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Editoriale

La strategia americana ci impone un'alternativa

La strategia americana ci impone un'alternativa

di Augusto Schianchi

16 Dicembre 2025, 09:06

Il documento dell’amministrazione di Trump sulla nuova Security strategy degli Stati Uniti è stato ampiamente illustrato e commentato.
Il rapporto con la Cina è al centro dell’attenzione perché è problematico: Stati Uniti e Cina sono in concorrenza per la leadership globale, sono rispettivamente la prima e la seconda economia mondiale (a seconda di come le si misurano). Per questo sono naturalmente in concorrenza tra loro, con sempre in sospeso il non semplice problema di Taiwan, ambita preda della Cina, ma storico alleato degli americani. E luogo dove è localizzata la più grande produzione di microchip avanzati del mondo.
Peraltro, allo stesso tempo, Usa e Cina sono dipendenti l’uno dall’altra: la Cina produce, gli Stati Uniti ne compra i prodotti. All’origine, 50 anni fa, gli Stati Uniti sono stati i principali investitori nella capacità produttiva cinese, che adottava le tecnologie americano, ma che oggi mostra una propria capacità di produzione in autonomia (vedi le auto elettriche e batterie). Con i dazi introdotti dagli Stati Uniti in varie fasi successive per frenare il dumping cinese, finora a poco sono serviti. Se gli Stati Uniti smettessero d’importare dalla Cina, ci sarebbero due conseguenze.
La prima sarebbe il tracollo della produzione cinese, con una devastante depressione economica interna (già oggi in Cina i prezzi stanno scendendo per mancanza di domanda), disoccupazione dilagante con tutto il conseguente disordine sociale. In Usa, senza le merci cinesi sugli scaffali dei grandi magazzini, ci sarebbe l’esplosione dell’inflazione per scarsità dell’offerta, con conseguente crisi finanziaria. Usa e Cina assomigliano ad una coppia di fidanzati che non possono sposarsi perché nel loro intimo si odiano, ma non possono neanche lasciarsi perché hanno contratto un enorme mutuo a firma congiunta da rimborsare. Come idrogeno e ossigeno: separati sono infiammabili, uniti formano l’acqua che spegne gli incendi.
Secondo il documento, l’attenzione principale degli Stati Uniti, Cina a parte, è rivolta all’America Latina, la propria gemella continentale. Con un richiamo implicito alla dottrina Monroe del 1813, secondo lo slogan «l’America agli americani», con nessuna interferenza europea. L’America Latina, specialmente i due Paesi più grandi Brasile ed Argentina, hanno grandi potenzialità di sviluppo. Specialmente nella produzione alimentare e nei settori delle materie prime. Già oggi gran parte delle mitiche bisteccone consumate negli Stati Uniti sono di produzione brasiliana. Per non parlare della disponibilità di materie prime energetiche e terre rare. Venezuela e Cuba sono oggi i due Paesi «anomali», ma - dicono gli Americani - su quei Paesi «ci stiamo lavorando».
Con mossa a sorpresa alla Russia viene assegnata una posizione marginale, quella di potenza regionale, che deve confrontarsi con un’altra potenza confinante, ovvero l’Europa. Questa collocazione a fronte dell’aspirazione della Russia di un posto di prestigio nella triade globale (con Usa e Cina) al comando del mondo. Questa volontà di potenza è sostenuta dall’attuale andamento della guerra in Ucraina, aggredita nel febbraio del ’22, con oggi la Russia lanciata verso la vittoria. Ma è proprio l’affermazione di Putin (“Stiamo vincendo su tutti i fronti”) che suscita non poche perplessità. La marcia della Russia verso la vittoria è lenta e sanguinosa, altrettanto i problemi economici interni al Paese. Nonostante i 1000 missili che quotidianamente vengono lanciati sull’Ucraina. Dopo 4 anni di tentativi il Donbas non è ancora stato conquistato. La situazione economica deve registrare un calo nelle vendite di petrolio e gas del 22%. Il deficit di bilancio è al 3% (poco per gli europei), ma problematico per chi non può accedere ai mercati finanziari internazionali. Metà del bilancio viene speso per le forze militari, sicurezza interna e servizio del debito. Ne conseguono tasse più alte per i cittadini, tassi d’interesse a doppia cifra, e scarsità di forza lavoro (impegnato al fronte). Tra la gente (come raccolto da vari sondaggi) è diffuso un senso di stanchezza e di ridotto sostegno alla guerra. A gennaio la guerra in Ucraina avrà una durata maggiore della guerra contro i nazisti dal 1941 al ’45.
Per questo Trump sostiene una pace rapida con l’Ucraina, con la cessione alla Russia di tutto il Donbas, che - lo ricordiamo - contiene la principale roccaforte di difesa per tutta l’Ucraina, e finora mai conquistata dai russi. In cambio offrendo all’Ucraina una garanzia in sua difesa, nel caso di un futuro attacco da parte russa, del tipo dell'articolo 5 della Nato. Ma a questo punto, dopo tante oscillazioni della diplomazia americana, come ci si può fidare?
Il documento americano sulla Sicurezza nazionale ha enormi conseguenze: gli Stati Uniti si concentrano nel rapporto con la Cina; la Russia viene marginalizzata e viene demandata all’Europa la normalizzazione dei rapporti con la Russia medesima, ritornando al rapporto pre 2022, con un ritorno agli acquisti di petrolio e gas, che andranno a far riprendere lo sviluppo della Russia. In questo contesto, una parte dell’Ucraina verrà sacrificata, andrà a costituire uno stato cuscinetto, con garanzie esterne (Usa più Europa) sulla propria sicurezza. Una soluzione con l’apertura in parallelo alla ricostruzione dell’Ucraina, in cui le imprese americane faranno la parte del leone. Un obiettivo importante per un imprenditore immobiliare di mestiere.
Le conseguenze delle scelte strategiche americane avranno a loro volta delle conseguenze. Per gli alleati storici dell’America, a partire dall’Europa, questa nuova strategia cancellerà ogni dubbio sulla necessità urgente di dotarsi di una strategia alternativa, fondata sulla ricerca di una propria autosufficienza militare (in primis), e di un cambio strategico della politica economica. La produzione nazionale vada a sostegno anzitutto alla domanda interna (piuttosto che puntare tutto sulle esportazioni), con un liberatorio processo di deregolamentazione. Naturalmente deve seguire il rafforzamento della progressiva integrazione politica europea, in autonomia rispetto al resto del mondo. Nonostante la recalcitrante resistenza di qualche governo ancora appeso al concetto di sovranità nazionale, da tempo evaporata in un mondo globale.

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