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Serve un'unità inedita per affrontare le sfide della nuova era globale

Serve un'unità inedita  per affrontare le sfide  della nuova era globale

di JEFFREY D. SACHS

12 Giugno 2020, 08:49

La globalizzazione non è finita, ma sta decisamente mutando forma. Le grandi placche tettoniche che sorreggono il nostro mondo – tecnologiche, geopolitiche e ambientali – si stanno spostando drammaticamente, causando terremoti politici e sociali ovunque.  Molti governi non riescono a farvi fronte; molte istituzioni si stanno sgretolando. In tutto il mondo, dobbiamo affrettarci a rimodellare le nostre istituzioni di fronte a uno scenario globale notevolmente cambiato.  
Gli sconvolgimenti profondi della globalizzazione non sono certo una novità, ma sono sempre tumultuosi. Quelli più rilevanti delle globalizzazioni passate – considero la nostra nuova era come la settima età della globalizzazione – sono stati scanditi da cambiamenti nella tecnologia, nelle istituzioni e nella natura. 
La fine dell’ultima età del ghiaccio e la nascita dell’agricoltura è stato l’incipit di una nuova era globale; l’avvento della stampa e i viaggi-scoperta di Colombo l’inizio di un’altra; l’invenzione del motore a vapore insieme al capitalismo globale, di un’altra ancora. Insieme a queste scoperte abbiamo assistito all’avvento di nuove forme di politica, economia e competizione globale oltre che, troppo spesso, di conflitto.  La nostra è la nuova era digitale, cominciata negli Anni Trenta quando il grande genio britannico Alan Turing immaginò la possibilità di una computazione universale basata su sequenze di 0 e di 1, traducendo questa visione in operatività, con la collaborazione dell’esperto universale John von Neumann, durante la Seconda Guerra Mondiale. Il computer, il transistor del dopoguerra e poi i circuiti integrati, la fibra ottica e la legge di Moore, l’osservazione che il numero di transistor in un circuito integrato denso raddoppiano più o meno ogni due anni, tutto questo contribuì a trasformare la visione di Turing in una nuova era digitale. 
Questa rivoluzione tecnologica sta oggi sconvolgendo ogni aspetto della vita economica e sociale. Viviamo in un nuovo mondo di “e-everything”: commercio, istruzione, amministrazione, produzione, salute e cultura. Covid-19 è la prima “e-epidemia”. Lavoriamo online da casa, tracciamo il percorso del virus grazie a una app sui nostri cellulari e controlliamo i social media per consigli su come sopravvivere. 
La rivoluzione digitale è la chiave per capire anche la rivoluzione geopolitica, quella che ha portato la Cina alla ribalta del potere globale, sminuito gli Stati Uniti in termini relativi mentre le tecnologie digitali si diffondevano in tutto il mondo, nonché spalancato l’universo dei social media, delle fake news, del “tribalismo elettronico” e del “terrorismo digitale”, come aveva brillantemente previsto circa mezzo secolo fa il futurologo e filosofo Marshall McLuhan.
Il Secolo Americano può considerarsi definitivamente concluso, letteralmente incenerito ora che le città statunitensi sono infiammate dalla protesta contro il razzismo persistente, le immense disuguaglianze e i fallimenti devastanti in termini di governance, in particolare dell’amministrazione Usa. E se l’America non occupa più il palcoscenico centrale, non esiste un singolo paese o regione o alleanza che sia in grado di sostituirla. 
Che ci piaccia o no, e a molti non piace, viviamo davvero nel villaggio globale di McLuhan's. Se il nuovo secolo appartiene davvero a qualcuno, quel “qualcuno” sono le nuove tecnologie e i giganti tech. 
L’era digitale ha profondamente trasformato l’economia mondiale e di conseguenza anche l’ambiente, a causa della nascita delle catene di fornitura e della logistica globali, del commercio e del turismo di massa, dell’internazionalizzazione di industria e agricoltura.  
La crescita economica globale ha anche portato alla deforestazione e alla distruzione di interi habitat terrestri e marini, al collasso della biodiversità, alle emissioni massive di gas serra che stanno destabilizzando il clima mondiale. Ha spinto l’umanità verso nuove nicchie ecologiche in cui umani e animali si trasmettono inedite forme virali, dando origine a nuove malattie come Covid-19, che sta devastando intere comunità ovunque. 
Covid-19, però, è solo il più recente di varie malattie zoonotici, che includono Sars, Mers ed Ebola. Ce ne saranno altri. 
Non è sorprendente, quindi, che gli attuali sconvolgimenti abbiano colpito un mondo che manca di una leadership per affrontarli. Se l’era della leadership americana è finita, la necessità di cooperazione globale è invece aumentata. L’appello “America First” del presidente degli Stati Uniti Donald Trump è ingenuo, reazionario e confuso in un momento in cui le sfide globali richiedono soluzioni globali.
