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EDITORIALE

Garlasco, la sconfitta della società «civile»

Garlasco, la sconfitta della società «civile»

di Patrizia Ginepri

25 Maggio 2025, 10:26

Non c'è limite al cinismo. La sovraesposizione mediatica del cold case di Garlasco è ormai intollerabile per come viene trattata, al di là di una vicenda giudiziaria quantomeno aberrante. Una giovane donna, Chiara Poggi, viene uccisa nella villetta di famiglia, la mattina di una domenica d'agosto del 2007. Seguono indagini complesse, condotte oltre 15 anni fa, tre gradi di giudizio e una sentenza di condanna per Alberto Stasi, fidanzato della vittima. E ora, incredibile dictu, tutto viene messo completamente in discussione C’è un'impronta, ci sono gli scoop giornalistici, la folla si ritrova davanti alla procura di Pavia, tra flash, telecamere e telefonini. Non ci sono più il pigiama, la bicicletta, la tastiera del pc. Li hanno smaltiti nel 2022. E dopo anni, si decide di riaprire il caso, perché qualcuno sta raccontando una nuova verità e lo fa dopo diciotto anni di silenzio. Le indagini procedono rapidamente, ma dovranno reggere un processo, dove ci sono le difese che smontano, creano dubbi, fanno insomma il loro lavoro.
Non si tratta di essere innocentisti o colpevolisti nei confronti di Stasi, ciò che amareggia è la decadenza morale che ruota attorno alla vicenda.
Altro che gemelle Cappa (le cugine della povera Chiara) che ai tempi del delitto avevano fotoshoppato un'immagine per apparire sorridenti accanto alla vittima e finire sui giornali. Roba da dilettanti, il loro falso d'autore.

Oggi il «circo» di Garlasco è molto di più. E' una sorta di Twin Peaks in cui ciascuno ha trovato, quasi di diritto, una propria collocazione. Poco importa se congrua o meno, se ridicola o del tutto inutile. Non si bada più al rispetto di lutti e morti, ciò che importa è conquistare la scena. La cultura dell'apparire, oggi dilagante, legittima una passerella di avvoltoi, professionisti, esperti, tuttologi o semplicemente narcisi. I talk televisivi non parlano d'altro, sovrapponendosi a ogni ora del giorno, con il contributo di inviati che ripetono sempre le stesse cose e i saperi di volti più o meno noti che si improvvisano opinionisti. E' ricomparso perfino il plastico di Bruno Vespa. C'è chi, con questo caso, ci sbarca il lunario. La macchina è in corsa, accelera nel nome di una nuova verità. A dire la sua, c’è perfino l'ex paparazzo Corona. Lui non ha dubbi, ha prove certe riguardo al fatto che sulla scena del delitto vi fossero quattro persone. C’è soprattutto un supertestimone che rivela dettagli inquietanti (e per 18 anni ha taciuto). Nel frattempo si draga un canale e si trova un martello, si investono risorse. Una cosa è certa: chi ci guadagnerà, sfruttando l’attenzione morbosa della gente, saranno media, influencer, avvocati alla ribalta e pochi altri.
La verità va riscritta? Il punto non è questo, ma il mancato rispetto per le vittime di questa tragedia. C'è da chiedersi se qualcuno abbia pensato al dolore incommensurabile della famiglia Poggi, allo smarrimento di un padre e di una madre, che vorrebbero solo essere dimenticati, al disagio di un giovane che ha perso la sorella atrocemente, che ha ricominciato a vivere lontano da Garlasco e che ora viene di nuovo tirato in ballo, dopo 18 anni, perché amico del nuovo indagato, Andrea Sempio. Nessuno può davvero immaginare cosa significhi ripiombare nell'incubo, rivivere la sofferenza, la violenza continua delle immagini della vittima, della scena del delitto, del sangue a terra e sulle pareti, del chiacchiericcio di tanti figuranti. Non si sa come andrà a finire questa storia, sarà una dura battaglia, ma una cosa è certa: un grosso granchio è stato preso, o questo è avvenuto 15 anni fa o sta avvenendo ora. Ma ciò che indigna di più è che questa vicenda dolorosa, comunque vada, rappresenta comunque una sconfitta in una società che si definisce civile.

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