa s’è fatta varie volte carico, dimostrando un’ampia capacità di adattamento.
Potrà piacere e potrà non piacere, ma la sessualità e i modi del suo esercizio sono usciti dal morale e sono entrati nella sociologia. Almeno tra i giovani che considerano normalità - in genere e quando vivono nelle città - la Lgbt (lesbian, gay, bisexual, transgender) cui s’è aggiunta la parola Queer (persone che non si riconoscono nelle tradizionali definizioni degli orientamenti sessuali) formando l’attuale sigla Lgbtq+ (il + riguarda i non classificabili).
Comprendo benissimo le difficoltà per le persone di una certa età di concepire e accettare le novità e la trasformazione di un fatto molto privato come la sessualità esistenziale esposta e rivendicata.
Mentre risulta difficile contestare dall’interno i ragionamenti di Papa Benedetto XVI, rimanendo all’esterno in essi si realizza l’assenza di un fattore che incide in modo decisivo nella società contemporanea: la tolleranza. Che deve essere multilaterale, capace di contenere le conseguenze del gap generazionale.
Così rimane intatto il principio che la società liberale, o meglio, liberal - che s’è affermata in occidente - non ammette repressioni né steccati, rimanendo neutra nei confronti di questioni che appartengono al privato di ogni cittadino. Salvo intervenire quando la tolleranza viene infranta.
È platealmente evidente che dove manca la tolleranza - per esempio dove vige la sharia - manca l’elemento base della modernità. Possiamo dissentire o consentire, ma questo stato di cose sembra irreversibilmente consolidato.
© Riproduzione riservata
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata