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RAIDOU REMASTERED: THE MYSTERY OF THE SOULLESS ARMY (Sega, per Pc, Playstation, Xbox, Switch e Switch 2)
Il mondo oscuro di Shin Megami Tensei ha generato al suo interno, accanto a quella principale e a vari spin-off, anche le serie Persona e Devil Summoner. Quest’ultima, liberamente ispirata alle atmosfere hardboiled dello scrittore Raymond Chandler trasposte al cinema negli anni Quaranta, la stagione d’oro del noir, è stata inaugurata nel 1995 da Shin Megami Tensei: Devil Summoner, proseguita due anni dopo con Devil Summoner: Soul Hackers cui si è aggiunto nel 2022 il sequel Soul Hackers 2. Nel frattempo erano usciti i prequel ambientati nella Tokyo degli anni Venti con protagonista l’evocatore demoniaco Raidou Kuzunoha, ossia Raidou Kuzunoha vs. the Soulless Army (2006) e il seguito Raidou Kuzunoha vs. King Abaddon (2008). Adesso Raidou Kuzunoha vs. the Soulless Army è tornato in versione rimasterizzata e ampliata, con numerose novità, tra cui il doppiaggio completo e un sistema di gioco riprogettato, con lo sguardo puntato al gameplay di King Abaddon, molto apprezzato dai fan. Anche i demoni si sono moltiplicati, fino a superare i 120, comprese special guest da Shin Megami Tensei V: Vengeance, uno dei riferimenti di Raidou Remastered insieme a Persona 5 e Metaphor: ReFantazio, gli altri grandi successi di Atlus, la casa nipponica che, proprio grazie a titoli così, negli ultimi anni ha saputo rilanciare i giochi di ruolo made in Japan nel firmamento del digital entertainment. Con Raidou Remastered: The Mystery of the Soulles Army siamo in una realtà alternativa che reimmagina l’era Taisho e si spinge nell’era Showa, in un Giappone dove operano persone, tra cui gli esponenti del clan Kuzunoha, capaci di proteggere il Paese da entità soprannaturali. Gente dotata della forza di resistere alle tentazioni e di stringere patti con le creature demoniache, piegandole a collaborare a fin di bene. Siamo in un periodo dove l’apertura all’occidente caldeggiata nell’era Meiji si è attuata, ma restano malcelate ostilità al cambiamento, in un coesistere di tradizione, rappresentata dalla tipica architettura del tardo periodo Edo, e modernità, esemplificata negli edifici Art Déco. Il giovane Raidou Kazunoha XIV, studente delle superiori e apprendista investigatore nell’agenzia Narumi, è investito della missione di salvare Tokyo, mentre riceve contestualmente l’incarico di capire cosa sia successo alla cliente che aveva stranamente chiesto di ucciderla, prima che un gruppo di individui in incognito si avventasse su di lei per rapirla. Lo aiuta un gatto nero, saggio e ironico mentore. Ci sono poi una fotoreporter e il proprietario dell’agenzia quali interlocutori privilegiati. Rispetto agli altri titoli di Shin Megami Tensei l’accento risulta più pronunciato verso l’azione, con l’inedita possibilità ora di avere al proprio fianco negli scontri due demoni contemporaneamente, sfruttandone le caratteristiche e le abilità. Come sempre nella serie Atlus è notevole la commistione tra folclore, miti e leggende di oriente e occidente, quest’ultimo riletto attraverso un filtro squisitamente nipponico, da Cerbero al Basilisco, da Jack O’Lantern a Cibele, da Alice nel Paese delle meraviglie al dio Thor. La reinvenzione riguarda comunque ogni creatura, pure l’Oni giapponese o le divinità indù. Ha un ruolo tutto da scoprire anche un personaggio realmente esistito come il sinistro Rasputin, in una trama ricca di rivelazioni inattese e molto coinvolgente che si può apprezzare nella sua continuità tanto più se si sceglie una modalità non punitiva per quanto riguarda l’esito delle contese. Chi invece vuole gettarsi nella mischia senza paracadute avrà pane per i suoi denti, in quanto, volendo, Raidou Remastered: The Mystery of the Soulless Army non concede sconti. Il protagonista ha a disposizione un arsenale adattato specificatamente al genere di nemici affrontati, tornando in ufficio per ricaricarsi di energia e risvegliando per strada l’animo dei mostri camuffati e sfiorati da ignari passanti. Raidou li smaschera, ci dialoga, li assoggetta, li combatte: sono molteplici i piani lungo i quali si approfondisce il rapporto con i demoni, utili nei duelli e nella stessa indagine che richiede di raccogliere indizi, anche interrogando e ascoltando. Nel laboratorio di un bizzarro scienziato modellato sul dottor Frankenstein due mostri possono fondersi insieme, dando vita a una creatura potenziata. Ulteriore opportunità da ponderare, mentre ci si aggira in una Tokyo fascinosa, piena di ombre e carica di misteri, al centro di un grande cult ritrovato.
