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Avatar e Warhammer tra scacchi e graffiti

Avatar e Warhammer tra scacchi e graffiti

di Riccardo Anselmi

12 Dicembre 2023, 18:57

AVATAR: FRONTIERS OF PANDORA (Ubisoft, per Pc, Ps5 e Xbox series)

Impressionante. Per molti aspetti, Avatar: Frontiers of Pandora è davvero il videogame quadrupla A che Ubisoft aveva promesso. Non il tipico tie-in trainato dal successo di una delle saghe cinematografiche del momento, ma una grossa produzione che mira a diventare un riferimento per l’intero settore. Merito soprattutto del bagaglio tecnico, tradotto nell’evoluzione next-gen di un motore grafico da urlo - lo Snowdrop sviluppato ad hoc dallo studio Massive entertainment di Tom Clacy’s The division - capace di lasciare il giocatore a bocca aperta proprio come il film di James Cameron. Non si poteva trovare affinità più profonda di questa tra l’opera originale, che ha portato uno spettacolo audiovisivo senza precedenti sul grande schermo, e il videogame, in grado di catapultare con una fedeltà assoluta nel mondo fantastico di Pandora. Se, in un certo senso, Horizon è l’Avatar di Sony, Frontiers of Pandora rappresenta un po’ l’Horizon di Ubisoft. La formula resta quella degli open world tra azione e contemplazione in cui si è specializzata la casa di Far cry e Assassin’s creed, reiterata però attraverso l’immersività di scenari naturalistici sbalorditivi. I minuti iniziali di un videogame sono fondamentali per creare una forte connessione con il giocatore e l’incipit di Avatar: Frontiers of Pandora è costruito in maniera esemplare quando, scappando da un grigio centro ricerca degli umani, nei panni di un alieno dalla pelle blu Nàvi all’improvviso si spalanca lo sguardo sulla lussureggiate giungla del pianeta, abitato da una fauna altrettanto vivace e curiosa. Un altro momento indimenticabile è la prima volta che si spicca il volo a cavallo di un ikran, sorta di draghi alati.
Avatar: Frontiers of Pandora sfrutta ogni ingrediente oggi a disposizione della multimedialità per imbastire un viaggio esperienziale che dà efficacemente corpo anche nel virtuale all’epopea ecologista di James Cameron, tra fiaba moderna e science fiction. Gli splendidi, coloratissimi panorami incontaminati di Pandora parlano dritti al cuore e nascono dall’importante impegno profuso da Ubisoft nel progetto, annunciato con un trailer nell’ormai lontano 2021. Come al cinema Avatar ha cantato il trionfo della computer graphics, Frontiers of Pandora mette in campo raffinatezze uniche raramente osservate in modo così stupefacente tutte insieme. Praticamente un tuffo nella nuova generazione del digital entertainment. Ubisoft ha sempre puntato parecchio sull’artisticità dei suoi titoli per computer e console. Avatar: Frontiers of Pandora meriterebbe un Oscar per una direzione particolarmente attenta a ciò che concerne elementi quali la fotografia e il sonoro, intesi come un tutt’uno già dalle fondamenta 3D di Snowdrop. Poi ci sono le ultime frontiere della luce con il ray tracing ai massimi livelli, le nuvole volumetriche che sembra di toccare mentre ci si libra accarezzati dal calore dei raggi del sole… Non a caso esistono opzioni per godersi la bellezza di Avatar: Frontiers of Pandora eliminando indicatori e altri distrazioni dal display, per farsi coinvolgere totalmente in un full immersion nella realtà al di là dello schermo.

