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editoriale

I vergognosi attacchi di Mosca al presidente Sergio Mattarella

Quei vergognosi attacchi di Mosca al presidente Sergio Mattarella

Sergio Mattarella, foto d'archivio

di Pino Agnetti

05 Agosto 2025, 12:15

Per la nostra Costituzione (di cui molti amano riempirsi la bocca spesso senza averla mai nemmeno aperta), il Presidente della Repubblica è il «Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale» (Art. 87). Ne consegue che è lui a incarnare lo Stato nei rapporti internazionali, il che implica ulteriormente che qualsiasi attacco mosso nei suoi confronti da una entità straniera (a maggior ragione se a sua volta statuale!) costituisce a tutti gli effetti un attacco mosso nei confronti dell’intera nazione e di tutti coloro che ne fanno parte. Vale a dire, contro ognuno di noi! Ridurre quindi gli attacchi divenuti ormai sistematici da parte delle autorità della Federazione Russa al Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, a una questione di mera contingenza «diplomatica» e come tale riconducibile agli alti e bassi della normale dialettica fra Stati, rappresenta innanzitutto un macroscopico strafalcione istituzionale.

In secondo luogo, il modo migliore e più diretto per spianare la strada (consapevolmente o no, nulla cambia) alla propaganda martellante con cui da anni e servendosi di ogni mezzo - a cominciare dai social - il Cremlino è impegnato a scambiare fra loro i ruoli fra aggressori e aggrediti. Ora, io ho troppo rispetto per la gloriosa nomenklatura russa per pensare che i suoi odierni esponenti (eredi alla lontana della stagione degli zar inaugurata ufficialmente nel 1547 da Ivan IV detto «il Terribile» e per discendenza stavolta diretta di quella dell’Urss) non conoscano l’Abc del loro stesso mestiere. Il ministro degli esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov, tanto per fare un esempio, ha iniziato la propria carriera 17 anni prima della Caduta del Muro di Berlino e ricopre il suo attuale posto (nominato da Putin) dal 2004. E volete che uno così si metta a parlare con «voce dal sen fuggita» a proposito del Capo dello Stato della terza potenza economica della Unione Europea, nonché una delle prime dieci in campo mondiale? Per la verità, Lavrov ha affidato da un pezzo tale compito alla sua funzionaria prediletta, Marija Zakharova: quella che di solito incarna - riuscendoci, va detto, magnificamente - la parte del «poliziotto cattivo», con il portavoce personale di Putin, Dimitrij Peskov, bravissimo a sua volta nei panni del «poliziotto buono». Ma pur sempre della «voce del padrone» (pardon dello zar), si tratta. E che voce! Otto giorni prima dell’inizio della invasione russa dell’Ucraina (24 febbraio 2022), la nostra si era fragorosamente scagliata contro quanti in Occidente davano l’aggressione per imminente. Avendo il cattivo vizio di prendere appunti e di conservarli, sono andato a rileggermi le beffarde dichiarazioni della signora: «Chiedo ai mass media della disinformazione di Stati Uniti e Gran Bretagna di annunciare il programma delle nostre “invasioni” per il prossimo anno. Vorrei infatti pianificare le mie vacanze». Ciò, dopo avere già scritto che «questi giorni passeranno alla storia come i giorni del fallimento della propaganda di guerra occidentale, umiliata e distrutta senza sparare un colpo!».

