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L'eterno rebus della legge elettorale

L'eterno  rebus della legge elettorale

11 Ottobre 2019, 07:37

VITTORIO TESTA  
Mattarellum dal 1993 al 2005. Porcellum dal 2005 al 2013. Italicum (solo per la Camera) dal 2013 al 2017. Rosatellum e Rosatellum bis e ter dal 2017 ad oggi. Siamo abituati in Italia a sbizzarrirci in materia di legge elettorale. A maggior ragione ora si deve cambiare, visto il taglio del numero di parlamentari  deciso l’altroieri che prevede una Camera con 400 deputati e un Senato con 200 eletti.
Con la terza versione del Rosatellum in vigore finora, gli eletti con il sistema uninominale, con il quale  vince il candidato che nel collegio prende un voto in più, sarebbero  221 contro gli attuali 348. Gli altri 379, eletti con il sistema proporzionale, con listino bloccato. Quindi un sistema misto, 36 per cento maggioritario e 64 per cento proporzionale con collegi plurinominali, ma con i candidati «impacchettati» in liste bloccate, decise dai partiti e non sottoposti al voto popolare. Niente voto di preferenza, niente voto disgiunto, cioè la possibilità di puntare su un candidato di una lista diversa da quella che avrà il tuo voto. È questo il punto più dolente del Rosatellum ter, il  sistema che ha impedito agli elettori di creare un filo diretto con il candidato, sottratto al giudizio e alla possibilità di sanzionarlo personalmente. L’eletto nel tuo collegio ti ha deluso? Non puoi punirlo se non insieme all’intera lista nella quale era candidato. Vorresti dare fiducia a una persona che conosci e della quale ti fidi ma che corre con un partito diverso dal tuo? Non puoi, o voti l’intera sua lista o niente. 
 Dunque avremo l’ennesima nuova legge elettorale, ma tutto dipenderà dalla possibilità o meno che il taglio dei parlamentari e delle riforme decisi dall’attuale maggioranza venga vanificato da un referendum confermativo per  il quale sta lavorando la Lega insieme ad altri politici di vario orientamento e pure di disorientamento. Per esempio Giacchetti del Pd: ha votato Sì alle riforme presentate dalla maggioranza di cui il suo partito è partner essenziale: ma dichiarando nel contempo che avrebbe firmato per sostenere il referendum che vorrebbe cancellarle. Non ha tutti i torti, Giacchetti: il Pd aveva votato contro nelle precedenti  tre votazioni, per saltare sul Sì una volta alleatosi con il Movimento 5 Stelle, che della riduzione del Palazzo aveva fatto da tempo uno dei principali suoi obiettivi. E poi c’è il solito grande quesito: sistema maggioritario, preferito dalla destra, che punterebbe anche sul presidenzialismo, e da molti politici di ogni parte oppure sistema proporzionale con sbarramento alto per semplificare il panorama politico? Ci risiamo. A ogni cambio dei rapporti di forza politici si sente la necessità di una nuova legge elettorale tagliata giusto su misura del più forte in quel momento, in modo da mettersi al riparo da brutte sorprese da parte dell’opposizione: la quale una volta diventata maggioranza vorrà anch’essa un nuovo sistema di voto più conveniente per sé. Dalla strada, noi cittadini normali, presto  sicuramente accusati di facile e deleterio populismo antipartitico e antiparlamentare, staremo a vedere quali interessi prevarranno. Se quelli di tutti o di una parte: la solita, seppure «dimagrita» di 315 scranni parlamentari.


 

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