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La rivoluzione di Draghi

La rivoluzione di Draghi

di Augusto Schianchi

01 Novembre 2021, 09:14

Il G20 è stata una grande rimpatriata tra i leader del mondo. È stato un incontro tra persone, che rappresentano degli stati, ma sono anzitutto persone. Con il loro carattere, anzitutto con l’espressione della propria cultura. Il risultato concreto è modesto, limitato all’impegno dal 2023 per imporre una tassa minima sui profitti delle multinazionali (anzitutto quelle americane localizzate nei paradisi fiscali). È stato assunto l’impegno ad estendere l’uso dei vaccini ai paesi meno ricchi, per coprire almeno gran parte della popolazione planetaria. Ultimo, ma ancora molto distante dalla concretezza, l’impegno a predisporsi con buona volontà verso il cambiamento climatico, a partire dalla Cop26. 

Per questo, l’attore più importante, la Cina, ha confermato la sua distanza: «Sì alla lotta contro il cambiamento climatico, ma con i nostri modi ed i nostri tempi». Che significa per ora più carbone e obiettivi posticipati oltre il 2050, che probabilmente significano aumento della temperatura superiore ben oltre gli 1,5 gradi su cui alla fine si è trovato il compromesso. È stato il G20 che ha confermato la leadership globale di Mario Draghi, in coincidenza con l’uscita della Merkel e il probabile non rinnovo (per ragioni di età) di Biden alla presidenza degli Stati Uniti, fra tre anni. Nei suoi interventi Draghi ha evidenziato con giusta drammaticità che i problemi non si possono risolvere da soli, senza una cooperazione globale, con un autentico multilateralismo, nel reciproco rispetto di tutti. Ha evidenziato che il contributo delle donne, con la loro capacità di sopportazione e naturale flessibilità pragmatica, è fondamentale. Che le fragilità dei poveri si fa debolezza dei ricchi, a partire dalle vaccinazioni. Non sono certo affermazioni originali, ma lo è il fatto di mettere finalmente questi problemi al centro del dibattito globale. I tempi sono maturi, senza trascurare i problemi locali ed i rapporti bilaterali spesso difficili tra singoli paesi. Draghi ha avanzato le premesse per una rivoluzione culturale, che è l’indispensabile presupposto per una qualsiasi politica estese di riforme profonde.  Nel mondo, ma anche in Italia.
 

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