In realtà, da allora di colpi sull’Ucraina ne sono caduti fra missili, bombe, proiettili di artiglieria e droni mediamente fra i 4 e i 4,5 milioni all’anno. Mentre gli unici a finire «umiliati e distrutti» sono stati quegli analisti di ogni ordine e grado (generali inclusi) che ancora oggi imperversano sui talk-show e che all’epoca, in sincronia perfetta con le dichiarazioni di «Marija I di Russia», si erano altrettanto graniticamente detti certi che «Putin non attaccherà l’Ucraina». Loro sì umiliati e distrutti, ma non per questo minimamente disposti a cambiare registro come dimostrato dai persistenti deliri dei vari Orsini e compagnia che, dopo più di tre anni e con Putin capace di far saltare i nervi perfino a Trump, sono ancora qui a spiegarci con rabbiosa supponenza che la colpa di tutto è della Nato e di quei biechi guerrafondai della Ue (che poi saremmo di nuovo e sempre noi). Il che ci riporta al Presidente Mattarella, che non solo è il Capo dello Stato e come tale rappresenta tutti gli italiani (con il gradimento della stragrande maggioranza di essi, stando ai sondaggi che da 10 anni lo incoronano stabilmente come il politico di gran lunga più amato del Paese), ma pure la personalità più autorevole e unanimemente più apprezzata dell’intero panorama continentale. «Colpirne uno per educarne cento», come sono abituati a dire in Cina. E la Zacharova, che da figlia di diplomatici ha trascorso la propria infanzia a Pechino per poi laurearsi a Mosca proprio in sinologia (la disciplina che studia la cultura cinese nelle sue diverse fasi storiche), evidentemente ha imparato la lezione molto bene.

Tanto che il suo mirino di implacabile «sniper» del Cremlino inquadra non appena può il nostro Presidente, puntualmente inserito anche nella vergognosa «lista nera» dei peggiori «russofobi» in circolazione pubblicata di recente sul sito del Ministero degli Eserti di Mosca. Ultima, ma si può star certi per nulla conclusiva, puntata di una più generale offensiva della propaganda filorussa che proprio nell’Italia ha trovato e continua a trovare il terreno di conquista ideale. Non sono io a dirlo, ma tutti i sondaggi (l’ultimo risale al giugno scorso) condotti per sondare l’atteggiamento delle opinioni pubbliche europee sulla guerra in Ucraina. Capisco l’obiezione secondo cui nessuno è infallibile (se è per questo non lo è nemmeno il Papa, tranne che nei suoi «atti definitivi» concernenti una verità di fede) ed esente da critiche. Criticare il Presidente della Repubblica è, dunque, lecito? In uno Stato di diritto come il nostro dove (sempre per citare la Costituzione) la libertà di pensiero e quindi di critica sono espressamente previsti e tutelati, ovviamente lo è. Altrettanto ovviamente, però, nella misura in cui la critica al Presidente della Repubblica non trascenda nell’offesa personale. Il che, a ben vedere, non tutela solo il diretto interessato ma l’intera comunità nazionale che questi, come si è visto, rappresenta.

Dare del «russofobo» al Presidente Mattarella per avere egli condannato fin dall’inizio l’invasione russa di uno Stato libero e sovrano come l’Ucraina con l’immane catena di lutti e di distruzioni a cui ha dato luogo e che invece di diminuire non fa che aumentare, è cosa pertanto completamente diversa dal reato di «lesa maestà» sbandierato sarcasticamente dai nemici (non solo suoi, ma dell’Italia!) con cui abbiamo a che fare ogni giorno. Significa, piuttosto, colpirci direttamente e deliberatamente nella nostra stessa sovranità nazionale. E, nel caso di quanti dal «fronte interno» non reagiscono oppure reagiscono di malavoglia o addirittura applaudono (fatevi un giro su Facebook e su TikTok e scoprirete che ne siamo pieni!), suonare in anticipo la ritirata nei confronti di chi ha già ampiamente dimostrato di essere pronto a servirsi di qualsiasi mezzo pur di imporre la propria volontà di dominio sugli altri. Che è poi ciò che fa la differenza fra gli Stati guidati e rappresentati da un galantuomo, oppure da un mascalzone. Per cui, detto dalle colonne del giornale più antico d’Italia a quella kapò della Zacharova e a chi per essa, giù quelle mani grondanti sangue, rovina e inganno (dello stesso popolo russo) dal nostro Presidente. E a quest’ultimo, da 10 anni padre autentico e probo della nazione e della causa della pace oggi più che mai calpestata e a rischio, ancora una volta «grazie Presidente Mattarella» di un così alto esempio e di una così salda guida.

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