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SONIC ORIGINS PLUS (Sega, per Pc e console)
La raccolta definitiva su Sonic, il grande classico di Sega quando la casa giapponese era ancora l’altra metà del cielo del divertimento elettronico, nei primi anni ‘90 condivisi con Nintendo? Qualcosa di simile. Di sicuro una ghiotta occasione per i nostalgici di quell’epopea a 16-bit che decretò tra i grandi protagonisti proprio il velocissimo porcospino blu, in grado di rivaleggiare con l’eclettico Super Mario su più piani, dall’idea di mascotte all’interpretazione di un genere simbolo dell’epoca: i platform. Lo spunto stavolta arriva non tanto dal clima revival del retrogaming, ma dall’effetto cinema. Negli ultimi anni sono stati dedicati a Sonic ben due film, capaci di registrare buoni incassi ai botteghini. Sonic origins plus è la nuova compilation per computer e console che aggiunge ai fasti del Mega drive, rappresentati dalla trilogia delle meraviglie Sonic the Hedgehog (1991), Sonic the hedgehog 2 (1992), Sonic the hedgehog 3 & Knuckles (1994) con in più la parentesi di Sonic CD (1993), un raro focus sul Game gear, la console portatile di Sega dove apparvero i dodici titoli racchiusi nella riedizione Plus: Sonic the hedgehog, Sonic the hedgehog 2, Sonic chaos, Sonic triple trouble, Sonic spinball, Sonic blast, Sonic labyrinth, Dr. Robotnik’s mean bean machine, Sonic drift, Sonic drift 2, Tails’ sky patrol e Tails Adventure. Si tratta in certi casi di variazioni sul tema dello spin-off, come per i racing Drift o per il puzzle Dr. Robotnik, per il flipper Spinball o per l’omaggio a Marble madness di Labyrinth. Rispetto al nucleo della raccolta, che oltre alla riproposizione dei vecchi titoli così com’erano offre per i classici del Mega drive le versioni aggiornate Anniversary appositamente riviste e corrette con un sacco di extra, la selezione Game gear si limita a un salto nel passato puro e semplice. In realtà le vere innovazioni di Sonic orgins plus riguardano ancora le hit del Mega drive, per le quali viene introdotta adesso la possibilità di affrontare i livelli usando eccezionalmente il personaggio di Amy, la fidanzatina di Sonic, che insieme all’accento sul girl power vanta uno stile di gioco tutto suo.
PROCESS OF ELIMINATION (Nis America, per Playstation e Switch)
Come se Danganronpa, la celebre serie di Kazutaka Kodaka in cui gli studenti di una scuola superiore si ritrovano a eliminarsi vicendevolmente spinti da un’entità oscura, si incontrasse con i gialli di Edogawa Ranpo, lo scrittore giapponese di mystery che tanto ammirava l’opera di Arthur Conan Doyle e di Edgar Allan Poe: Process of elimination fin dal titolo fa riferimento al meccanismo della logica che porta a lavorare per sottrazione, togliendo dal tavolo a una a una le ipotesi dimostratesi alla prova dei fatti fallaci per arrivare alla soluzione dell’enigma. Il linguaggio è principalmente quello di una visual novel, dove i dialoghi forniscono molta materia all’indagine, che mette di fronte a classiche situazioni, come il mistero della camera chiusa. A ricordare Dangaronpa è anche il folto cast di personaggi. Il protagonista di Process of elimination, sviluppato da Nippon ichi, è un adolescente che si risveglia su un’isola dopo essere stato individuato per le sue qualità come prossimo membro di una squadra molto speciale, un club di detective chiamato a investigare su un serial killer imprendibile, per fermarlo prima che mieta ulteriori vittime. Il problema è che presto si scopre che qualcuno nell’alleanza non è chi finge di essere, compiendo un doppio gioco dagli esiti potenzialmente letali per i colleghi. Nel sodalizio, che comprende in tutto quattordici componenti, nessuno conosce la reale identità dell’altro e ci si chiama con un soprannome, eloquente delle caratteristiche di ciascuno. Se le meccaniche sono infatti quelle tipiche del metodo deduttivo, si devono raccogliere indizi da passare al vaglio, ma non tutti gli investigatori hanno le medesime capacità. C’è chi è più abile nell’analisi dei dati, chi più acuto nello scovare elementi decisivi, chi più dotato di empatia, chi provvisto di un sapere enciclopedico. Sta al giovane, detto “detective incompetente” per il suo essere alle prime armi, cogliere di volta in volta dove convogliare le forze, in una gara contro il tempo che, come in Dieci piccoli indiani, rischia di rimanere con il solo assassino libero di continuare la sua scia di sangue, mentre coloro che dovevano arrestarlo cadono uno dopo l’altro.
