Editoriale
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico. Non le viole nella selva del convento, nel cui profumo Giovanni Pascoli sente l’annuncio della primavera: parlo di una possibile primavera del sindacato italiano.
Il suo lunghissimo inverno è incominciato proprio un secolo fa, quando le squadracce dei Balbo e dei Farinacci misero a ferro e a fuoco le camere del lavoro, le leghe bracciantili, le società di mutuo soccorso e le altre istituzioni del movimento operaio come la Società Umanitaria, che erano centri di servizio nel mercato del lavoro, erano al servizio delle persone in cerca di occupazione, fornivano loro l’informazione e l’addestramento necessario per trovarla. Subito dopo il ventennio, a tenere il sindacato lontano dal mercato occupazionale ci pensò la legge Fanfani del 1949. E da allora per 70 anni il sindacato italiano si è occupato di fatto soltanto di chi il lavoro già lo aveva: non solo rafforzando il sistema dei suoi diritti nell’ambito del rapporto, ma anche cercando di tenerlo il più possibile lontano dal mercato, considerato come luogo di perdizione.
Ora, però, i lavoratori sembrano avere riscoperto il “loro” mercato: il fenomeno che negli USA chiamano Great Resignation l'aumento delle persone che si dimettono per guardarsi intorno, scegliere un lavoro o una vita migliore, è un fenomeno che investe l’intero occidente sviluppato. Anche perché l’evoluzione tecnologica rende sempre più rapido l’avvicendamento delle tecniche e delle strutture produttive, quindi sempre più frequenti le transizioni fra azienda e azienda, fra mestiere e mestiere; e anche le transizioni all’interno di uno stesso rapporto contrattuale.
Il mercato del lavoro diventa un luogo dove non è più solo l’imprenditore a scegliere i propri collaboratori, ma sono anche le persone a scegliere l’impresa che può meglio valorizzare il loro lavoro. Diventa, così, una possibile fonte di libertà e sicurezza delle persone; e lo diventa tanto più quanto più è innervato dei necessari servizi di orientamento, informazione e formazione mirata agli sbocchi esistenti. Sbocchi che sono molti più di quanto si pensi: in un caso su tre le imprese italiane hanno difficoltà a trovare il personale che cercano, più o meno in tutte le fasce professionali.
Ora anche il sindacato se ne accorge: la Fim-Cisl pubblica il manifesto Per una nuova stagione di diritti e tutele nelle transizioni lavorative. La forza e la dignità di chi vive del proprio lavoro si difende rafforzandone la posizione nel mercato e la capacità di affrontare in sicurezza le transizioni professionali. E il sindacato fa di questo il proprio terreno di impegno prioritario. Per il lavoro può essere la primavera di un secolo nuovo.
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