La Cina favorisce giustamente la collaborazione internazionale, ma deve convincere le molte nazioni preoccupate che i suoi vasti poteri e la sua straordinaria potenza tecnologica vengano effettivamente impiegati per il bene comune globale. L’Europa è politicamente divisa, ma fondamentalmente unita nell’idea che il mondo abbia bisogno di un sistema globale più forte in grado di affrontare le sfide attuali. 
I momenti di transizione da un’era globale alla successiva sono tipicamente periodi di competizione geopolitica e di conflitto. Le nazioni si affannano per sfruttare le nuove tecnologie con obiettivi di benessere, potere e gloria. 
Eppure, oggi una sfacciata competizione, nell’era termonucleare sconvolta da malattie pandemiche, devastazione ambientale, fragilità delle catene di fornitura globali e un’infrastruttura vulnerabile a potenziali attacchi e collassi, potrebbe segnare la fine dell’umanità. Soltanto una visione comune, e non una corsa al potere nell’attuale scompiglio, può garantire la pace e la sopravvivenza.  
La nuova era della globalizzazione non dovrebbe quindi abbandonare le grandi conquiste dell’era precedente, inclusa la creazione, guidata dagli Stati Uniti, delle Nazioni Unite. La Carta delle Nazioni Unite rimane una base solida per la sicurezza globale, nonostante debba essere aggiornata per smantellare i privilegi speciali attribuiti originalmente ai cinque “poteri permanenti” del suo Consiglio di Sicurezza. 
La Dichiarazione dei Diritti Umani delle Nazioni Uniti rimane la carta morale del mondo, poiché è prodotto di molte diverse culture, combinando i valori occidentali illuminati con la saggezza confuciana e gli approfondimenti dell’islamismo. Resta tuttora un grande faro di speranza e di valori globali condivisi.  
Le grandi innovazioni portate dalla Nazioni Unite degli Anni Quaranta non possono però certamente essere ritenute sufficienti 75 anni dopo.  La nostra nuova era globale richiede la costruzione di una nuova unità sovranazionale per il XXI secolo, che sia pronta alla ricostruzione a seguito dell’attuale crisi innescata dal Covid-19, su basi di giustizia sociale e sostenibilità ambientale.
Il principio fondamentale sarà sicuramente la solidarietà globale o, come lo definiscono le Nazioni Unite, “non lasciare nessuno indietro”. Con le pandemie, il cambiamento climatico e il degrado degli ecosistemi, nessuna regione del mondo sarà risparmiata se non si salveranno tutte le altre. 
Anche attraverso le fiamme che dirompono oggi nelle città americane, riusciamo a intravvedere un nuovo sentiero per una nuova era. Guardare indietro alla storia ci permette di guardare avanti. La globalizzazione non sparirà, ma può e deve essere gestita meglio.  Non ci sarà una soluzione che rigetta la tecnologia, ma solo soluzioni che la accolgono, utilizzandola per il bene comune. Economia e politica non sono sfere separate, ma inevitabilmente collegate e interdipendenti, nel bene o nel male. 
Le due facce della politica – nuda lotta per il potere o ricerca del bene comune – coesistono da sempre. Il benessere può essere raggiunto solo quando scegliamo politica ed economia per il bene comune, che è la lezione più importante del nostro tempo.  

© China Daily Global
8 giugno 2020

 

     BIOGRAFIA      
Jeffrey D. Sachs  è professore e direttore del Center for Sustainable Development della  Columbia University dove ha diretto anche l'Earth Institute dal 2002 al  2016. È anche direttore del  Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite  e commissario  della Broadband Commission for Development sempre delle Nazioni Unite.  E' anche stato consigliere speciale di tre segretari generali dell'Onu e ora ha la carica di  SDG Advocate (cioè fa parte di un panel di 17 persone di altissimo profilo che si occupano di sviluppo sostenibile, ndr)  sotto l'attuale segretario generale dell'Onu, António Guterres. É stato per più di 20 anni professore dell'Università di Harvard,  dove si è laureato e dove ha svolto il dottorato e l'attività di ricerca. Ha scritto numerosi bestseller. Il suo libro più recente  è  «Ages of Globalization: Geography, Technology, and Institutions», pubblicato nel 2020 negli Stati Uniti e non ancora tradotto in italiano. Sachs, già collaboratore del Barilla Center for Food & Nutrition,  ha fatto parte due volte della lista dei 100 leader mondiali più influenti stilata dal settimanale Time ed è considerato  dal settimanale The Economist  uno dei tre economisti viventi più influenti del mondo.
 

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