MONSTER MENU: THE SCAVENGER’S COOKBOOK (Nis America, per Playstation e Switch)
Un’avventura dungeon crawler roguelike, che è anche un survival, uno strategico gdr e, sorprendentemente, pure un gioco di cucina, sia pure utilizzando come materia prima ciò che a certe profondità, scendendo di cunicolo in cunicolo, si può trovare. E non si tratta dei tipici ingredienti che si usano di solito ai fornelli. I personaggi di Monster menu: The scavenger’s cookbook, sviluppato da Nippon ichi, sono completamente personalizzabili, ma tutti a loro modo graziosi, il che stride parecchio con la voracità con la quale si avventano sui cadaveri dei mostri appena sconfitti, trasformati in lauti banchetti per ripristinare immediatamente le energie perdute. Fame e disidratazione sono due pericoli sempre incombenti, che possono velocemente far soccombere, ma si può scegliere in alternativa di aspettare per trovare successivamente nell’intorno ciò che può essere utile da mettere in pentola o nella padella. Se nel sottosuolo è un classico l’accurata gestione delle risorse per essere in forze e riuscire a combattere gli avversari, in Monster menu il tema assume sfumature diverse, delle quali ci si rende maggiormente conto se si arruola il cuoco nella nostra compagnia. Le sue ricette stravaganti possono fornire proprio ciò di cui si ha più bisogno, per aumentare le possibilità di difesa o potenziare gli attacchi. Partendo dal presupposto che in Monster menu quasi tutto è edibile, adottare una tecnica di cottura invece di un’altra influisce sulle qualità del piatto, trasformabile magari in una sorta di pozione portentosa. Si sperimenta, si prova, ci si impratichisce a indovinare il risultato finale, cercando di soddisfare pure il palato e aumentare il livello di felicità. Abbondanza di carne, o di viscere, associata al riso sono una nutriente leccornia, ma scavando a fondo nel terreno si possono afferrare anche più o meno succulenti insetti per una frittura proteica o ancora fare il pieno di larve per una versione mostruosa di un piatto di pasta, ma si possono pure assaggiare lasagne sui generis e una misteriosa torta gelato. Il tono è un po’ da umorismo nero, per un divertissement su ciò che generalmente suscita raccapriccio. I non schizzinosi riusciranno comunque a guadagnare virtù nascoste da manicaretti in apparenza decisamente disgustosi.
GHOST TRICK: DETECTIVE FANTASMA (Capcom, per Pc e console)
Provare a cancellare il senso di rimpianto grazie al potere di cambiare il passato: ma Sissel, che scopre di essere morto vedendo il proprio cadavere gettato in una discarica di rifiuti, ha solo poche ore, prima che arrivi l’alba per risolvere il mistero della propria fine e soprattuto capire qualcosa di sé, avendo dimenticato tutto. Il cult Ghost trick: detective fantasma, a oltre dieci anni dall’uscita sulla console portatile Nintendo ds, è tornato in versione rimasterizzata in hd, venendo così incontro alle tante richieste dei fan, oltre a mirare all’obbiettivo, come sempre in operazioni di questo tipo, di coinvolgere una nuova platea di appassionati. Ghost trick: detective fantasma è una creatura di Shu Takumi, il papà dell’acclamata serie Ace attorney, che ha collaborato con Atsushi Maruyama per il remake prodotto da Shingo Izumi, già al lavoro per Capcom sulla serie Monster hunter. Giallo coinvolgente pieno di svolte, dove quello che appare non è quello che è e viceversa, Ghost trick: detective fantasma interseca due piani d’azione, che si alternano fornendo elementi utili all’indagine. C’è la realtà dove giace il corpo di Sissel, il quale si accorge dello stato di pericolo di alcune persone e sa che ha una manciata di minuti per salvarle, modificando il corso degli eventi. C’è però anche un’altra sfera, accessibile unicamente ai trapassati ed è qui che il fantasma di Sissel impara a muoversi agevolmente a caccia di ciò che gli può essere utile per invertire il destino degli altri personaggi e far luce sulla propria sorte. Il cast, eccentrico e coloratissimo, comprende un simpatico volpino. Oltre alla grafica, che nel restyling ha guadagnato fluidità, caratterizzata dal nitore delle ambientazioni, dove ogni dettaglio acquista un significato, e dal tocco ironico riservato ai tratti dei buoni e dei cattivi che si aggirano su questo palcoscenico esistenziale, ad aver conquistato il cuore degli aficionado era stata la colonna sonora d’atmosfera firmata da Musakazu Sugimori (i primi Ace attorney e Viewtiful Joe), ora riarrangiata da Yasumasa Kitagawa con l’aggiunta di un brano inedito dello stesso Sugimori.
