E' un pugno allo stomaco. La ricostruzione, seppur romanzata, di quel drammatico 26 aprile del 1986 non può lasciare indifferenti. Chernobyl, la miniserie di Hbo, che si è appena conclusa su Sky, è già un cult. C’è un costo, quando si ignora la verità, più alto di quanto si immagini. A distanza di oltre 30 anni resta un alone di mistero sulla catastrofe, a cominciare dal numero delle vittime. E non solo nei dintorni del reattore. Buona parte del mondo russo non ha apprezzato il teleromanzo occidentale, definendolo grottesco, tanto che Mosca è pronta a controbattere con la sua versione e il focus sarà il presunto sabotaggio di un agente della Cia. Fiction a parte, tutti ricordiamo quanto fossero frammentate e nebulose le informazioni dopo la tragedia. Era stato vietato il consumo del latte fresco e delle verdure a foglia; in molti lasciavano le scarpe fuori dalla porta per disinfettarle. Chernobyl è una serie che disturba e smuove le coscienze perché ricorda le vite di chi si è sacrificato ed è estremamente attuale, perché mostra le conseguenze di un uso imprudente della tecnologia. L'obiettivo degli autori è stato raggiunto, ma c'è un risvolto inquietante: il boom di prenotazioni per le visite alla centrale e alla città di Pripjat, raddoppiate in poche settimane. Il turismo «nucleare» spopola, con tanto di selfie. E il nuovo presidente dell’Ucraina, Volodymir Zelens'kyj, ha dichiarato, proprio ieri, che riaprirà Chernobyl. Avrebbe già firmato un decreto per fare nascere un «corridoio verde» per i turisti. Follia pura.
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