WARHAMMER AGE OF SIGMAR: REALMS OF RUIN (Frontier, per Pc, Ps5 e Xbox series)

L’universo di Warhammer è tornato prepotentemente a calcare la scena del divertimento elettronico o forse più propriamente non l’ha mai abbandonata, confermandosi uno degli immaginari fantastici maggiormente popolari anche tra il pubblico del digital entertainment. A lanciarsi nella sfida di tradurre le atmosfere sullo sfondo del gioco da tavolo in un titolo per computer e console adesso è Frontier, storica compagnia inglese come Games workshop, l’editore dei vari Warhammer. A questo giro si tratta della trasposizione in rts, cioè il ricco filone degli strategici in tempo reale, di Age of Sigmar, ultima evoluzione e sorta di sequel del grande classico Warhammer fantasy battle. Frontier, che è la casa della space sim Elite dangerous di David Braben, ma più di recente anche e soprattutto di titoli quali i manageriali Planet zoo e Jurassic world evolution, è conosciuta per l’estrema cura nella realizzazione dei modelli 3D e quelli del videogame Warhammer Age of Sigmar: Realms of ruin non fanno eccezione. Anzi, una parte del fascino del progetto sta nella trasformazione di celebri miniature in personaggi virtuali perfettamente animati, pronti a scontrarsi dal vivo sul campo di battaglia.
Warhammer Age of Sigmar: Realms of ruin non si perde in preamboli, andando dritto al cuore dell’azione, riducendo al minino gli elementi gestionali presenti in altre ricette riconducibili alla famiglia dei real-time strategy. Essenzialmente qui si controllano gruppi di unità ed eroi che fanno il verso alle guerre tra pedine del gioco da tavolo, pur se in una dimensione digitale altamente spettacolare. Lo stretto rapporto tra il videogame e l’originale Warhammer è evidenziato anche dagli strumenti messi a disposizione per creare da subito ulteriori mappe, sulla falsariga delle composizioni di veri diorami. Le dinamiche di Realms of ruin, che ruotano attorno all’intramontabile schema di carta-sasso-forbice, appaiono figlie della volontà di farsi largo nell’ambito dei match multiplayer, con diverse modalità competitive e co-op studiate per l’occasione. Per la gioia dei fan della Black library, non manca però di partenza un’avventura dal sapore cinematografico, abilmente orchestrata sugli eventi di Ghur, il regno delle bestie introdotto nella terza edizione di Age of Sigmar. Il racconto che se ne fa, nello stile di un kolossal fantasy, risulta uno degli assi nella manica di Realms of ruin, che per narrare gli intrighi di una crociata che coinvolge i Figli Eterni della Tempesta, gli Orruk Krudelazzi e gli Abitatori della Notte si è affidata alla penna del veterano dei romanzi di Warhammer, Gavin Thorpe.

BOMB RUSH CYBERFUNK (Skybound, per Pc e console)

Ai The game awards, sorta di Oscar dei videogiochi, Sega ha mandato in visibilio il pubblico annunciando di essere al lavoro sul ritorno di ben cinque classici del suo storico catalogo: Shinobi, Golden axe, Streets of rage, Crazy taxi e Jet set radio. Uscita nel 2000 per Dreamcast, quest’ultima hit, ricalcata sulle forme delle pop culture underground, è ancora molto amata da fan, tanto da venire ricordata qua e là con diversi omaggi, il più recente dei quali, Bomb rush cyberfunk dello studio indie olandese Team reptile, appare davvero riuscito. Non un semplice tributo al mito di una volta, ma un successore spirituale che ne evolve la formula nell’ambito della scena attuale del digital entertainment. Coloratissimo e stilizzato, Bomb rush cyberfunk riporta sullo schermo l’immaginario da fumetto di Jet set radio, antesignano del cel shading, la grafica disegnata in 3D come un cartone animato che, nello specifico, si rifa anche alle figure dei graffiti, tra le espressioni della street art cui guarda sia il vecchio, sia il nuovo titolo. Sulle ali dei pattini, poi dello skateboard e di altri mezzi, come una bmx senza dimenticare la spinta del jetpack, ballando al ritmo della breakdance ed esibendosi in lunghe catene di trick armati di bomboletta spray, si combatte una guerra metaforica con le crew rivali, in ribellione a ogni regola e contro il grigiore metropolitano. L’estetica ricercata di Bomb rush cyberfunk si traduce in dinamiche altrettanto stylish, grazie a grandi ambientazioni, nelle quali si coglie il balzo tecnologico del medium e dove il level design invita a sbizzarrirsi a legare in un flusso ininterrotto le varie mosse che distinguono i neofiti dai veterani. Alla colonna sonora, che mantiene un ruolo preponderante e rappresenta un’altra faccia fondamentale per quello che videoludicamente parlando è anche una sorta di manifesto hip-hop in chiave futuristica, ha collaborato con alcuni inediti Hideki Naganuma, l’acclamato compositore e dj di Jet set radio. Prossimamente arriverà in un triplo lp in vinile. È invece già disponibile l’edizione fisica per collezionisti del gioco, pubblicata insieme all’etichetta Iam8bit in versione Ps5 e Switch, impreziosita da un libretto con le illustrazioni del titolo e la copertina creata appositamente dall’artista Tan Zhi Hui.