LOOP8: SUMMER OF GODS (Marvelous, per Pc e console)
Un tuffo negli anni Ottanta, che evidentemente a tutte le latitudini hanno lasciato un segno nell’immaginario. È infatti questo il periodo scelto dallo studio giapponese Marvelous per ambientare Loop8: Summer of gods, racconto di formazione sotto forma di un gioco di ruolo che accompagna come dentro un anime, creato dagli autori con lo sguardo attento all’animazione nipponica esportata oltreoceano, sia pure con uno scarto rispetto alla trasmissione originaria sulle tv del Paese del sol levante, per cui non è che i coetanei statunitensi si appassionassero alle stesse cose dei loro corrispettivi giapponesi. C’è un po’ il tema del rispecchiarsi nella propria cultura e di come la vedono gli altri, fermo restando il riconoscimento dell’importanza che i cartoni animati giapponesi hanno avuto pure quali ambasciatori della patria dei manga. In Loop8 l’arrivo di un ragazzo in un’amena comunità rurale scatena l’imprevedibile. Siamo nell’agosto del 1983 e il giovane si trova a dover combattere i Kegai, temibili demoni che minacciano la sopravvivenza della tranquilla e pittoresca località costiera. Dotato dell’abilità singolare di poter viaggiare nel tempo e di potere così incidere sul futuro, il protagonista torna ripetutamente indietro, cercando di modificare questo o quell’aspetto per verificare cosa non abbia funzionato e perché. Per non soccombere ai colpi del male, si deve riuscire a sconfiggerlo, con l’aiuto di alcuni amici. Intanto, ci si immerge nella ricca stratificazione di miti e leggende del Giappone, cogliendo il momento in cui ancora tanta architettura tradizionale si ergeva nei centri urbani, prima che venisse progressivamente spazzata via. Per effetto inoltre di eventi catastrofici, come gli tsunami, l’edilizia abitativa dai terreni pianeggianti si è sempre più spostata sui declivi collinari, verso l’entroterra, come nel caso del paesino dove capita all’improvviso Nini, generoso e altruista, spontaneamente propenso a coltivare le relazioni umane Loop8: Summer of gods offre anche una full immersion tra i colori, la mentalità, gli usi di un Paese, visto dalla prospettiva di studenti adolescenti che si affacciano all’età delle decisioni per la vita.
PUZZLE BOBBLE EVERYBUBBLE! (Inin, per Nintendo switch)
Trent’anni - che per un videogame sono un’eternità, stante anche l’evoluzione tecnologica cui si è assistito in queste tre decadi - e non sentirli proprio per niente. Perché Puzzle bobble everyblubble! si presenta rinnovato, ma mantiene intatto il fascino del primo Puzzle bobble, sviluppato e pubblicato nel 1994 da Taito, ispirato a Bubble booble (1986) del prematuramente scomparso Fukio MTJ Mitsuji, uno degli arcade più di successo di sempre. Puzzle booble ne è diventato un sequel di culto, un classico capace di raccogliere schiere di appassionati attratti da quel connubio di grafica manga, musica ipnotica e abilità logiche che si ritrovano intatte in questa riuscita riproposizione dello spirito del titolo originale. L’arsenale a disposizione si è comunque notevolmente ampliato, all’insegna della varietà e di una stravagante bizzarria. I draghetti protagonisti sono diventati quattro. A Bub e Bob si sono infatti aggiunte le draghette Peb e Pab. È stata inoltre introdotta una modalità storia che guida con la sua trama alla conquista di livelli sempre più complessi, mentre l’orologio incalza, le bollicine da far scoppiare aumentano e, ogni volta, l’obiettivo della missione cambia un po’. Non sempre, per esempio, si devono eliminare tutte le sfere colorate: basta riuscire a liberare i piccolini rimasti intrappolati. La lotta è comunque contro il tempo, perché le micidiali palline continuano a scendere, fino a bloccare qualsiasi azione. Ci si può sfidare online con un compagno casuale oppure in una sorta di competizione con sé stessi, accumulando di partita in partita un punteggio con il quale scalare la classifica mondiale. Divertimento assicurato pure con il co-op che consente fino a quattro giocatori in locale, per collaborare insieme unendo le forze oppure per disputare match due contro due, a coppie.
