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C'era una volta la locomotiva tedesca

C'era una volta la locomotiva tedesca

di Patrizia Ginepri

20 Dicembre 2025, 13:09

C'era una volta la locomotiva d'Europa. Dopo due anni di recessione, 2023 e 2024, l'economia della Germania non è riuscita neppure nel 2025 a riprendere slancio per sganciarsi dal rischio di stagnazione, rinviando al prossimo anno una possibile inversione di tendenza. Che ripercussioni può avere sulle imprese italiane questa crisi prolungata? Secondo un’analisi condotta da Confindustria, la correlazione fra l’andamento economico di Italia e Germania è significativamente diminuita nel periodo successivo alla crisi dei debiti sovrani, ovvero nel 2014-2019. Questo non significa ovviamente che le difficoltà di Berlino, in questo momento particolarmente evidenti, abbiano effetti trascurabili sulla nostra economia e su quella del resto d’Europa: la Germania rappresenta infatti più di un quarto (28%) dell’intera eurozona in termini di attività economica ed è il primo partner commerciale per l'Italia.

I numeri dell'interscambio tra il nostro Paese e quello tedesco sono significativi: 156 miliardi di euro nel 2024, nonostante una flessione del 4% rispetto all'anno precedente. In particolare, l'export italiano in Germania, trainato da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, ha raggiunto lo scorso anno quota 71 miliardi di euro, l'import è stato di 85 miliardi.

Lo scenario

La fase recessiva è iniziata nel 2023, anno in cui il Pil tedesco è sceso dello 0,3%. La differenza rispetto al decennio pre-Covid (2010-2019) è enorme. In quell’arco di tempo la Germania era riuscita a superare due gravi crisi, quella finanziaria del 2008-2009 e quella dei debiti sovrani del 2012-2013, con più vigore e velocità rispetto agli altri membri dell'Unione Europea, con un Pil che dal 2010 al 2019 è cresciuto del 16,9%. Oggi, a penalizzare l’industria tedesca, ci sono i rapporti stretti - o forse sarebbe meglio dire quelli che erano i rapporti stretti - con la Russia, soprattutto per quel che riguarda le forniture energetiche, ma anche la dipendenza dall’export verso la Cina e la scarsa diversificazione. Un esempio? L’automotive rappresenta il 20% del valore aggiunto manifatturiero, contro il 9% della Spagna, il 6% dell’Italia e il 5,5% della Francia. Il Gruppo Volkswagen ha chiuso il terzo trimestre del 2025 con un risultato operativo negativo per 1,3 miliardi di euro. Dopo sei trimestri consecutivi di profitti in calo, il primo produttore continentale ha registrato una perdita netta di 1,07 miliardi di euro contro l’utile di 1,6 miliardi di un anno fa, con un cash flow operativo 2025 prossimo allo zero. Il trimestre ha risentito dei dazi commerciali Usa e della ristrutturazione del marchio Porsche, che insieme hanno generato oneri straordinari per 7,5 miliardi di euro, tra svalutazioni di avviamento e riallineamento della strategia di prodotto. A questo si aggiungono i lanci dei veicoli elettrici caratterizzati da margini inferiori rispetto ai motori tradizionali, mentre incombe anche lo stop operativo per l’emergenza chip. Ill gruppo olandese Nexperia, infatti, ha assicurato di avere componenti sufficienti per mantenere in funzione gli impianti tedeschi nel breve termine, ma non esclude possibili interruzioni a breve. Va ricordato che Nexperia, già controllata dalla cinese Wingtech Technology, è al centro di un braccio di ferro tra Paesi Bassi e Cina.

La produzione industriale tedesca

Secondo l’Ufficio federale di statistica, in Germania ad agosto, industria, edilizia e fornitori di energia hanno prodotto il 4,3% in meno rispetto al mese precedente. Si tratta del calo più significativo dall’inizio della guerra in Ucraina”. Berlino ha visto la produzione industriale in rosso per otto degli ultimi dodici mesi. Il calo è concentrato nei settori che messi assieme costituiscono il cuore dell’industria esportatrice: industria automobilistica (-18,5%), produzione di macchinari e attrezzature (-6,2%), prodotti farmaceutici (-10,3%) nei prodotti informatici, elettronici e ottici (-6,1%)”. Questi settori pesano rispettivamente per il 17%, il 14%, il 9% e l’8% delle esportazioni tedesche, per un totale del 48%. Da agosto 2022 a agosto 2025 Berlino ha perso il 5% del suo potenziale esportatore. Tra crisi industriali, cambiamenti demografici e carenza di personale qualificato l’Istituto Economico Tedesco ha stimato che la Germania abbia un deficit di 400mila lavoratori. Mediamente, nel 2025, sta perdendo 10mila posti di lavoro ogni mese.


