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Le garanzie dei volenterosi a Kiev, poi la chiamata con Trump

Le garanzie dei volenterosi a Kiev, poi la chiamata con Trump

04 Settembre 2025, 18:48

BRUXELLES - Dopo il vertice alla Casa Bianca i volenterosi si erano ripromessi di fare in fretta sulle garanzie di sicurezza da dare all'Ucraina e in effetti, in meno di tre settimane, ci siamo. Volodymyr Zelensky vola a Parigi da Emmanuel Macron per l'ennesimo giro di tavolo, domani, co-presieduto con l'alleato britannico -- alcuni leader ci saranno in presenza, altri si aggiungeranno in remoto. Poi, tutti insieme, si collegheranno con Donald Trump. "Noi siamo pronti, l'Europa è presente all'appuntamento", dice il presidente francese nel cortile dell'Eliseo.

Gli ingredienti, a grandi linee, si conoscono. Primo: un esercito ucraino forte, quindi nessuna limitazione alla cooperazione con l'Occidente. Il tycoon non ha nessuna intenzione di foraggiare Zelensky gratis - spara cifre enormi erogate dal predecessore Biden ma sono numeri di fantasia - tuttavia è ben contento di vendergli armi, soprattutto se le pagano gli europei. Secondo: il Vecchio Mondo farà la parte del leone, con un mix tra 'boots on the ground' (fra chi ci sta) e garanzie sulla falsa riga dell'articolo 5 della Nato, vincolanti a vario titolo. Kiev non vuole più promesse vane, come in passato, ma tra qui a scendere nelle trincee spalla a spalla dovesse Mosca attaccare di nuovo ce ne corre e dunque le misure offerte potrebbero essere varie. Terzo: la fornitura da parte degli Usa del materiale strategico necessario a mettere a terra l'operazione (velivoli da trasporto, satelliti, intelligence, protezione aerea). Come verrà declinato il tutto nei dettagli, ancora non si sa con precisione.

Prima del vertice dei leader è la volta dei ministri della Difesa, per gli aggiornamenti operativi. "Gli Europei al momento stanno finalizzando il lavoro a livello di leader e dei capi di Stato Maggiore e domani, o subito dopo, avremo chiarezza su come potremo impegnarci, con i dettagli che vengono dagli Stati Uniti", ha detto il segretario generale della Nato Mark Rutte ricevendo il presidente estone. La Nato, ha precisato, è coinvolta nel processo "non perché abbia un ruolo nelle garanzie di sicurezza" ma per evitare che le risorse dell'Alleanza si "assottiglino troppo" e che possano sempre garantire "la sicurezza collettiva". "Gli Usa - ha concluso - sono seri, vogliono mettere fine alla guerra".

Il piano, detto questo, è vincolato al raggiungimento di un'intesa con la Russia, o per una tregua o per un pieno accordo di pace. Nessuno si sogna di mandare truppe in Ucraina mentre la situazione è ancora calda, semmai di rafforzare la mano di Zelensky nei negoziati col Cremlino. "Se vuole può venire a trovarmi a Mosca", ha ribadito sibillino Vladimir Putin (che he cercato di farlo fuori nei primi giorni dell'Operazione Militare Speciale) salvo poi aggiungere che è apparsa "una luce in fondo al tunnel". Insomma, serve sempre tenersi tutte le porte aperte. Trump ha annunciato che parlerà con lo zar "nei prossimi giorni" e ha ripetuto di "non essere contento" per come si stia comportando.

Ecco, sinora l'incognita non è stata tanto Putin - ha ben chiarito cosa vuole - quanto il presidente americano, ondivago sulla strategia da tenere. "Proveremo a parlargli di sanzioni", ha detto non a caso Zelensky da Copenaghen, dove ha incontrato i leader dell'area nord-europea. Se il presidente russo dovesse sottrarsi agli sforzi di pace, è il ragionamento europeo, sarà necessario aumentare la pressione, specialmente con misure restrittive ancor più pungenti (coinvolgendo l'America). Il primo ministro danese Mette Frederiksen, presidente di turno del format Nordic-Baltic 8, ha messo le cose in chiaro: "I capi di Stato e di governo discuteranno di come i Paesi nordici e baltici possano garantire ulteriore supporto all'Ucraina in prima linea e in sede negoziale", ha fatto sapere in una nota in vista dell'arrivo di Zelensky. Perché, appunto, siamo alla stretta finale, in un modo o nell'altro.

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