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ECONOMIA

Dagli Emirati un esempio che può ispirare anche l'Italia

Dagli  Emirati  un esempio che può  ispirare anche l'Italia

di Aldo Tagliaferro

07 Dicembre 2022, 12:04

Dubai e Abu Dhabi sono impegnati da mezzo secolo a trasformare il petrolio in sogni. Contro ogni logica hanno eretto metropoli avveniristiche in luoghi inospitali investendo tonnellate di denaro solo per convertire l’acqua salata in acqua dolce e irrigare sontuosi campi da golf dove altrimenti ci sarebbe soltanto sabbia. Hanno costruito una gigantesca Disneyland dove si fanno affari e lanciato un ponte luccicante che collega l’Occidente a una vasta parte del mondo mediorientale e asiatico. La crescita degli Emirati oggi passa anche per investimenti in cultura, con tutti i distinguo e i dubbi del caso in una realtà che utilizza la democrazia e gli standard occidentali solo quando fanno comodo.

Crediamo, nonostante tutto, che per l’Italia questo sia un segnale da leggere con attenzione e da non lasciare inosservato per due motivi. Il primo è che esistono infinite possibilità per un Paese come il nostro di investire in Medio Oriente anche nel Made in Italy «immateriale». Non siamo solo la patria delle Ferrari, di Gucci, del Barolo e della pasta che da tempo sventolano la bandiera tricolore da Dubai a Singapore e che contribuiscono in modo decisivo al nostro prodotto interno lordo. Siamo anche un Paese con una storia unica in campo artistico: esportare le nostre conoscenze e il nostro patrimonio all’estero, soprattutto dove ci sono capitali importanti, può aprire orizzonti inediti. Pensiamo a cosa ha fatto il Louvre proprio ad Abu Dhabi, dove ha aperto un museo nel 2007.

Il secondo motivo è che se una realtà come gli Emirati Arabi Uniti che ha ben misera eredità da mostrare al mondo è costretta a inventare percorsi culturali credibili anche in termini di business, noi che sotto questo profilo siamo già ricchi - forse i più ricchi di tutti - abbiamo il dovere di investire con una visione di più ampio respiro sul nostro patrimonio culturale (e, conseguentemente, turistico).

Si tratta di una sfida che il Pnrr ha solamente lambito, destinando poco più di 4 miliardi di euro (sugli oltre 191 stanziati) e sulla quale il nuovo governo ha oggi il dovere di mostrare intraprendenza e visione. La riforma varata dal ministro Franceschini e datata 2014 è stato un passo importante per lo sviluppo dei poli museali ma l'ultimo rapporto Federculture mostra che i numeri post Covid sono ancora molto bassi sia in termini di occupati nel settore che di frequentazioni nei luoghi di cultura, con qualche felice eccezione come il Salone del libro di Torino da cui trarre spunti. Emerge, soprattutto, che il settore della cultura in Italia soffre di disomegeneità e frammentarietà. Insomma: mancano una visione d'insieme e una logica imprenditoriale.

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