ASTERIX & OBELIX SLAP THEM ALL! 2 (Microids, per Pc e console)

È come se i fumetti di Goscinny e Uderzo prendessero vita, come se le tavole si animassero e i due guerrieri gallici uscissero fuori per suonarle ai conquistatori Romani, assestando all’occorrenza un paio di sberle o lanciando contro il nemico un iconico menhir o ancora mettendosi a distruggere in un battibaleno, con la forza delle mani, file e file di barili: Asterix e Obelix tornano in Slap them all! 2, con una storia originale, nel pieno rispetto dei canoni delle divertenti avventure dei due amici, dove non mancano mai le baruffe tanto che per gli sviluppatori è stato spontaneo pensare di tradurre i disegni in un beat ‘em up, un picchiaduro pieno di trovate e umorismo. Intuitivo nelle dinamiche, il nuovo titolo di Mr Nuz studio, completamente autonomo dal primo Slap them all!, ha anche una vicenda da raccontare, conti in sospeso da regolare e l’arduo compito di ristabilire la giustizia. Appassionatissimi degli arcade delle sale giochi, gli sviluppatori del team francese fondato nel 1988 hanno dunque voluto ricreare il loro genere preferito, provvedendo ad aggiornarlo in versione 3D e infarcendolo abilmente di continue citazioni dalle avventure dei celebrati personaggi con i quali Goscinny e Uderzo avevano provveduto a rinnovare il fertile terreno delle bandes dessinées. Se si gioca in due, si può scegliere se impersonare Asterix o Obelix, se si è da soli ci si alterna nei panni dell’uno o dell’altro, impegnati insieme nell’impresa di trovare l’aquila d’oro dei legionari. Questi ultimi hanno attribuito il furto a un Gallo innocente, imprigionandolo. Per riuscire a salvare il compatriota, Asterix e Obelix lasciano il loro villaggio per intraprendere un lungo viaggio, fino ad arrivare nella grande città di Lutezia (Parigi) al fine di ottenere informazioni utili e da lì ripartire alla ricerca di nuovi indizi che li portino dal prezioso emblema perduto. Naturalmente, per farsi strada, non mancheranno di adottare la loro tipica, formidabile soluzione, buttandosi nella mischia senza alcun timore. Tre i livelli di difficoltà per consentire a chiunque di stare piacevolmente in compagnia dei due simpatici compari.

LAST TRAIN HOME (Thq nordic, per Pc)

