Editoriale
Foto d'archivio
Stiamo imparando quotidianamente - magari con qualche difficoltà - a convivere con l'intelligenza artificiale ma forse non ci rendiamo ancora conto di quanto sia pervasiva e quanto stia modificando le regole del gioco.
Prendiamo l'automotive. Siamo portati a pensare che l'intelligenza artificiale a quattro ruote si riduca al fatto di avere ChatGpt nel sistema di infotainment, ma in realtà ci sono moltissimi ambiti decisivi nei quali l'Ia è oggi fondamentale, come spiega bene il recente Osservatorio Auto e Mobilità redatto dalla Luiss Business School e coordinato da Fabio Orecchini: la progettazione (disegno e industrializzazione), la produzione (strumenti e processi), il prodotto (tecnologia a bordo) e l'interazione con i clienti (acquisti, marketing, servizi, comunicazione).
Tradotto in cifre, il giro d'affari è impressionante: si calcola che il Pil mondiale generato dall'adozione di sistemi di intelligenza artificiale si aggiri intorno agli 11mila miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, con investimenti colossali, almeno 100 milioni di dollari per ChatGpt, Squad, Glue, 78 milioni per Gpt-4, 191 milioni per Gemini Ultra (stime dell'Fmi). Solo nell'automotive il mercato dell'Ia vale 3 miliardi di dollari che dovrebbero decuplicare al 2030 e le aziende del settore investiranno in questo arco temporale oltre 70 miliardi di dollari.
Se oggi l'Ia viene sfruttata all'interno di un'auto al 20-30%, nel giro di pochi anni si passerà al 100% rendendola di fatto il fulcro intorno al quale ruoterà l'intera filiera. Il discorso vale per molti altri settori, amnifatturieri e non - dalla domotica alla difesa, dalla finanza alla medicina - nei quali sempre di più l'interazione con l'utilizzatore e il contesto, l'elaborazione di informazioni e l'apprendimento continuo faranno la differenza.
È evidente che investire in intelligenza artificiale ed essere all'avanguardia dell'innovazione è una delle necessità in questa fase di transizione verso un mondo digitalizzato. Ebbene, ancora una volta l'Europa è in ritardo al crocevia dell'innovazione. Citiamo due allarmi che provengono da universi lontani ma convergono nel messaggio: Walter Riccardi, professore d'igiene e Sanità pubblica alla Cattolica pochi giorni fa spiegava che in ambito medico l'Europa «nel settore dell'intelligenza artificiale è in ritardo rispetto ad altri Paesi». Qualche settimana prima era stato Fabio Panetta, governatore della Banca d'Italia, a sottolineare il ritardo continentale nei confronti non solo di Stati Uniti e Cina ma anche del Regno Unito, che ormai si è sfilato dai 27. E poi centrando il punto: «l'Europa non può limitarsi a essere un semplice utilizzatore» dell'Ia ma «deve ambire a un ruolo attivo nella sua produzione». E invece gli investimenti latitano, anche a livello di privati, con appena 20 miliardi di dollari investiti dall'Europa nell'ultimo decennio contro i 330 degli Stati Uniti e i 100 della Cina. I tre paesi che investono di più - Germania, Svezia e Francia - messi insieme investono un decimo degli Stati Uniti. Nessuno dei Big del settore - da Googke a Alibaba, da Meta a Huawei) è europeo. E anche quando decidono di coinvolgerci restano solo le briciole. Microsoft prevede investimenti per circa 120 miliardi nel bienno in intelligenza artificiale ma meno del 3% di quella cifra ricadrà in Europa.
L'Europa è senz'altro indietro nella partita degli investimenti ma quel che è peggio è che sembra intenzionata a utilizzare le solite armi, peraltro spuntate, della legislazione: si pensa più ad arginare i colossi mondiali - che peraltro sguazzano spesso felici nei «paradisi fiscali» europei - che ad investire nella ricerca. Qualche tempo fa il padre di Meta, Mark Zuckerberg, e Daniel Ek (Ceo di Spotify) erano intervenuti sull'Economist a proposito del regolamento europeo sulla protezione dei dati che a loro dire sta creando ritardi e incertezze in un continente con regolamenti complicati e non armonizzati. «L'intelligenza artificiale - sostengono ha il potenziale per trasformare la produttività globale, accelerando il progresso scientifico e aggiungendo migliaia di miliardi di dollari all'economia globale». Il timore è che l'Europa questa opportunità se la stia giocando malamente.
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