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EDITORIALE

La tragedia annunciata e il coraggio di Ivan

La tragedia annunciata e il coraggio di Ivan

di Pino Agnetti

17 Agosto 2023, 12:38

È la cosa più sconvolgente che mi sia capitato di leggere in questi giorni. Mi riferisco alla drammatica testimonianza resa a questo giornale dal signor Ivan Tavella, residente dal 2010 nel complesso di strutture socio-assistenziali dove alla vigilia di Ferragosto un incendio ha divorato una ospite di 62 anni paralizzata alle gambe.

«Qui a tutti è permesso fumare e questa è una tragedia annunciata», ha dichiarato subito dopo essere stato informato della fine tremenda toccata alla sua amica Adreana Borella, bruciata viva a pochi metri da lui. Le stesse agghiaccianti parole invano ripetute e messe nero su bianco in una sfilza di segnalazioni e di denunce rimaste, però, senza risposta alcuna. Come per altro in questo Paese capita sempre più di frequente a chi, preoccupato di tutelare insieme alla propria anche l’altrui incolumità, finisce per fare la parte dell’inguaribile seccatore. Sarà ovviamente la magistratura a stabilire le dinamiche e le cause esatte di un orrore che non può non ricordare l’incendio divampato appena un mese a fa, a Milano, in una Rsa trasformatasi nell’infernale forno crematorio di sei anziani non autosufficienti. In entrambi i casi, tutti hanno subito pensato che le fiamme possano essere state originate da un corto circuito o da una sigaretta lasciata incautamente accesa in un letto. E qui torniamo alla testimonianza di Ivan, secondo il quale la povera signora Adreana «aveva spesso i vestiti bruciati e anche le sue lenzuola avevano già preso fuoco» in precedenza. Tutto ciò, in una struttura che sempre a detta di Ivan ospiterebbe anche «persone con la bombola dell’ossigeno».

Racconti che fanno ulteriormente rabbrividire al solo pensiero di ciò che sarebbe potuto accadere agli ospiti del complesso che sorge in viale Tanara (una dozzina dei quali sono comunque finiti all’ospedale per le intossicazioni riportate). E che fanno più male - molto più male! - di un pugno allo stomaco. Perché quello di Ivan, almeno a me è sembrato non tanto uno sfogo, pur già di per sé più che legittimo e comprensibile. Ma un urlo. L’urlo disperato di un uomo lasciato solo con il suo respiratore attaccato alla bocca e al collo e condannato a non essere ascoltato. Un po’ come i parenti delle vittime del crollo del Ponte Morandi, ai quali il quinto anniversario di quella immane e criminale catastrofe è servito solo a confermare la sensazione di una giustizia dai tempi troppo lunghi e dagli esiti troppo incerti per potere essere considerata tale.

Non è nello stile né mio, né di questo giornale di ricamare sulle tragedie e tanto meno di emettere sentenze a priori. Però, in un Paese e in una regione che si vantano di avere i servizi sociali più «a misura d’uomo» del mondo, l’urlo del signor Ivan Tavella non può e non deve essere lasciato cadere nel vuoto. Fare presto completa chiarezza sull’accaduto, è il minimo che si possa chiedere e ci si possa attendere anche qui a Parma dopo il luttuoso rogo di viale Tanara. Intanto, c’è un nostro concittadino che va comunque ringraziato per la dignità, il coraggio e anche la cocciutaggine delle sue denunce. Comincio a farlo io adesso, certo che da oggi saremo in tanti a sostenere le sue sacrosante battaglie. Grazie con tutto il cuore, Ivan! Grazie per averci insegnato, armato solo di una carrozzina e di un respiratore portatile, che la vera disabilità è quella indifferente e un po’ vigliacca che troppo spesso si cela in ognuno di noi.
 

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