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L'asparago Verdura da Re

L'asparago Verdura da Re

14 Maggio 2020, 09:06

Narrati e dipinti da grandi artisti,  gli asparagi fanno parte della storia della cucina, deliziosi figli della Primavera

«... a mandarmi in estasi erano gli asparagi, intinti nel rosa e nell’oltremare e la cui punta, finemente spruzzata di malva e azzurro, sfuma insensibilmente fino al gambo - pur segnato, ancora, dal terriccio della pianticella- con iridescenze che non appartengono alla terra. Mi sembrava che quelle sfumature celesti rivelassero le deliziose creature che si erano divertite a metamorfosarsi in legumi che, attraverso il travestimento della loro carne salda e commestibile, lasciavano scorgere in quei colori teneri d’aurora, in quegli accenni d’arcobaleno, in quello spegnersi di sere azzurre, l’essenza preziosa che io potevo ancora riconoscere quando, dopo che ne avevo mangiato a pranzo, giocavano per tutta la notte lo scherzo, poetico e grossolano come una fantasmagoria di Shakespeare, di trasformare il mio vaso da notte in una profumiera». 
Ed ora, come scrivere degli asparagi dopo questa pagina che Marcel Proust («Dalla parte di Swann», traduzione magistrale di Giovanni Raboni, «Meridiani Mondadori») dedica ad uno dei suoi piatti preferiti? 
Cosa dire poi, dopo avere visto i quadri di Eduard Manet: prima, il «Mazzo d’asparagi», quindi «L’asparago» con cui il pittore vuole a pari col committente che aveva pagato il primo più del dovuto, e lo fa accompagnandolo con un bigliettino: «Ne mancava uno al vostro mazzo?» (Georges Bataille dirà più tardi che «Questa non è una natura morta come le altre. Morta, sì, ma al contempo vivace».) 
Allora, tornando all’asparago, si potrà ricordare che la sua origine è in quella culla della civiltà, per alcuni lì era anche il Paradiso terrestre, che fu la Mesopotamia. Poi, secondo un itinerario ben noto, lo conobbero Egizi, Greci, Romani che, in parti uguali, lo amarono e detestarono -e questo destino lo accompagnerà fino a noi. Per associazione visiva fu considerato simbolo di fertilità, manifestazione di Satana, infallibile afrodisiaco; poi diuretico, depurativo, buono contro le artriti e financo contro la gotta, malattia da nobili aristocratici e ricchi prelati che ne diventarono ghiotti e quasi esclusivi consumatori. Con loro il gottoso Re Sole, per cui furono «verdura da re» e ricercata primizia primaverile al centro dei pranzi più importanti -si capirà poi che gli asparagi sono ricchi di acido urico i cui cristalli, depositandosi nei tessuti, sono la prima causa della malattia. 
Resta però intatto il piacere di mangiarli e di discutere su quali sono i migliori: il bianco, raccolto ancora sottoterra e turgido, dolce, delicato; o il verde che, uscendo dal terreno, ha preso colore per fotosintesi clorofilliana ed è sodo, dal sapore marcato; o il violetto quasi fruttato, con una nota vegetale molto delicata; o l’asparagina, la varietà selvatica verdissima, sottile, leggermente asprigna e amarognola? 
Tanti colori, diverse personalità e sapori: a tutti verrà tagliato il gambo per togliere la parte legnosa, il resto andrà sbucciato per eliminare le parti esterne più dure, facendo attenzione a non rovinare la punta. Sciacquati in acqua fredda, cotti in acqua bollente ben salata o al vapore, passati in acqua ghiacciata per preservarne il colore. Senza raffreddarli per goderseli con olio leggero e pepe bianco, altrimenti andranno ancora cucinati. 
Quelli selvatici in frittata su cui, alla fine, aggiungerete un cucchiaino di brodo caldo o una mezza nocciola di burro e un pizzico di prezzemolo tritato; quello verde passato in padella con burro, Parmigiano e ricoperto con pelle di latte che si forma sul latte bollito; quello violetto in padella con cape sante; quello bianco, forse il migliore di tutti, al cartoccio con olio, sale e pepe. 
Beveteci insieme un buon sauvignon: per restare a casa nostra, quello di Camillo Donati ha eleganza e personalità, meglio se affinato qualche anno. Oppure «il Vizio», sorprendente vino bianco dal colore aranciato a base di albana locale di Carlotta Cattani.

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