Non è solo questione di ordine pubblico

Ormai è uno stillicidio quotidiano. Non passa giorno senza una nuova «impresa» di qualche gruppo di ragazzotti. Chiamiamole baby gang, o bande giovanili. Poco importa. La sostanza è sempre la stessa: minacce, violenze, in qualche caso rapine, lanci di bottiglie. La loro area d’azione va da piazza della Pace a via Cavour, dalla Ghiaia a barriera Bixio. Una situazione intollerabile per chiunque viva o lavori in quelle zone, come dimostra la testimonianza del direttore della libreria di piazza Ghiaia, che pubblichiamo a pagina 7.

Per i cittadini è prima di tutto un problema di sicurezza, di ordine pubblico. È evidente che i controlli, se ci sono, non funzionano. Così come non funzionano le leggi che dovrebbero punire e prevenire certi comportamenti criminali.
Ma di fronte a fenomeni così estesi non si può pensare che sia solo un problema di sicurezza da risolvere con la polizia e la repressione. La questione purtroppo è più complessa. Si tratta di situazioni di disagio giovanile in cui giocano un ruolo vari fattori, alcuni nuovi e altri storici. Una parte di responsabilità spetta certamente alle ferite - e sono tante - che la pandemia e il lockdown hanno lasciato sulle generazioni più giovani.

Negli ultimi tempi si registra un’esplosione degli episodi di violenza, dal piccolo paesino alla metropoli. Ma qui c’è anche un problema più vasto di povertà educativa. Di mancanza di valori. Di disagio profondo che coinvolge ampie fasce dei giovani della nostra città. E, di fronte a questi fenomeni, non si può far finta di nulla. Ci sono responsabilità delle famiglie e della scuola. Troppo spesso «complici» nel non riuscire a responsabilizzare i ragazzi. Ma per affrontare davvero il problema è ora che ci sia uno scatto di altri soggetti. I servizi sociali, certo, ma anche tutte le realtà cittadine che possono fare qualcosa. Nessuna esclusa.