Il 28 ottobre 1918 la Cecoslovacchia dichiarava l’indipendenza dall’impero austro-ungarico ormai prossimo alla completa disgregazione. Una data incisa nella storia delle odierne repubbliche ceca e slovacca, tanto che proprio in occasione del 105° anniversario della ricorrenza la software house Ashborne con sede a Brno, nella Moravia meridionale, ha voluto lanciare un trailer di Last train home doppiato in ceco dall’attore Karel Dobry, perché il loro gioco ha molto a che vedere con quegli eventi. Si ispira infatti al travagliato e pericoloso viaggio di ritorno a casa della Legione cecoslovacca, gruppo di volontari arruolatisi al fianco dell’Intesa nella prima guerra mondiale con l’obiettivo di ottenere dalle potenze alleate l’appoggio alla causa indipendentista. Mentre in patria si festeggia l’agognato traguardo raggiunto, i soldati lontani riescono a salire sull’ultimo treno blindato della Transiberiana con l’obiettivo di arrivare a Vladivostok e da lì imbarcarsi su una nave per proseguire via mare la loro odissea. Comincia così un’impresa disperata, resa difficile dal clima rigidissimo della Siberia e dalla scarsità di ogni tipo di risorsa, nel mezzo dello scontro feroce tra i bolscevichi e le armate bianche. La parola d’ordine è cercare di sopravvivere in una situazione complessa dove non si vuole offrire una ricostruzione fedelissima degli avvenimenti, ma rimandare al contesto di pagine che gli sviluppatori avevano studiato a scuola, appassionandosi, con l’idea un domani di farle rivivere in uno strategico modellato su tanti aspetti reali di quella vicenda. Nei panni del comandante, che può contare sui consigli avveduti del capitano Langer, occorre preservare la vita dei soldati - ciascuno con una propria personalità, con i propri progetti e speranze - e far sì che il convoglio possa continuare la sua corsa, pur con la necessità di fermarsi nelle stazioni di una Russia in fiamme, costretti ancora a combattere nell’infuriare della guerra civile quando invece per la Grande guerra si è scritta ormai la parola pace. Nei destini dei personaggi, sui quali incombe perennemente la minaccia della morte, emerge così la denuncia della follia disumana di tutti i conflitti.

HELLBOY WEB OF WYRD (Good Shepherd, per Pc e console)

Anche i videogame in questi anni non sono rimasti insensibili all’invasione dei supereroi che ha toccato un po’ tutti i medium, partendo dagli sconvolgimenti portati sul grande schermo dai cinecomics, influenzando a catena poi gli altri settori. Ovunque si sa la parte del leone la fanno le major. Il digital entertainment ha i suoi paradigmi nelle grandi produzioni Marvel e Dc, principalmente gli Spider-man di Sony e i Batman di Warner, che però si sta sbizzarrendo pure su altri fronti, come il recente crossover aperto in Mortal kombat 1 o i prossimi impegni di Suicide squad: Kill the Justice league. Ogni tanto salta fuori qualcosa di diverso. Hellboy web of Wyrd è il nuovo titolo dello studio inglese Upstream arcade, un nome che è tutto un programma (per via del riferimento ai vecchi mangiamonetine dal divertimento immediato), con alle spalle la hit indie West of the dead, weird western che si sviluppa attorno un po’ agli stessi temi. Al di là dell’atmosfera horror, ci sono una ricercatezza grafica in grado di rievocare subito il mondo dei fumetti, la struttura procedurale dei livelli su cui vengono ricostruite di volta in volta le ambientazioni e formule che si inseriscono nell’ampio solco dei roguelite, quei videogame nei quali la morte non è la fine di tutto, ma un altro inizio. Tutti questi elementi trovano un’espressione particolare in Hellboy web of Wyrd, sorta di moderno beat’em up che usa l’arma del roguelite per emancipare certe dinamiche da picchiaduro a scorrimento dell’epoca delle sala giochi in un contesto più attuale, mantenendo comunque la natura essenziale di scontri simili a round di boxe. L’estetica è invece da primo della classe: una stupefacente traduzione letterale, in chiave 3D, del disegno inconfondibile di Mike Mignola, che sugli albi della Dark horse ha dato vita al bizzarro detective demoniaco Hellboy al quale il regista Guillermo del Toro ha dedicato due fantastici film.

