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Morto durante controllo, il procuratore: 'Aperto fascicolo ma al momento nessuna analogia col caso Floyd"

Morto durante controllo, il procuratore: 'Aperto fascicolo ma al momento nessuna analogia col caso Floyd"

23 Giugno 2020, 10:50

È giallo sulla tragedia avvenuta domenica pomeriggio a Fidenza. Un 63enne, abitante in città, Antonio Marotta, è morto durante un controllo della polizia stradale. L'uomo è stato fermato alla guida della propria auto perché era senza cintura di sicurezza. Quello che è avvenuto esattamente dovrà essere stabilito dalla magistratura. A quanto pare, durante il controllo, avrebbe dato in escandescenza e gli agenti avrebbero cercato di ammanettarlo. 
A quel punto però il 63enne si sarebbe accasciato al suolo colpito da un malore. Ricostruzione che non convince alcuni parenti dell'uomo, che muovono pesanti accuse e paragonano l'episodio ai casi di violenza dei poliziotti statunitensi. 

Riguardo la morte Marotta la Procura della Repubblica di Parma fa sapere questa mattina di aver disposto «l’apertura di un fascicolo» per fare chiarezza sulla dinamica dei fatti ma allontana - in una nota - le ipotesi avanzate da parenti della vittima di analogie con quanto avvenuto negli Stati Uniti con la morte di George Floyd 
«Il Procuratore della Repubblica - si legge nel documento - intende chiarire che sulla vicenda in esame viene disposta l'apertura di un fascicolo procedimentale teso ad accertare compiutamente l’esatta dinamica dell’accaduto ma che, nel contempo, non vi sono evenienze da cui desumere la fondatezza di quanto aprioristicamente riferito ad alcuni organi di stampa, nella parte in cui si è sostenuto che gli agenti operanti 'si sono permessi di ammanettarlo per futili motivi, buttarlo a terra e soffocarlo"».

La sorella di Cucchi: "Con l'arroganza al potere c'è la fine della democrazia"

 Il caso di Fidenza viene citato da Ilaria Cucchi in apertura del suo intervento su La Stampa nel quale parla dei rischi portati dall’arroganza del potere. Dopo aver letto del caso di Antonio Marotta a Fidenza «non riesco a non pensare a George Floyd ma, prima di lui, a Federico Aldrovandi, Riccardo Magherini, Vincenzo Sapia, Michele Ferulli, Riccardo Rasman e tanti altri». 
La sorella di Stefano Cucchi cita anche altri fatti recenti come quello di un ispettore di Polizia che ad Agrigento ha costretto due immigrati che avevano tentato la fuga da un centro di accoglienza, a schiaffeggiarsi. Ilaria Cucchi ricorda di aver imparato «mio malgrado, a conoscere e riconoscere l’arroganza del potere. Quella vera, di quello Stato che non risponde alle regole che si è dato e si sottrae alla responsabilità per la loro violazione». 
Lei crede nello Stato e nelle sue Istituzioni «ma ho bisogno di tanta forza per continuare a farlo», per non cedere a «cinismo e rassegnazione sempre più alimentati dalla mancata tutela dei diritti dei più deboli». Quando il potere si fa arrogante «ecco la fine della democrazia, il vilipendio della nostra Costituzione che quel potere disciplina e nobilita. Si inizia con la violenza delle parole che rimane impunita». L'unico argine a questa deriva degenerativa «è la lotta a difesa del principio fondamentale per il nostro Paese in base al quale la legge è e deve essere uguale per tutti». 

 

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