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C’è una cortina sottile, sottilissima, a separare il mondo dei vivi e il mondo dei morti in Paranormasight: The seven mysteries of Honjo, la visual novel pubblicata da Square enix per Pc e Nintendo switch che traspone antiche leggende in un’intrigante avventura dove la quarta parete si dissolve per catturare il giocatore in un’intricata rete di strani accadimenti. Poco o nulla è come pare e a mantenere alta l’attenzione - e la tensione - contribuisce la scelta di far impersonare a uno a uno i vari personaggi del videogame, ciascuno in grado di offrire il proprio punto di vista su una realtà sfaccettata, dai forti chiaroscuri e dalle spesse ombre. Ed è solo combinando le tessere del mosaico di elementi che ci si può avvicinare al quadro completo. Siamo negli anni Ottanta dell’epoca Showa, a Sumida, uno dei quartieri speciali di Tokyo che in passato si chiamava Honjo, quando ospitava soltanto poche case circondate dai campi e il viaggiatore diretto verso la capitale all’imbrunire cercava di allontanarsi il più velocemente possibile da un luogo così sinistro e spettrale.
In Paranormasight proprio Sumida diventa teatro del rinvenimento di pietre dai terribili poteri: possono innescare, garantendo l’impunità, una catena di delitti tramite cui attivare un occulto rituale capace di riportare in vita i defunti, ponendo di fronte alla decisione disumana su chi sacrificare per attuare il desiderio di rivedere chi non c’è più. Forse, però, non è inevitabile scendere per la china della sopraffazione per sporcarsi le mani di sangue ed è lasciata un’altra via per risolvere i sette misteri di Honjo, attorno ai quali sembra ruotare anche il rito della resurrezione. A indagare sono un impiegato coinvolto da un’amica appassionata di paranormale, due detective sulle tracce di un serial killer, una madre che non si dà pace per la perdita del figlio, una studentessa delle superiori che vuole sapere perché una sua coetanea si è suicidata… Dolore, spirito di rivalsa, voglia di vendetta, affetti spezzati: ci si immedesima facilmente con questi alter ego digitali, la cui espressività comunica in maniera efficace una variegata gamma di emozioni e di sentimenti.
I SETTE MISTERI
Pur essendo la loro origine remotissima, è nel periodo Edo che tante leggende intrise di soprannaturale vengono codificate in racconti e dipinti, i quali hanno consegnato all’immaginario nipponico l’aspetto degli yokai, spiriti che possono rivelarsi nemici o amici degli uomini, e le scene salienti dei Sette misteri di Honjo, diventati le Sette meraviglie di Honjo in uno spettacolo itinerante di teatro Rakugo e negli ukiyo-e del pittore Kuniteru Utagawa III. Nel 1937 l’opera venne adattata in un film diretto da Shinko Kimura, seguito nel 1957 dal remake girato da Goro Katano. La raccolta di testi - dove il numero sette assume un significato più simbolico che quantitativo - attinge anche a motivi derivati dal classico della letteratura cinese Il viaggio in occidente. Storie di paura che affascinavano e spaventavano in secoli in cui le persone comuni facilmente non si spostavano mai dal loro luogo di nascita ed era impossibile verificare ciò che accadeva altrove, con il proliferare di narrazioni mirabolanti su incontri con creature fuori dall’ordinario. Nell’Ottocento della razionalità, il professore di filosofia Inoue Enryo (1858 - 1919) cercò di fornire una spiegazione basata sull’evidenza scientifica per smontare tante superstizioni, la cui popolarità subì un tracollo. Si dovette aspettare il secondo dopoguerra per il risveglio dell’attrazione verso quei fenomeni dietro i quali i giapponesi vedono l’operato di yokai e affini. Avvenne a partire dal 1959 grazie a un manga, Kitaro dei cimiteri (GeGeGe no Kitaro) di Shigeru Mizuki, ripetutamente trasposto in anime, live-action e videogame.
A SPASSO PER SUMIDA
L’artista dietro l’efficace stile grafico di Paranormasight: The seven mysteries of Honjo è Gen Kobayashi, che ha lavorato a vari titoli Square enix, in particolare - insieme a Tetsuya Nomura - a The world ends with you, che si svolgeva a Tokyo, in una versione di fantasia dell’odierna Shibuya, il quartiere dello shopping e della cultura giovanile. Poco più nord-est si trova Sumida, di cui Paranormasight ricostruisce alcuni luoghi legati alle leggende dei Sette misteri di Honjo. Come già era successo con la visual novel Root letter, realizzata con il supporto della prefettura di Shimane, dove il gioco di Kadokawa games (edito da PQube) era ambientato, Paranormasight ha ottenuto la collaborazione dell’ufficio turistico di Sumida che, in occasione del lancio, ha pubblicato sul suo sito ufficiale una mappa con la quale intraprendere un itinerario contrassegnato dalle tappe vere associate ai fantasmi degli episodi illustrati da Kuniteru Utagawa III: nel titolo Square Unix diventano i nodi di una matassa da districare incrociando le informazioni desunte dai dialoghi con i personaggi e l’aiuto di un narratore piuttosto criptico. Man mano che si procede, si sbloccano le annotazioni sul background della vicenda, tra storia e folclore, sullo sfondo dei mitici anni Ottanta. Un decennio suggellato dagli incubi cyberpunk del film Tetsuo, prima dell’arrivo al cinema, a fine anni Novanta, di Ringu, catalizzatore di una nuova ondata di interesse per l’horror nipponico, di cui “Paranormasight” reinterpreta ora magistralmente motivi e stilemi ancorati a tempi remotissimi.
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