GHOSTPIA SEASON ONE (Pqube, per Pc e Switch)
Una bambina sola e isolata in una strana città popolata da più di mille fantasmi, circondata da un paesaggio innevato. Un microcosmo diventato una prigione per Sayako, che non è come gli altri abitanti e vuole solo tornare a casa, ma non le viene data la possibilità. Il titolo
allude a una sorta di utopia sorta per ospitare queste evanescenti creature, una comunità che dovrebbe essere ideale però tale non è. L’arrivo di una nuova ragazzina, che diventa coinquilina di Sayako, altera gli equilibri, perché stavolta si tratta di un’entità eterea, ma è in aggiunta al numero chiuso dei residenti già raggiunto. Per Sayako si rivela sempre più importante capire dove si trova e perché, per uscire da questo sogno/incubo, narrato con il linguaggio di una visual novel o meglio, come preferiscono definirla gli sviluppatori dello studio giapponese Chosuido, di una denshi graphic novel, per dare maggior enfasi all’aspetto grafico della narrazione multimediale, qua e là attraversato da sfarfallii dell’immagine e interferenze, a rievocare, con un tocco di nostalgia, il passato. In sintonia con questa opzione estetica, anche la modalità di tornare indietro nel tempo come se si riavvolgesse il nastro di una videocassetta. Nel rispetto dei canoni del genere, si leggono soprattutto molti dialoghi, qualche volta scegliendo la risposta, che determinerà l’approdo a uno dei finali multipli del racconto. Al fascino dell’avventura contribuisce l’atmosfera ovattata, con i fantasmi liberi di muoversi senza difficoltà unicamente la notte, mentre alla luce del giorno la loro salute viene gravemente compromessa. E pensare che la prima idea della trama - ha spiegato uno degli autori, gli era stata ispirata da un periodo in cui, sospesa per un po’ la frequenza all’università, si era gettato a capofitto in un progetto che aveva sconvolto i normali ritmi di vita, dovendo rimanere alzato tutta la notte per poi dormire di giorno, con l’effetto di sentirsi uno spettro. È comunque una galleria variegata di personaggi quella che si aggira per le vie di Ghostpia, dove a contribuire a rimescolare le carte è il culto religioso praticato sotto la guida di un inquietante leader spirituale.
THE CALIGULA EFFECT: OVERDOSE (Nis America, per Ps5)
Quando, nel 2014-2015, nasceva negli studi della software house giapponese Aquria il videogame The Caligula effect, approdato nel 2016 su Ps Vita per i tipi FurYo, il fenomeno dei vocaloid - cantanti unicamente digitali dalla voce sintetizzata, attorno ai quali erano fioriti fan club come se si trattasse di vere stelle del palco - sembrava decisamente avviato sul viale del tramonto, al più confinato in una nicchia di appassionati. Invece non solo i vocaloid sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, ma le tematiche al cuore di quel titolo cult si sono dimostrate sempre più attuali, nell’indagare le frontiere tra reale e virtuale, nell’invitare a riflettere sulle molte esistenze che si possono vivere al di là dello schermo che però, nel loro essere fittizie e artificiali, non riescono a vincere la partita con la pur imperfetta quotidianità di ciascuno. The Caligula effect era già stato rimasterizzato nel 2018 come The Caligula effect: Overdose con l’aggiunta di contenuti; nel 2021 era arrivato il sequel The Caligula effect 2, ma nel frattempo ci sono state pure una serie tv e un libro spin-off, a ribadire l’interesse per i concetti espressi nel gioco di ruolo diretto da Takuya Yamanaka. Formazione di psicologo alle spalle, Yamanaka ha spiegato di essersi ispirato a quello che nel Paese del Sol levante è conosciuto come Caligula kouka, ossia la clamorosa curiosità verso il film Caligola (1979) di Tinto Brass generata dalla messa al bando che aveva avuto dunque l’effetto contrario rispetto all’intenzione di proibire la visione della pellicola. In italiano si parla di reattanza psicologica, definita “forte reazione che scatta nell’individuo che si senta minacciato nella propria libertà d’azione, consistente nel rifiuto di prescrizioni percepite come costrizioni illegittime o immotivate” (Treccani, Neologismi, 2020). Nel videogame i personaggi fuggono volontariamente in un mondo alternativo, per dimenticare dolorosi traumi. Vengono così proiettati in un’atmosfera di artefatta felicità, creata da Mu, un programma senziente e manipolatore. Riportati al tempo delle scuole superiori, in una fase in cui sembravano spalancarsi davanti infinite possibilità, si accorgono a poco a poco di essere imprigionati in una gabbia, pur dorata. A The Caligula effect: Overdose, sviluppato da Furyu, ha lavorato non a caso lo sceneggiatore di Persona 1 e di Persona 2, rpg che affrontano, dando corpo a un immaginario da incubo, ansie e timori dell’adolescenza. La ritrovata consapevolezza scatena la ribellione contro Mu, che a sua volta può contare sulla fedeltà degli Ostinato musicians per impedire ai fuggitivi di affrancarsi.
