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Addio a Ponari, maestro di medicina

04 Marzo 2018, 12:07

E' morto l'altra sera il medico Oreste Ponari, classe 1933: aveva ricoperto l'incarico di primario della IV divisione medica dell'ospedale Maggiore. Siciliano di nascita ma a Parma da molti anni, Ponari è qui di seguito ricordato dal direttore del day hospital del Maggiore che è stato suo allievo.

GIUSEPPE FINZI

Nato ad Agrigento nel 1933, Oreste Ponari si laureò in Medicina e Chirurgia a Palermo nel 1957, con il massimo dei voti e la lode. Poco dopo la laurea salì a Parma, come assistente volontario del professor Carlo Bianchi, in Prima Clinica Medica, dove divenne poco dopo assistente di ruolo.

IL SODALIZIO CON DETTORI

Qui conobbe il prof. Anton Giulio Dettori, ed iniziò il loro indistruttibile sodalizio: Dettori alla clinica, Ponari al Laboratorio, a sviluppare le tecniche che li avrebbero resi famosi.

Alla fine degli anni '60 vennero fondate le Divisioni Mediche del rinnovato Ospedale Maggiore, e Dettori fu chiamato a dirigere la mitica «Quinta Medica». Volle accanto a se, come fidatissimo Aiuto, proprio Oreste Ponari, e sotto la loro guida non solo vennero curate schiere di pazienti, ma si formarono anche fior di medici, che negli anni sarebbero divenuti a loro volta primari e direttori di svariati reparti, a Parma, Langhirano, Brescia, Lecce, solo per citarne alcuni.

GLI ANNI ALLA 5ª MEDICA

Ponari era il responsabile della accoglienza e della selezione dei numerosi studenti che bussavano per essere presi nelle fila della «Quinta», ed è li che io lo conobbi, quando studente al quarto anno di Medicina, chiesi anch’io di essere accolto. Nei tre anni che mi fermai, sino alla laurea, vidi il reparto ed il suo laboratorio crescere e divenire famosi, ben oltre i confini di Italia ed Europa.

IL CENTRO EMOSTASI

Il «Centro emostasi» , cui Ponari dedicava le sue giornate, seguiva il gruppo di pazienti scoagulati più grande al mondo, ma di gran lunga. E la sua produzione scientifica si moltiplicava.

GLI STUDI DELL'ICTUS

Nel 1982 Oreste Ponari fu chiamato a dirigere la Quarta divisione medica dell’Ospedale Maggiore, e il sodalizio con Dettori giocoforza si sciolse. Ma non la sua fame di scienza e di ricerca, tanto che iniziò immediatamente a dedicarsi a una patologia allora poco studiata, anche se assai importante: l’ictus cerebrale. Raccolse centinaia di casi, scrisse decine di lavori scientifici, ed è lì che lo reincontrai, nel 1989, quando dopo anni di attività lontano da Parma, decisi di tornare nella mia casa natale, ed egli mi volle accanto a sé. Ero il suo allievo più giovane, e forse perché da poco avevo perso il padre, il rapporto che si sviluppò con lui fu qualcosa di speciale, che andava oltre alla devozione e all’amore professionale.

«ANDARSENE IN SILENZIO»

Lo accompagnai sino al momento della sua pensione, alla fine degli anni ’90, quando ormai per me si preparava una carriera simile alla sua. Egli mi lasciò con un saluto affettuoso, ed un insegnamento: “Quando giunge l’età, te ne devi andare in silenzio, senza rumore; devi deporre i tuoi strumenti, per dedicarti a qualcosa che non hai potuto adeguatamente seguire, a causa della tua professione”. E così fece, vivendo finalmente del Mozart che adorava, o delle mostre di pittura che gli allietavano l’animo, e dell’affetto dei suoi due meravigliosi figli, e soprattutto del nipotino Oreste, vera luce dei suoi occhi. Grazie professore, maestro di medicina, e di vita. La salutano con me i suoi allievi, Claudio Tonelli, Michele Tardio, Claudio Silvestrini. La aspettano lassù, dove l’hanno preceduta, Andrea Mombelloni ed Antonio Catamo.

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