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E gelato sia: degustazioni che stupiscono

E gelato sia

di Andrea Grignaffini

03 Agosto 2023, 11:59

La parola «gelato» è universalmente conosciuta e identitaria di un prodotto unico, di momenti legati ai primi approcci col cibo di ognuno di noi, ai ricordi più nitidi, ai sorrisi e alla felicità che, per natura ossimorica, solo un alimento effimero e scioglievole come il gelato sa dare.

Nemmeno la parola inglese ci restituisce questa natura, sembra quasi che non si sappia cosa voglia esprimere il termine «ice cream» (chi l’ha mai vista una crema, che per natura sua ha una texture mobile, completamente di ghiaccio, che per sua natura è solido). Il gelato è sempre stato un elemento «individualista», un rapporto diretto, una corrispondenza biunivoca tra l’elemento e chi lo mangia. Ci si lascia cullare dal suo impatto fresco e dalla sua natura scioglievole sapendo già cosa ci aspetta in termini di texture, di finale morbido e dolce.

Ci solleva dal dover troppo pensare e ci fa rilassare nel suo gusto «materno» di dolcezza. Ma il gelato nella storia ha avuto ruoli all’interno di una esperienza gastronomica tanto da essere messo alla metà di un pranzo per «frustare lo stomaco fiacco». Da qui l’idea di una giornata di degustazione al Capolinea di Reggio Emilia del gelatiere Simone de Feo con Ciro Fontanesi, coordinatore ALMA Wine Academy e Fulvio Vailati Canta, Chef docente ALMA, in cui si propone un menu con varie tipologie di gelati avendo come obiettivo quello di scardinare l’individualità di approccio al prodotto, giocando con le texture, le densità, gli accostamenti vegetali e fluidi.

Gelato alle ostriche e tè verde Longjing Xihu (raccolto primavera 2023).
Il gelato apre su tonalità di salsedine e di scoglio (avendo usato ostriche concave) e chiude con morbidezze e senza troppa tensione. Il tè verde con la sua temperatura dona scioglievolezza, abbassa i toni finali morbidi per far ricordare al nostro palato la sapidità di mare. Il finale è asciutto e ritorna perfettamente il prodotto di partenza: l’ostrica. Il consiglio è di gustare una buona quantità di gelato con un cucchiaio, lasciarlo leggermente sciogliere in bocca e successivamente un sorso di tè verde.

Gelato al cappero e kombucha al caffè.
Dopo un antipasto è tempo di un primo piatto. Cappero e caffè è ormai un abbinamento consolidato, la morbidezza del gelato pone un accento su una sensazione amidacea quasi fosse un riso. Il kombucha offre slanci acido sapidi e aperture agrumate-fruttate grazie ad un caffè Etiopia di Lady Cafè.

Gelato al peperone arrostito, olio EVO dei Monti Iblei e foglia d’ostrica.
Alziamo la soglia di attenzione su un abbinamento che vede stratificazioni di densità in bocca e tempi di persistenze e reazione degli elementi diversi. L’idea è quella di assaggiare il gelato (un buon cucchiaio), successivamente fare un sorso di olio EVO ed infine mangiare una foglia d’ostrica. La costruzione del gusto che avviene in bocca passo dopo passo è sorprendente e sfocia nella deriva gustativa di un gazpacho di mare rinfrescante e mediterraneo. Il gioco delle densità in bocca, la stratificazione ed infine la «velocità» rinfrescante che impone la foglia d’ostrica nel finale creano un nuovo gusto che possiamo definire pulito, mai stucchevole, gastronomico.

Gelato al peperone arrostito, olio EVO del Garda, borragine e menta glaciale.
Stessa materia prima di partenza del precedente ma con una visione non più mediterranea ma continentale. La sequenza è esattamente quella descritta qui sopra con le due erbe aromatiche da gustare una dopo l’altra. In questo caso la costruzione del gusto vede come protagonista un finale che ricorda la sensazione della fragola (una sorta di stacco da una seconda portata con l’intento di servire un pre-dessert).

Granita alla mandorla e Chemex di caffè Etiopia.
Contrasti chaud-froid per un abbinamento rilassante in cui si intersecano due classici mediterranei.

Gelato alla yogurt, kombucha al lampone e origano cubano.
Gioco di colori e consistenza grazie alla croccantezza dell’origano cubano.

Panettone, gelato allo zabaione e imperial stout
La golosità finale e il picco della parte «dolce» per una chiusura che ci fa riappropriare del tempo in un gioco di dolcezze, torrefazioni profonde che si allungano in un ricamo infinito.

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