GAL GUARDIANS: DEMON PURGE (Pqube, per Pc e console)
Non è semplice nostalgia, ma qualcosa di più, perché lo studio Inti creates ha contribuito a creare quel passato di classici che oggi cita e a cui si ispira con Gal guardians: Demon purge, l’ultimo revival di una lunga schiera nel riecheggia l’atmosfera gotica dei Castlevania, già rievocata in Bloodstained: Curse of the moon, omaggio all’era 8-bit firmato insieme al maestro Koji Igarashi. Ma alle spalle di Inti Creates, team formato da ex Capcom attivo sin dalla fine degli anni ‘90, ci sono anche i Mega man, a cominciare da Mega man zero. Quella dei Gal è invece una serie originale che attraversa vari generi, con la costante del richiamo agli anime e della presenza di graziose ragazze, come le protagoniste di Gal guardians: Demon purge, due giovani sorelle in realtà abili cacciatrici di demoni chiamate a esplorare un misterioso castello apparso in città là dove prima c’era la loro scuola, inghiottendo nell’oscurità le altre studentesse. La formula si inserisce nel solco dei metroidvania, privilegiando gli elementi action, per un’esperienza comunque su misura, grazie alle numerose opzioni, compresa la scelta del livello di difficoltà. Nell’avventura si possono alternare in ogni momento le due sorelle Kamizono, con Shinobu più abile dalla distanza, mentre Maya è indirizzata al combattimento ravvicinato. Oppure si gioca in coppia, attivando la modalità co-op, sullo schermo appaiono entrambe unendon le forze. Via via che si sconfiggono i boss si ottengono ulteriori bonus che arricchiscono l’esperienza, fanno crescere i personaggi e sbloccano aree precedentemente inaccessibili. Come da tradizione Inti creates, il vero tocco di classe è la pixel art, che ha reso il team famoso nel mondo e non manca di stupire anche in Gal guardians: Demon purge, addirittura forse la migliore opera digitale del gruppo.
RAIDEN III X MIKADO MANIAX (Nis, per Pc, Playstation e Switch)
Quello dei videogame è un rapporto naturalmente conflittuale con la tecnologia. Nel senso che l’evoluzione del medium rimane strettamente legata ai mezzi a sua disposizione. Fintanto che continua spedito il progresso computazionale, la maggioranza dei titoli è destinata a invecchiare velocemente. Ci sono però anche videogame che non sembrano conoscere lo scorrere del tempo. Lo hanno già cristallizzato nella perfezione degli arcade, il digital entertainment che non c’è più dopo il declino delle sale giochi, pur resistendo nel cuore di una nicchia di super appassionati. È specialmente vero per gli shoot ‘em up, gli sparatutto a scorrimento che agli occhi di molti hanno toccato l’apice tra le fine degli Novanta e i primi anni Duemila. Anche se esistono produzioni recenti, i classici non vanno mai fuori moda. Così a distanza di quasi vent’anni è un piccolo evento la riproposizione di Raiden III, tra gli esponenti di culto di una delle serie nipponiche che hanno caratterizzato per intero quell’epoca indimenticabile. Si tratta del capitolo della rivoluzione, con il passaggio dalla vecchia grafica 2D alla rappresentazione poligonale degli scontri, in grado di aggiungere tridimensionalità alla regia, forte di un’inedita dinamicità delle scene animate da una telecamere che si muove agilmente in lungo e in largo. Firmata da Moss, lo studio nipponico che si è impegnato a mantenere viva l’eredità degli originali, la riedizione pubblicata da Nis America si intitola Raiden III x Mikado Maniax in ragione della collaborazione con l’omonima sala arcade giapponese che in questi anni ha radunato attorno a sé nostalgici dell’età dell’oro degli shmups, a cominciare dal manager del Mikado game center, Minoru Ikeda, diventato anche chitarrista di Heavy Metal Raiden, sorta di tribute band ufficiale dedicata al gioco. Tra i contenuti extra della Mikado maniax c’è proprio la possibilità di alternare a piacimento i brani della colonna sonora originale con pezzi composti ad hoc per la nuova uscita da vari artisti, secondo una doppia interpretazione, più elettronica o più votata al rock.
Riccardo Anselmi
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