La partnership con l'Italia e con L'Emilia Romagna

L’analisi a livello settoriale aiuta a comprendere le dinamiche del rapporto fra industria italiana e tedesca. La correlazione export-produzione, seppur meno forte che in passato, resta significativa nell’automotive: la Germania è ancora un mercato di sbocco cruciale delle vendite italiane, soprattutto di parti e componenti per le produzioni tedesche. È elevata anche la sincronia nei comparti della gomma-plastica, della stampa e dei prodotti in metallo, che pure vendono all’estero soprattutto beni intermedi alle imprese.
In un recente incontro Marco Stella, vice presidente di Anfia e rappresentante di Confindustria Emilia-Romagna ha ricordato che “la Germania è un partner fondamentale e rilevante per l’economia nazionale e regionale sia in termini di investimenti, sia in termini di interscambio commerciale e quindi di vera integrazione produttiva delle filiere in molti settori chiave. Il 14% dell'intero export italiano verso la Germania è made in Emilia-Romagna. Si tratta di una quota rilevante trainata da 4.116 imprese esportatrici regionali”.

Nel 2024 la nostra regione ha esportato in Germania beni e servizi per 10 mld di euro (il 12% dell’export regionale) e importato beni e servizi per 8,6 miliardi (il 18% dell’import regionale). Il primo settore di riferimento dell’export verso la Germania è quello dei macchinari (2,1 miliardi) seguito dai mezzi di trasporto (1,3 miliardi), alimentari (1,2 miliardi), tessile-abbigliamento (1,2 miliardi). Una voce importante riguarda anche il settore delle piastrelle. Dalla Germania l’Emilia-Romagna importa principalmente macchinari, metallurgia, mezzi di trasporto.

Dal punto di vista degli investimenti bilaterali, le società emiliano romagnole che hanno unità produttive o controllano aziende in Germania sono ben 293, le imprese in Emilia-Romagna controllate da aziende tedesche sono 186. “Il rafforzamento delle relazioni tra i nostri territori – ha chiosato Stella - si deve inserire in una logica di rilancio della competitività europea, che rimane l’unica soluzione possibile per superare con successo le crisi e le incertezze che abbiamo di fronte”.

Per quanto riguarda la provincia di Parma, l'Ufficio Studi dell'Unione Parmense degli Industriali fa sapere che, nel 2024, l’interscambio commerciale tra Parma e Germania è stato di 2 miliardi di euro, con una flessione del 2% rispetto all’anno precedente.
Le esportazioni si sono attestate a 1,2 miliardi di euro, in calo del 7% rispetto al 2023 mentre le importazioni hanno raggiunto quota 772 milioni di euro (+6% rispetto al 2024). Anche nel primo semestre del 2025 l'export verso la Germania è risultato in crescita del 2% trainate dall'industria l’alimentare (34%), dalla meccanica ( 32%), e dalla farmaceutica (16%). Le importazioni sono aumentate dell'11%.


La rotta da seguire

«Il partenariato italo-tedesco è fondamentale per rilanciare la competitività europea - rimarca Jorg Buck, consigliere delegato della Camera di Commercio Italo-Germanica (AHK) e rappresentante dell'economia tedesca in Italia -. Oggi viviamo in un mondo in cui oggi si impongono dazi, è dove tutto è diventato più difficile per l'Europa. La concorrenza è agguerrita, la Cina procede con il suo piano di sviluppo tecnologico, ed è sempre più competitiva in settori cruciali dello scenario attuale. A questo si aggiunge la crisi energetica dovuta al conflitto di Russia e Ucraina e a quello in Medio Oriente”. Cosa serve per essere competitivi?

“Abbiamo le potenzialità per gestire bene il nostro futuro – assicura Buck - pur in presenza di criticità in particolare nel settore automotive, ma anche altri come chimica e farmaceutica sono sotto pressione in tema di competitività. A proposito di export dobbiamo semplificare le regole a livello europeo innanzitutto. Il tessuto è prevalentemente composto da piccole e medie aziende spesso familiari, che cercano di essere sempre innovative ma vanno sostenute per far sì che siano competitive. Faccio l'esempio più eclatante: in Italia e in Germania abbiamo i costi energetici più alti in Europa. Sarebbe utile affrontare anche il tema di un mercato energetico unificato a livello europeo, sfruttando le fonti che già abbiamo. La crisi pesa a livello di produzione industriale, il partenariato è caratterizzato fortemente su settori industriali e la contrazione è evidente e riguardo alle prospettive resta l'incertezza.

Serve un'azione comune su cui focalizzarci insieme. Ad esempio, sul tema della tema della decarbonizzazione. Rimane cruciale in futuro capire come ottenere un fattore competitivo su questa tematica. In sintesi: industria e sostenibilità per competere, e più investimenti sull'intelligenza artificiale. Abbiamo tanto potenziale, ma sono necessari finanziamenti sulle applicazioni nel settore industriale. E' un tema è molto importante su cui lavorare insieme. Non ultimo semplificare i regolamenti per facilitare il business”.


Jorg Buck
Consigliere delegato della Camera di Commercio Italo-Germanica (AHK) e rappresentante dell'economia tedesca in Italia.

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