THE LORD OF THE RINGS: RETURN TO MORIA (North beach, per Pc e Playstation)

Dopo la caduta di Sauron, ormai entrati nella Quarta Era, non ovunque nella Terra di Mezzo regnano pace e serenità. Laggiù, nel ventre oscuro delle Montagne nebbiose, i nani aspettano di tornare nella loro Moria perduta. È questa l’impresa cui si accinge il protagonista - da solo o in compagnia fino a un massimo di otto amici - di The lord of the rings: Return to Moria, sviluppato dal piccolo studio californiano Free range, che ha magnificamente ricostruito, testi di Tolkien alla mano, una vividissima rappresentazione del labirintico mondo sotterraneo che, al tempo delle vicende narrate nel Signore degli Anelli, già si stagliava con il suo susseguirsi di spazi giganteschi e cunicoli claustrofobici, avvolto da un senso di decadenza e di abbandono, interrotto dal sinistro palesarsi di creature mostruose. La situazione è se possibile peggiorata, ma con la benedizione di Gimli, destinato presto a separarsi dagli altri nani, è venuto il momento di riprendere possesso dell’antica città fondata dagli antenati, affrontando un ampio dispiegarsi di pericoli e difficoltà. Per sopravvivere, si dovrà imparare a gestire in modo oculato il cibo a disposizione (non mancano comunque numerose ricette per allestire, pur a quelle profondità, una tavola coi fiocchi secondo il gusto dei commensali), il riposo per ritemprarsi, ma sarà necessario tener conto pure dei rumori, che a volte nel buio totale offrono l’unico strumento per intuire cosa stia succedendo, e delle condizioni di luce, spesso assente del tutto o in parte oppure capace di aprirsi un varco naturale. L’esplorazione è comunque una delle attività che più appassiona, in una scoperta continua, tra cumuli di macerie da aggirare e porte magiche da spalancare, in un’atmosfera carica di mistero. Il nostro alter ego è personalizzabile, ma ciascuno di questi eroi, piccoli di statura e dal carattere volitivo, risulta ben caratterizzato, barbe comprese. La loro peculiarità è la lavorazione dei metalli e il sottosuolo racchiude come uno scrigno risorse preziose, da forgiare nelle officine che vanno ripristinate affinché il maestoso complesso di Khazad-dum possa rinascere. Contro la sua risurrezione, congiurano orchi, troll e goblin, orfani del loro malvagio signore, però non ancora pronti a convertirsi al bene.

STEAMWORLD BUILD (Thunderful, per Pc e console)

La corsa all’oro e il mito del selvaggio West riletti in chiave steampunk: la longeva serie Steamworld di Image & Form si reinventa stavolta con un city builder dall’ambientazione ricca di echi cinematografici, dove si deve costruire una città, ma anche gestirne le risorse, aggiungendo un pizzico di adrenalina in più perché, come tramandato dal folclore della frontiera, arcane creature possono nascondersi nel sottosuolo e guai a risvegliarle. Sviluppato da The station, software house svedese di Karlshamn, che dal 2020 è entrata in Thunderful games in cui è confluita anche Image & Form, Steamworld build, con una simpatica grafica da cartoon, invita a edificare una località mineraria nel bel mezzo del nulla, dotandola di una ferrovia per il trasporto delle merci e di quelle comodità che possano attirare i lavoratori. Principale fonte economica sono le ricchezza celate nelle viscere della terra e si deve dunque imparare a occuparsi sia di ciò che succede alla luce del sole, sia di ciò che si verifica nei livelli degli scavi, sempre più incredibilmente affollati man mano che si scende in profondità. La miniera va dunque ampliata per trovare nuovi filoni, ma anche protetta e fortificata, quasi come una vera e propria città sotterranea. Quelle acquattate nell’ombra non sono però le uniche minacce. Il pianeta rimane comunque in pericolo e, in questa remota landa desertica sopravvissuta alla catastrofe nell’universo post-apocalittico di Steamworld popolato da industriosi robot, ci sono pure da recuperare i pezzi di un razzo, sparsi qua e là. Non ci si annoia certo in questa coloratissima riproposizione di quelle che oggi appaiono magari come polverose ghost town e che qui possiamo ricreare piene di vita, brulicanti di attività. A patto di riuscire a cogliere tempestivamente i motivi di insoddisfazione degli abitanti per fermarne un eventuale, disastroso esodo. Diversi gli scenari, ciascuno con le proprie peculiarità e grado di difficoltà, sempre con un occhio agli orizzonti western, tra deserti punteggiati da piante di saguaro e i paesaggi dalle monumentali guglie rocciose.

