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«Questo periodo ci faccia riscoprire  l’essenziale della nostra esistenza»    

«Questo periodo ci faccia riscoprire  l’essenziale della nostra esistenza»    

di Egidio Bandini

14 Dicembre 2020, 11:46

Si avvicina il Natale e, in momenti come questi, quando si rischia di perdere di vista il significato della data che ha segnato il corso della storia, abbiamo intervistato il vescovo di Fidenza Ovidio Vezzoli. Il Natale del 2020 sarà forzatamente diverso da qualsiasi Natale degli anni scorsi, soprattutto per chi lo vivrà lontano dai propri cari, data l’impossibilità di potersi raccogliere in famiglia come è nostra tradizione. 
Quale potrebbe essere una sua indicazione per vivere comunque il Natale come giorno della nascita di Gesù, ovvero come messaggio di gioia e di speranza per la comunità cristiana e l’intera umanità?
«L’intensità di un rapporto di condivisione, di amore e di fraternità autentica non è mai proporzionale né alla frequenza, né alla immediatezza delle relazioni. La vera prossimità, che supera le distanze, è caratterizzata da tenerezza, umanità, umiltà e semplicità, di cui la parola e lo sguardo sono espressioni senza ipocrisia. Di fatto, la situazione che stiamo sperimentando, non in modo virtuale, fatta di limitazioni, di fragilità e di impossibilità a manifestare gli affetti più genuini e nella modalità più spontanea, ci pone davanti ad una domanda che non possiamo eludere né delegare ad altri: cosa è necessario? La mia vita a chi e a che cosa è legata? Perché vivo? Pertanto, se si tratta di un Natale diverso perché vengono meno alcune tradizioni che sono diventate abitudini scontate, affermo: ben venga! Solo in questo modo si può scorgere una possibilità altra di riscoprire l’essenziale dell’esistenza, ma anche della fede. Ha affermato con sapienza Papa Francesco: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla chiudendoci in noi stessi.” Non dimentichiamolo: ciò che rende il Natale un giorno speciale non è né la neve, né la tavola imbandita, né lo scambio di doni inutili, né gli auguri che suonano come stereotipe parole patetiche e ovvie. Il Natale è sempre un oggi particolare di grazia perché è il Natale del Signore; la Parola eterna di Dio si fa uno di noi in Gesù di Nazareth. Da questo momento non siamo più soli; l’Emmanuele, il Dio-con-noi è nostro compagno di viaggio in umanità, indicandoci la strada che porta alla pienezza di comunione con il Padre. Dio, nel suo Figlio Gesù è entrato nella nostra solitudine, ha preso su di sé tutte le nostre fatiche e contraddizioni, le nostre paure e i nostri perché, aprendoci ad una speranza più grande, che nessuna tribolazione può soffocare».
Stiamo vivendo un periodo doloroso, di angoscia e di timore. Dove trovare consolazione per chi è malato, per chi ha perduto una persona cara o anche per chi si sente smarrito a causa dell’incertezza per il futuro e della paura di non poter tornare agli affetti e alla vita precedenti?
 «Siamo nella notte. Questa metafora descrive bene la situazione in cui dimoriamo e che non possiamo misconoscere: saremmo solo cinici e stolti. I credenti, mediante la luce della Parola di Dio, nella notte della storia sono coloro che fanno da sentinelle vigilanti ed annunciano con la vita, che se anche oggi è la notte, la loro esistenza è protesa verso il giorno. Gesù in Gv 8,12 è eloquente nella sua parola di promessa: “Chi segue me non camminerà nella tenebra, ma avrà la luce della vita”. Vigilare nella notte significa credere che, comunque, questo è tempo di grazia perché è tempo di Dio. La notte ci ammonisce che c’è una dimensione dell’eterno che dobbiamo riscoprire. In tal senso, il Natale del Signore è luce che brilla nella nostra tenebra. È quella stessa luce che ha guidato i pastori, che nella notte, come narra l’evangelo di Luca, vegliavano sul gregge e li ha condotti verso la grotta rifugio in cui hanno trovato il neonato Gesù deposto in una mangiatoia. È la stessa luce che ha guidato i Magi sapienti che, al seguito della stella scoperta in Oriente, dopo lunga e faticosa ricerca, hanno trovato la consolazione e la speranza dell’umanità. È quella stessa luce di Pasqua che brilla nella notte del sepolcro e fa trionfare la vita sulla morte. Il profeta Zaccaria ci ricorda che siamo “prigionieri della speranza” (Zc 9,12) e non della paura né dell’angoscia che paralizza. Sì, oggi più che un tempo è necessario alzare lo sguardo dalle nostre miopie verso il cielo, ma non per rimuovere le paure, non per fuggire in modo irresponsabile dalla storia, ma per intravvedere una speranza più grande della nostra pochezza. La luce dell’evangelo del Natale del Signore illumina la grotta interiore del nostro cuore; ci invita a rialzarci e a ricominciare tenendo ben fisso lo sguardo su Gesù, fondamento di una speranza che non delude».
Quale augurio vuole rivolgere alla comunità diocesana di Fidenza, per l’imminente Santo Natale e per il nuovo anno?
«Più che un augurio è una benedizione che intendo invocare sulla comunità di Fidenza affinché, per la misericordia di Dio, cammini nella fedeltà agli impegni responsabilmente assunti; memore della sua storia e delle sue tradizioni le sappia trasformare in attenzione e prossimità verso i più deboli, come buon samaritano che si china sulle sofferenze dell’umanità; senza disattendere la verità e la giustizia, la compassione e la condivisione, non si stanchi di camminare nella ricerca dell’Unico necessario».
 

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