Archiviato il G20 romano, evento di rilievo assoluto, al di là dei contenuti e dei risultati, è tempo di bilanci provvisori, le anticipazioni dei risultati finali in uso nelle aziende quotate in borsa.
In fondo, col G20 è stato diramato al mondo un invito al realismo e al possibile, rispetto all’illusione e all’utopia. Tra le aspirazioni ambientaliste e le concrete possibilità di realizzare una vera inversione di marcia sul piano ambientale ci passa un mare di decisioni grandi e piccole tutte orientate sull’unica direzione di ridurre l’aumento della temperatura dell’atmosfera. Tutte decisioni che incidono sui modelli di vita e, cosa più pesante, sull’occupazione. Basti pensare che il passaggio all’auto elettrica comporterà la perdita di alcuni milioni di occupati nel settore automotive. L’assenza sostanziale di Russia e Cina ha inciso sull’efficacia dell’incontro e sui suoi effetti. Perché la Russia è sì consumatore, ma anche produttore di energie fossili e ha quindi un interesse limitato rispetto all’obbiettivo di contenere in 1 grado e mezzo l’aumento della temperatura nel 2050. Sia perché la Cina, allo stato e a dispetto dell’elevatissimo inquinamento delle sue conurbazioni, ha altre priorità che non consentono di ridurre il ricorso alle fonti energetiche tradizionali e altamente nocive.
Questo potrebbe avere avuto effetti marginali sugli altri partecipanti al G20, se questi avessero adottati decisioni pregnanti e condivise a immediata attuazione. La sensazione è che, invece, ha trionfato l’ipocrisia della buona volontà, in base alla quale tutti auspicano ciò che nessuno intende realizzare.
Detto questo, è evidente che, in ogni caso, c’è un elemento di forte positività rispetto alla linea da seguire che comporta che i governi dovranno rispondere delle decisioni e dei mezzi adottati ai loro elettorati e alle loro opinioni pubbliche. Discorso che vale per le grandi democrazie, esposte sempre di più alla logica inesorabile e stringente di Greta Thumberg e dei suoi seguaci. Epperaltro, c’è da considerare che se Usa ed Europa imboccheranno con decisione la via del cambiamento (come sembra per noi europei possa accadere con il PNRR) non solo avremo dato un contributo non marginale al contenimento dell’aumento della temperatura, ma avremo imposto ai nostri competitori modelli comportamentali (e, sperabilmente, risultati) che non potranno essere ignorati. Perché dittatura o non dittatura, autoritarismo o non autoritarismo, nella società contemporanea le notizie corrono e corrono anche dove non sono gradite.
Per noi europei, poi, ci sono tre effetti immediati o quasi e non trascurabili: la possibile fine dei dazi nel mercato interatlantico (presupposto per un auspicato ritorno alla costruzione di un mercato unico euro-Nordatlantico); la tassazione coordinata e generalizzata dei profitti delle multinazionali, in prevalenza americane, leader della «new-economy»; il piano per la distribuzione nel mondo di vaccini anti-Covid 19 in misura da verificare, per ora indicata nel 70% della popolazione mondiale.
Per noi italiani, il ritorno ai vertici della politica mondiale come lo siamo stati in pochi momenti felici, il successo di immagine del Paese e del suo premier, questo Mario Draghi, duttile, preparato, intelligente e politicamente abile. Da lui emana e si sostanzia il ritorno al multilateralismo concreto, paradossalmente abbandonato con danni generali e ora riaffermatosi con forza e sostanza.
Perciò il G20 non va considerato un punto di arrivo, una vittoria politica, ma un passo, un passo certo e sicuro -al di là di ipocrisie e riserve mentali-, sulla strada giusta. Un altro passo in avanti.
Come disse Mao Tse Tung in uno dei suoi aurei e rossi libretti «La lunga marcia iniziò con un passo». Noi, l’Occidente, più altre nazioni, tra le quali spicca l’India, alcuni passi in avanti li abbiamo compiuti. Altri verranno in parallelo con la crescita della consapevolezza dei popoli.
www.cacopardo.it
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da BCC Rivarolo Mantovano
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata