×
×
☰ MENU

Editoriale

Il percorso del governo fra Italia ed Europa

Il percorso del governo fra Italia ed Europa

di Luca Tentoni

18 Febbraio 2023, 09:32

Dopo le elezioni regionali, Giorgia Meloni può proseguire il suo percorso di governo, ma con una certezza e un dubbio in più.
La prima riguarda il buon risultato di Fratelli d'Italia (che ormai, di fatto, è dominus anche della Lombardia, nonostante Fontana e Salvini): rispetto alle precedenti regionali, il partito della Fiamma ha guadagnato 535 mila voti in Lombardia e circa 300 mila nel Lazio, quando gli altri ne hanno persi centinaia di migliaia (la Lega versione lombarda ne ha lasciati sul campo 1,077 milioni, in cinque anni).
Il dato positivo dal quale partire è che tutti i principali competitori di FdI hanno già avuto - e concluso miseramente - il loro periodo d'oro con l'elettorato: il Movimento 5 stelle nel 2013 e nel 2018, il Pd nel 2014, la Lega nel 2019 (Forza Italia non si è più ripresa dopo il crollo del 2013, quando ancora si chiamava Pdl, continuando a perdere alle politiche 2018 e 2022), quindi il compito della Meloni è imparare dagli errori degli altri e saper mantenere il consenso che (un po' perché convinti, ma molto per mancanza di scelta e per disperazione) gli italiani le hanno dato negli ultimi mesi. Il dubbio è che il vero avversario, oggi, è l'astensione.
Pensare che i dati lombardo e laziale dell'affluenza possano essere "nazionalizzati" è folle, però va detto che alle ultime politiche il calo rispetto al 2018 c'è stato, ed è stato marcato. Quindi il nemico oggi si chiama «exit»: il voto contro tutti i partiti che l'elettore ha scelto prima e ha rinnegato poi, deluso. L'insidia è questa: non arrivare al 2024 o al 2027 con questo governo, ma convincere gli italiani della bontà dell'operato della premier; diversamente, una nuova valanga di astensione può sommergere definitivamente il sistema.
Se il problema è questo, si gioca tutto sulle cose da fare (bene, se non vuole concludere la sua esperienza politica con un insuccesso) magari concedendo ogni tanto qualcosa agli alleati minori. Si sa, ai piccoli va data ogni tanto una caramella, per farli felici: forse sui balneari la Meloni gliela concederà. Ma sulle cose serie decidono i grandi, quelli che hanno i voti e non solo le bandierine: per questo, la sconsiderata ennesima uscita di Berlusconi sull'Ucraina e l'altrettanto inopportuna richiesta azzurra di un'inchiesta sui magistrati sono state spazzate via in un battibaleno. Con la sponda europea del Ppe (che ha scaricato l'anziano leader di Forza Italia, avviato sul viale del tramonto) e quella della Nato, la Meloni non deflette sulla linea di politica estera, sapendo di avere dalla sua parte anche il ministro forzista degli Esteri.
L'opposizione non preoccupa, anzi è motivo di conforto, perché il Terzo polo si è dimostrato inconsistente nelle urne, il M5s ha smentito la propaganda che lo mostra su un'inesistente cresta dell'onda e il Pd è alle prese con le primarie (senza contare che Bonaccini ha persino parlato benino della presidentessa del Consiglio, sia pure in un discorso un po' più articolato e complesso di com'è stato presentato).
Governare non è facile, soprattutto se si guida un partito che è in evidente crisi di crescita: le fibrillazioni fra i capicorrente del Lazio, la questione Donzelli Delmastro e le ultime scelte sui bonus edilizi sono fonti di imbarazzo che la Meloni riesce a nascondere, non senza avvertire certo un senso di disagio. In pratica, per colpe altrui e limiti generali, la leader di FdI è sola in testa (non "al comando", espressione che vale per lo sport ma in politica è pericolosa come la parola "potere") ma deve amministrare il consenso e calibrare l'agenda dell'Esecutivo evitando problemi in ambito nazionale e (soprattutto) europeo. In Italia, dal 2013, molti hanno potuto ottenere una grande vittoria elettorale: finora il "dopo", però, non ha saputo gestirlo nessuno.

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI