editoriale
La ricerca di soluzioni al forte incremento del prezzo del gas naturale, che ha caratterizzato le ultime settimane, ha originato un ampio dibattito che ha coinvolto, da un lato i governi dei principali paesi europei e le istituzioni dell’Unione europea e, dall’altro, buona parte dei principali addetti ai lavori. Il tema è, come è noto, di grande importanza, sia perché, per come è oggi organizzato il mercato, il prezzo del gas finisce per determinare anche quello dell’energia elettrica sia perché l’incremento registrato ha un duplice impatto, colpendo sia le famiglie che l’attività produttiva delle imprese.
Buona parte del dibattito si è concentrata sull’ipotesi di fissare un limite al prezzo del gas (price cap) che verrebbe determinato in sede europea. La proposta vede favorevole un significativo numero di paesi europei (anche se, in alcuni casi, con differenti opinioni su ambiti e modi di applicazione) ma ne vede anche altri contrari.
Al tema del price cap, che risulta come detto il più dibattuto, sta iniziando negli ultimi giorni ad affiancarsene un secondo che fa riferimento alla possibilità che i paesi dell’Unione europea attuino acquisti congiunti di gas sul mercato. Si tratta di un tema di grande interesse per diverse ragioni.
Per comprenderle, proviamo a chiarire la logica di questo possibile intervento. La teoria economica viene spesso invocata per spiegare come la concentrazione dell’offerta possa determinare un vantaggio per chi deve produrre e cedere un bene. L’esempio più tipico è quello del monopolio, in cui il produttore è unico e può acquisire una rendita, determinata dall’assenza di concorrenti, a danno degli acquirenti del suo prodotto. Al caso limite del monopolio si può facilmente affiancare quello del cartello, in cui un numero ridotto di produttori si accordano fra di loro per agire in modo concertato, limitando l’offerta e influenzando così il prezzo. Un esempio di una situazione di questo tipo è costituito dalla produzione di petrolio, dove non vi è un unico produttore ma dove i paesi produttori si accordano fra di loro all’interno dell’Opec.
Tutti i casi citati riguardano il cosiddetto «potere di mercato» che può essere esercitato dal lato dell’offerta. È però importante sottolineare come un analogo potere di mercato possa esistere dal lato della domanda. Anche in questo caso c’è l’esempio limite dell’unico compratore (il monopsonio che rappresenta l’equivalente del monopolio dal lato della domanda) ma, soprattutto, anche in questo caso diversi compratori possono agire per concordare acquisti congiunti, esercitando un potere di mercato dal lato della domanda che influenzi il prezzo di mercato. Un esempio, nel piccolo, di questo comportamento sono gli acquisti di gruppo da parte dei consumatori o gli sconti comitiva in alcuni viaggi.
Il potere di mercato della domanda, ovviamente, agisce sul prezzo nella direzione opposta di quello dell’offerta, spingendolo ad una diminuzione. Esso ha, in questo senso, un vantaggio rispetto al price cap. L’acquisto congiunto agisce, infatti, «all’interno del mercato» e non limitandone il libero funzionamento ed ha, per questo, molte più chance di diventare un intervento di medio-lungo periodo e non solo di breve.
Una politica di acquisti congiunti ha, peraltro, già caratterizzato l’azione dell’Unione europea nel caso dei vaccini per il Covid, con evidenti benefici per tutti i paesi. Estendere questa scelta al gas e, più in generale all’energia, è certamente molto più difficile, anche per le forti diversità nelle esigenze di approvvigionamento che esistono fra i diversi paesi. Agire insieme dal lato della domanda di gas, d’altra parte, sarebbe molto importante per l’Unione europea, anche perché, al di là degli effetti sul prezzo dell’energia, già di per sé di enorme importanza, un’azione di questo tipo sarebbe un ulteriore passo nella direzione di sfruttare il vantaggio che l’Unione può avere sui mercati rispetto ai singoli paesi. In questo senso, i paesi europei sono sempre di più di fronte a un bivio: continuare ad agire singolarmente diventando sempre meno rilevanti nei mercati globali o comprendere finalmente che solo agendo unitariamente l’Europa può mantenere un ruolo significativo, che è altrimenti destinata a perdere.
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