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EDITORIALE

Per i social meno divieti e più educazione digitale

Prendersi una pausa dai social media rende più felici

di Ruben Razzante

06 Dicembre 2024, 16:38

La sicurezza digitale delle nuove generazioni rimane una priorità per il futuro delle società e degli Stati. Senza una adeguata protezione dei diritti dei minori in Rete e senza una loro crescita equilibrata, in un mix sapiente di fisicità e virtualità, si corre il rischio di trasformare la digitalizzazione in una demolizione delle identità individuali e in una disintegrazione del patto sociale che unisce giovani e adulti.
In questo senso non sono indifferenti i sentieri da intraprendere sul piano normativo, culturale ed educativo per arginare i danni che un utilizzo smodato degli strumenti telematici può arrecare allo sviluppo psico-fisico degli adolescenti. Nel dosaggio tra divieti tassativi e interventi di moral suasion occorre tracciare una strada maestra in grado di contemperare l’esigenza di regole certe e riconosciute, volte a sottrarre l’uso dei social alla giungla e all’anarchia, e la necessità di responsabilizzare i ragazzi, alimentando in loro sia lo spirito critico che la capacità di autotutela nel mondo del web e dei social.
Il Parlamento australiano ha recentemente approvato una legge rivoluzionaria che vieta l'accesso ai social media ai minori di 16 anni, segnando un importante passo avanti nella regolamentazione delle piattaforme digitali.

La normativa, considerata una delle più restrittive al mondo, obbliga i colossi tecnologici a implementare “misure ragionevoli” per verificare l’età degli utenti e prevenire la creazione di account da parte dei più giovani. Le aziende che non si adegueranno rischiano multe fino a 50 milioni di dollari australiani (circa 30 milioni di euro).
Piattaforme come Facebook, TikTok, Instagram e X (ex Twitter) saranno coinvolte direttamente, mentre strumenti utili come WhatsApp e YouTube potrebbero essere esentati per fini educativi. La legge entrerà in vigore fra 12 mesi e sarà il governo australiano a definire l’elenco completo delle piattaforme soggette al divieto.

Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha descritto la legge come una misura necessaria per proteggere l'infanzia, evidenziando il sostegno del 77% degli australiani secondo un recente sondaggio YouGov. Nonostante questo, critiche non sono mancate, con osservatori che sottolineano la rapidità dell’approvazione e le possibili difficoltà nell’applicazione pratica, soprattutto a causa di strumenti come le Vpn (Virtual private network), che permettono di aggirare i controlli.

L’uso massiccio dei social media ha dimostrato di produrre effetti dannosi per la salute mentale e fisica degli adolescenti, documentati da autorevoli ricerche e studi scientifici. Fenomeni come cyberbullismo, dipendenza digitale e isolamento sociale sono in crescita. La legge australiana cerca di invertire questa tendenza, ma potrebbe comportare conseguenze non previste: l’isolamento digitale potrebbe infatti spingere i giovani verso piattaforme meno sicure o addirittura il dark web.

Per alcuni esperti questa normativa rappresenta un importante messaggio ai giganti della tecnologia e li spinge verso una maggiore responsabilità sociale. D’altronde il trend è quello: le nuove norme europee, a partire dal Digital services act (Dsa), vincolano i colossi della Rete a condotte decisamente più scrupolose e attente nei confronti dei diritti degli utenti, soprattutto minori. Tuttavia, c’è chi sostiene che misure così drastiche come quelle introdotte dalla nuova legge australiana siano inefficaci senza un’adeguata educazione digitale.

Tra i principali vantaggi della legge vi è l’intento di salvaguardare la salute mentale e prevenire l’accesso a contenuti inappropriati. Questo approccio “proibizionista” invia un messaggio forte alle piattaforme digitali, richiamandole non solo al rispetto delle leggi ma anche all’osservanza di una maggiore etica aziendale.
Tuttavia, vi sono molteplici criticità da analizzare e fronteggiare. La legge della Terra dei Canguri si basa infatti su una fiducia totale nei meccanismi di verifica delle piattaforme, spesso facili da aggirare. Inoltre, i critici mettono in dubbio la sua efficacia, sottolineando che gli adolescenti potrebbero trovare soluzioni alternative, come l’uso di account condivisi o l’accesso indiretto. Un altro rischio è quello di spingere i ragazzi verso piattaforme meno regolamentate, aumentando l’esposizione a contenuti pericolosi.

La normativa australiana non è peraltro un caso isolato. Anche altri Paesi stanno adottando o considerando misure restrittive. In Cina, dal 2021, è richiesto un documento di identità per accedere ai social e viene limitato a 40 minuti al giorno il tempo del loro utilizzo su Douyin, la versione cinese di TikTok. La Francia ha approvato una legge simile a quella australiana che vieta l’uso dei social ai minori di 15 anni, ma molti giovani aggirano il divieto usando le Vpn. Negli Stati Uniti lo Utah ha provato a introdurre restrizioni per età all’uso dei social ma la Corte Suprema le ha giudicate incostituzionali. Spagna, Norvegia e Regno Unito hanno presentato o stanno meditando di presentare normative dello stesso tenore di quella australiana.

In Italia, la discussione è aperta, poiché si percepisce l’urgenza di intervenire per proteggere i giovani dai rischi di un uso incontrollato delle piattaforme digitali. Se ne discute sia alla Camera che al Senato dove sono state presentate ben 4 proposte di legge, di cui una bipartisan (Ac 1217 Richetti; Ac 1771 Sportiello; Ac 1800 Bonelli; 1863 Madia). Sul tema dell’educazione ad un uso responsabile dei social sarebbe preziosa un’ampia condivisione tra tutte le forze politiche, a prescindere dall’orientamento culturale, poiché le sfide che riguardano la sicurezza delle nuove generazioni nello spazio virtuale si situano in un orizzonte assai più vasto rispetto alla quotidiana dialettica maggioranza-opposizione: quello della crescita della cittadinanza digitale in tutte le sue dimensioni. Essere cittadini digitali vuol dire esercitare con equilibrio e disciplina i diritti garantiti dalla Costituzione e dalle leggi vigenti, alimentando una visione antropocentrica del rapporto tra uomo e tecnologie, nella prospettiva dell’implementazione di strumenti telematici al servizio della crescita umana e del benessere collettivo.

L’approccio australiano rappresenta un esperimento ambizioso, che potrebbe segnare un cambiamento globale nel rapporto tra giovani e social media. Tuttavia, per propiziare efficacemente la svolta di una evoluzione positiva e costruttiva del legame tra persone e ambienti virtuali sarà fondamentale bilanciare regolamentazioni stringenti con programmi di educazione digitale e di sensibilizzazione a partire dalle scuole dell’obbligo. Solo un approccio integrato potrà garantire che i giovani abbiano accesso a una Rete sicura e in grado di accogliere, includere e stimolare, nel segno della fiducia e della condivisione dei valori umani fondamentali.

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