ASTLIBRA REVISION (Whispergames, per Pc e Switch)

Il filone dei jrpg, i cosiddetti giochi di ruolo della scuola nipponica che fanno capo a classici come Final fantasy e Dragon quest, sta vivendo una nuova età dell’oro grazie ai successi della scena indipendente. Negli ultimi mesi per mano di piccoli team armati di idee, talento e passione sono usciti veri capolavori, da Chained echoes di Matthias Linda a Sea of stars di Sabotage. Dopo il debutto su Pc arriva adesso su Switch anche Astlibra revision. Un titolo che rende omaggio alla stagione d’oro del genere sperimentata tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, cui guardava con affetto e nostalgia fin dal suo esordio nel 2011, quando Keizo, che si autodefinisce sviluppatore per hobby, nel tempo libero, lanciò Astlibra: Proof of life, un freeware la cui realizzazione era stata resa possibile - aveva spiegato l’autore, precisando la sua predilezione assoluta per i giochi di ruolo d’azione - dal molto materiale di qualità disponibile gratuitamente nel natio Giappone. Arricchito periodicamente con l’aggiunta di nuovi contenuti, Astlibra aveva visto la luce in forma completa nel 2021, per poi approdare alla versione definitiva Astlibra revision grazie alla collaborazione con l’editore Whispergames e con l’artista Shigatake per i personaggi, più il contributo di Haku Ryubuchi per alcuni boss. Si corre, si combatte e si esplora in questo action rpg 2D a scorrimento laterale, ma c’è anche una storia avvincente tutta da scoprire, tra colpi di scena e svolte inaspettate, a spasso avanti e indietro nel tempo, mentre il protagonista, con l’aiuto di un corvo parlante, si lancia sulle tracce della sua amica d’infanzia, sparita misteriosamente nel nulla. La semplicità iniziale è solo apparente e presto la faccenda si complica, tra enigmi da risolvere, abilità da migliorare e magie da padroneggiare. Lo stesso volatile amico può sfoggiare la capacità di trasformarsi in una potente entità spirituale. Del resto, quando i nemici sono tanti e formidabili, niente si può dare per scontato.

ROUGH JUSTICE: ’84 (Daedalic, per Pc e console)

Una storia di riscatto e di vendetta, negli anni Ottanta ispirandosi a serie tv come A-Team, Magnum P.I., Cobra o Miami vice, tra assassini da catturare, loschi traffici, incredibili cospirazioni, politici corrotti e qualcuno che, pur circondato dal fango, crede ancora nella giustizia. Il protagonista è in realtà rimasto vittima di false accuse e, nonostante la sua innocenza, è stato condannato, ha dovuto scontare la pena in carcere e ha perso il lavoro nella polizia. Un ex collega, conoscendone la capacità di detective, lo coinvolge però nella gestione di una nuova agenzia di investigazioni private appena aperta e già in crisi. Toccherà dunque alla vecchia stella del dipartimento assoldare altri agenti e distribuire incarichi, in base ai casi che si presentano, in quello che diventa un viaggio nel mondo del crimine, ma anche nel vissuto personale, sulle tracce di un passato sepolto per chiarire una volta per tutte l’estraneità a quanto gli veniva contestato. Lo studio tedesco Gamma minus ha confezionato un omaggio a 360 gradi a un immaginario di culto, dall’estetica patinata sotto le luci al neon di quella favolosa stagione alla musica, alle atmosfere di un noir immerso nella melma di un malaffare giunto ormai a insinuarsi ovunque, in ogni piega della società di Seneca, città fittizia che racchiude in filigrana gli echi di fatti di cronaca nera purtroppo tutt’altro che implausibili. Ma nel cocktail di Rough Justice: ’84 finiscono anche rimaneggiate varie influenze videoludiche d’antan, dalle avventure grafiche e testuali, sulla falsariga di Police quest, agli elementi gestionali e ai puzzle, fino a sfumature da giochi di ruolo.

