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Il governo giallo-verde sotto la lente degli Usa

Il governo giallo-verde sotto la lente degli Usa

di Domenico Cacopardo

27 Luglio 2019, 13:50

Nel luglio romanesco, a dispetto dei continui soprassalti polemici, solo un fatto si stacca dalla cronaca e assume un qualche significato. Infatti, non è né sarà indifferente per il futuro del governo giallo-verde,  per i 5Stelle certo, ma soprattutto per il dilagante partner di governo, la Lega.
Ci riferiamo al «lunch» di Villa Taverna. Lewis Eisenberg, ambasciatore (a capo dell’Autorità portuale di New York e del New Jersey al momento dell’attacco dell’11 settembre), ha invitato Luigi Di Maio. Com’è facile immaginare non un fatto casuale, ma un passo meditato, concordato con Washington, i cui effetti vanno attentamente valutati.
Mentre Di Maio e suoi versano in un’ennesima crisi esistenziale e politica (caso Tav Torino-Lione), l’alleato di governo è alla ribalta delle cronache per esposizione comunicazionale anche sul piano delle relazioni estere: a guardar bene, quest’alleato non ha avuto dubbi nell’affrontarle su tavoli diversi e con posizioni contraddittorie, nell’illusione, tutta italiana e tutta provinciale, che nessuno se ne accorgesse.
Pensiamo alla partita doppia giocata con Usa e Russia e, marginalmente,  con l’Iran (qui su un terreno delicatissimo, quello della presenza operativa in Italia della compagnia Mahan Air, specializzata in trasporti di truppe e armi in Siria, strumento evidente della politica dei pasdaran e del governo di Teheran, compagnia  già da tempo in black list Usa).
La doppiezza è sempre la pietra dello scandalo sul piano internazionale. 
Basta un sospetto, per creare una barriera quasi insuperabile nei rapporti con Washington. Se aggiungiamo l’infelice esito della visita americana di Matteo Salvini, possiamo capire meglio: è possibile e logico che nelle indiscrezioni sulle attività non ancora dichiarate illecite di Savoini e D’Amico ci sia lo zampino dei servizi segreti francesi (e perché no tedeschi o britannici) e di quelli americani. Certo, sin qui non c’è alcuna pistola fumante, ma se fossimo in Salvini inizieremmo a lavorare con circospezione, evitando di sfidare gli altri, tutti gli altri. Non è detto, infatti, che non ci siano sotto il tappeto per superficialità varie (già manifestatesi) elementi compromettenti o, comunque, di difficile spiegazione. All’esordio di questo governo, un anno fa, era stata ventilata e magnificata l’idea di una lega infraeuropea dei paesi sovranisti. Un’idea spazzata rapidamente via proprio dagli altri sovranisti: un’alleanza tra partiti di questo genere è contraria alla loro natura. Ed è stato quindi evidente che l’Austria e l’Ungheria, allo stringere, dopo i complimenti di rito al capitano leghista, serrino bene le serrature delle loro porte politiche, lasciando i leghisti soli col cerino in mano.
E qui c’è l’ultima questione. La politica è realismo. E il realismo vuole che l’Unione è a direzione franco-tedesca. Isolandoci non guadagniamo un punto anzi perdiamo le posizioni un tempo nostre. E se avessimo al governo persone prive di complessi d’inferiorità e di incertezze, avremmo ogni giorno la possibilità di giocare la nostra partita di nazione di serie A (autoretrocessasi in serie B), entrando nel merito (ma bisogna studiarsi i dossier) in modo da diventare determinanti mediante una accorta politica di alleanze politiche infraeuropee. Gli stessi francesi in diverse questioni hanno interessi convergenti con i nostri.
Comunque, va ricordato che l’idea che il fattore esterno non determini il fattore interno è primitiva e frutto di non conoscenza della storia e dei suoi meccanismi. Lo capiranno i nostri eroi? L’interrogativo (all’interno del quale si colloca l’insperato sostegno di Draghi) è cruciale per i prossimi mesi e il futuro del governo giallo-verde. 

www.cacopardo.it

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