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Sempre più prigionieri della violenza

Sempre più prigionieri della violenza

di Pino Agnetti

14 Novembre 2021, 09:07

Viviamo, ormai, dentro una bolla di violenza. Che ci avvolge e ci stringe alla gola fin quasi a toglierci il respiro. Questo nei piccoli come nei grandi centri, passando per quelli medi come il nostro. Anche a Parma, infatti, fatichiamo a stare dietro a una escalation di piccoli grandi orrori quotidiani che fino a pochi anni fa (mica secoli!) rappresentavano l’eccezione e non la regola. In proposito, citerò solo un paio di episodi recentissimi: dalla bottiglia di vetro scagliata fra i passanti della Ghiaia e che per un soffio non ha steso una donna che sta ancora ringraziando il proprio santo protettore, alla (ennesima) maxi rissa andata in scena nel pieno centro cittadino con le bande di picchiatori rivali impegnate ad affrontarsi a colpi di cartelli stradali branditi come clave. 
C’è di peggio, come capita di sentirsi dire dagli immancabili pompieri che con tono quasi di rimprovero ti invitano a guardare a ciò che accade in posti come Napoli e Palermo? Certo che sì! 

Il problema è che, piano piano ma neanche troppo, stiamo assomigliando sempre più a loro. E che, a forza di cercare di salvare le apparenze, si finisce per alimentare l’aria mefitica che, purtroppo, tira un po’ ovunque. Tanto da avere assunto i caratteri di una vera e propria pandemia di fronte a cui ci scopriamo drammaticamente confusi e impotenti, anche perché incapaci di darci una spiegazione valida del clima perenne di insicurezza e di pericolo di cui siamo prigionieri. Prendiamo la violenza sulle donne. Vi siete mai domandati come mai stia crescendo a dismisura invece di diminuire? Eppure, è tutto un fiorire di appelli, cortei e dibattiti in difesa proprio delle donne. 
Tutta roba che, evidentemente, deve avere fatto il solletico agli autori degli 89 femminicidi registrati solo quest’anno in Italia, come pure agli stupratori più o meno seriali (vedi l’ultimo orripilante caso dell’agente immobiliare di Milano) che occupano stabilmente le cronache. E cosa dire del fenomeno delle baby gang, su cui si continuano a versare fiumi d’inchiostro e di chiacchiere, con l’unico risultato di vederle proliferare sempre più aggressive e sfrontate di settimana in settimana? Oppure del moltiplicarsi degli energumeni in circolazione pronti, per una spinta involontaria o uno sguardo di troppo, a massacrare di calci e pugni il malcapitato di turno salvo poi tornare armati di coltello e pistola per completare la “lezione”? 
La verità è che, alla radice di tutta questa esplosione di violenza, di tutto questo per nulla metaforico sbranarsi a vicenda come lupi, c’è qualcosa di più profondo e devastante di ciò che siamo abituati a pensare e ad ammettere. C’è, innanzitutto, un senso generalizzato di pressoché totale impunità. Di consolidata “incertezza della pena”. O meglio della certezza più che fondata che, male che vada, sia possibile cavarsela con un rimbrotto, un frettoloso controllo dei documenti. E, proprio se sei particolarmente scalognato, con un giudice che, un attimo dopo averti condannato, ti lascia libero di tornare a spacciare, rubare e aggredire come e più di prima. 
E poi, ancora più terribile perché capace di attaccare e distruggere ogni singola cellula della società, c’è una regressione di massa a uno stadio primordiale dominato non più dalla ragione, ma dall’istinto più belluino e becero. Lo ha detto e scritto meglio di me una delle ultime menti illuminate e libere di questo Paese, il professor Vittorino Andreoli: “Abbiamo sostituito più o meno automaticamente la ragione con l’istinto, che dà pulsioni meno controllabili. La lotta ha sostituito ciò che la ragione insegna, ovvero la critica, per appianare un dissidio. E così la nostra specie ha riscoperto la violenza”. Inutile aggiungere che le prime vittime di questa involuzione epocale che avanza trionfale lungo le autostrade del web siano proprio i giovani, ai quali nessuno osa insegnare più nulla. Meno ancora, cose antidiluviane come il rispetto e la differenza fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ma è così che stiamo perdendo un’intera generazione. È così che il contagio si diffonde inarrestabile nelle nostre strade e nelle nostre case, mentre la paura dilaga con tutta la sua forza selvaggia e primitiva. Fino a lasciarci atterriti e soli nella selva oscura da cui pensavamo, a torto, di essere usciti per sempre. 
                                                                                       
    

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