CHESSARAMA (Minimol, per Pc e Xbox)

Si può imparare anche a giocare in modo classico, ma Chessarama introduce nel mondo degli scacchi soprattutto attraverso una serie di puzzle ispirati all’antico gioco di strategia, in una reinvenzione originale e spassosa. La scacchiera viene decostruita nelle sue caselle, ricomposte secondo disegni geometrici in paesaggi dall’aspetto piacevolmente cartoon, e i pezzi si ritrovano protagonisti, pieni di vita, costretti però ancora una volta, pur in un contesto differente, a rispettare le regole e i movimenti loro concessi in origine, impostando di volta in volta le tattiche più adatte a raggiungere l’obiettivo. L’idea del team brasiliano Minimol ha intanto incassato l’apprezzamento dei grandi maestri Magnus Carlsen, Praggnanandhaa, Wesley So e Anish Giri, convinti che il videogame possa contribuire ad ampliare sempre più la platea degli appassionati di scacchi. Otto i rompicapo da provare a risolvere, ciascuno con al suo interno gradi di difficoltà in crescendo. C’è un cavallo che, spostandosi a L, deve impegnarsi nella cura dei campi di una fattoria. C’è il pedone chiamato a sfidare un temibile dragone, che spazza via ogni pedone che non sia adeguatamente protetto, per cui occorre procedere mettendo in atto adeguate misure di protezione. C’è una singolare partita di calcio che richiede di anticipare le mosse per superare la difesa degli avversari e coronare l’azione con un goal. Gli sviluppatori si sono divertiti a mescolare un po’ le carte, come in Lady Ronin, che ricorda i movimenti da compiere per spostare la casse di Sokoban, hit giapponese del 1981 in grado di mettere a dura prova le meningi.

DREDGE - THE PALE REACH (Team17, per Pc e console)

C’è tutta una tendenza che vede i giochi di pesca conquistare sempre più appassionati, vuoi per la bellezza degli scenari marini, vuoi per i ritmi tranquilli che il tipo di attività simulata in questi videogame porta con sé. Lo studio neozelandese Black salt si è felicemente immesso in questa scia ma aggiungendo i brividi di un’esplorazione che, nell’inquietante silenzio notturno, arriva a confrontarsi con creature da incubo. La magia di Dredge sta proprio nel riuscire a destreggiarsi con una varietà di toni e situazioni: c’è il pacato trantran di un pescatore curioso in viaggio tra le onde per procurarsi il pesce da vendere una volta rientrato al molo, c’è l’orrore metafisico che irrompe con il calare delle tenebre, in una rievocazione di atmosfere lovecraftiane, insidiose e spaventose. Ai biomi dell’avventura principale che si sviluppa tra paludi e atolli tropicali, il dlc The pale reach aggiunge gelide acque da solcare con un’imbarcazione adattata a rompighiaccio, facendosi largo tra gli iceberg, accompagnati dalla minaccia incombente di un narvalo voracissimo da placare cedendogli cibo a bizzeffe. Si può raggiungere quest’area in qualsiasi momento dal gioco principale, che vede il pescatore protagonista impegnato in una serie di missioni, intento da una parte a pescare per ottenere soldi con cui migliorare la nostra attrezzatura e dall’altra a dragare i fondali per recuperare l’occorrente necessario al fine di completare un arcano rituale come richiestogli da un enigmatico collezionista. In The pale reach tornano gli echi di oscure leggende, perché troppe navi sono rimaste intrappolate qui e i relitti abbandonati pongono più di un interrogativo. Al solito, si avverte la voluta ambiguità su ciò che il protagonista vede attorno a sé: si tratta di presenze reali o frutto della sua immaginazione? Qualcosa è successo e bisogna venirne a capo, indizio dopo indizio.

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