YAKUZA 0 DIRECTOR’S CUT (Sega, per Switch 2)
Ci sono poche serie che possono vantare un orizzonte simile a Yakuza prima, Like a Dragon poi, fiore all’occhiello delle produzioni Made in Japan che ancora oggi fanno grande il Paese del Sol Levante agli occhi del mondo. Una vera e propria saga che quest’anno festeggia il ventennale e il cui filo non si è mai interrotto, intrecciandosi sempre più di capitolo in capitolo, di spin-off in spin-off, addirittura una ventina di titoli a comporre uno degli universi multimediali più stupefacenti del digital entertainment. Per una volta non in chiave squisitamente fantasy, ma immerso nella quotidianità di un Giappone dai toni thriller che dentro i giochi raccoglie altre eccellenze nipponiche; la raffinatezza del cinema, la sensibilità dei manga, lo spettacolo iperbolico degli anime. In Yakuza, o Like a Dragon, come sono state chiamate in occidente le uscite recenti inaugurando una traduzione più letterale degli originali giapponesi, c’è però anche e specialmente il dna di Sega, casa simbolo che da lì, dopo il tramonto del Dreamcast, ha trovato la via della rinascita. Un kolossal digitale figlio in parte dell’esperienza del cult Shenmue e nel quale rivive la storia: dei videogame, con riferimenti e strutture riprese da quei generi classici che hanno segnato la carriera di Sega, e di un Paese, ritratto in maniera immaginifica, tra realtà e finzione, eppure in grado di restituire certe essenze persino meglio di un documentario, come d’altronde avviene con l’America allo specchio dei Gta (per alcuni versi la serie più vicina agli Yakuza e allo stesso tempo lontanissima, sia culturalmente che nelle dinamiche). Oltreché una esuberante avventura al ritmo delle arti marziali, ogni Yakuza/Like a Dragon è anche un viaggio indimenticabile e profondo nell’anima del Giappone, nel cuore delle città, per le strade di Tokyo o di Yokohama. E ciò è particolarmente vero in Yakuza 0, l’episodio del 2015 riproposto adesso in un’inedita versione Director’s Cut, con l’aggiunta di contenuti e aggiornata in ottica 4K e 60 fps per accompagnare il lancio di Nintendo Switch 2. Dalla capitale l’azione si sposta fino a Osaka, ma è anche l’arco temporale a rendere Yakuza 0 affascinante per vecchi e nuovi fan, che possono benissimo incominciare a esplorare i panorami della saga da questo capitolo, un prequel ambientato negli anni ‘80. Magnificamente rievocati tanto negli scenari quanto più in generale nelle atmosfere, sono gli assoluti protagonisti di Yakuza 0 al pari dei personaggi del gangster redento Kazuma Kiryu e dell’eccentrico Goro Majima, in principio un comprimario, sorta di spalla comica elevata a furor di popolo a figura centrale nel prequel e arrivato a ottenere dieci anni più tardi, nel 2025 con Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, uno spin-off tutto suo. In Yakuza 0 vengono mostrati in una veste più giovane, raccontandone le origini, così come altri aspetti del contesto, sperimentando sulla propria pelle eventi alla base degli sviluppi di trama successivi. Una delle grosse novità della Director’s Cut portata al debutto su Switch 2 è il doppiaggio in inglese, idealmente rivolto al pubblico internazionale che lo preferisse all’originale giapponese, comunque imprescindibile e sempre presente insieme ai sottotitoli in varie lingue (italiano compreso). In più, rispetto alla prima uscita, ci sono una trentina di minuti di filmati extra e una curiosa modalità online in stile orde.
NOBUNAGA’S AMBITION: AWAKENING COMPLETE EDITION (Koei Tecmo, per Switch 2 e Ps5)
Rivivere nel Giappone del periodo Sengoku e magari provare a riscriverne la storia, in quella che è una vera e propria edizione definitiva, una prima assoluta per la fortunata, longeva serie di strategici dal cuore squisitamente nipponico. Nobunaga’s Ambition: Awakening, uscito originariamente su Pc nel 2022 e sulle console Playstation 4 e Nintendo Switch nel 2023, aveva festeggiato il quarantennale della saga, lanciata nel 1983, inaugurando praticamente un genere, ossia la declinazione giapponese dei grand strategy games accompagnati da un’accurata ricostruzione del contesto storico. Adesso su Switch 2 e Ps5 Nobunaga’s Ambition: Awakening Complete Edition comprende contenuti aggiuntivi, alcuni dei quali finora erano apparsi solo nel Paese del Sol Levante. La resa delle mappe e dei paesaggi, che si susseguono in un viaggio lungo l’intero Giappone costellato di potenziali campi di battaglia, ha raggiunto intanto una precisione dei dettagli sorprendente, contribuendo a immergere nella frammentata realtà del feudalesimo di un’epoca bellicosa che vide emergere la figura di Oda Nobunaga, del quale si può seguire la scalata al potere, da daimyo, erede di un influente clan, a unificatore del Giappone, compito portato a termine insieme ai fedelissimi Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Si può scegliere di guidare uno dei numerosi clan esistiti oppure di inventarne ex novo. In ogni caso l’obiettivo è crescere, consolidarsi e in prospettiva riuscire a vincere i particolarismi, a favore di un’unica autorità centrale, che dopo due secoli di guerra civile emergerà formalmente con la restaurazione del trono imperiale, di fatto governerà invece lo shogunato Tokugawa fino all’ulteriore svolta del 1868, con la rivoluzione dell’era Meiji. In Nobunaga’s Ambition: Awakening Complete Edition non bisogna comunque dare nulla per scontato. Le opportunità di imbracciare percorsi alternativi, capaci di ribaltare il corso degli eventi, sono molteplici, tenendo conto che la galleria di personaggi consegnatici dalle cronache di allora è impressionante, con centinaia di nomi e biografie da utilizzare per organizzare le nostre campagne. Alleanze, tradimenti, divisioni sono dinamiche che si sviluppano secondo la mentalità giapponese del periodo, a dimostrazione della profondità del gioco, che non propone un Giappone di maniera, bensì si prefigge di andare a fondo nei rapporti tra i daimyo. La Complete Edition aggiunge sei scenari, andando a ritroso fino al giugno 1534, quando venne alla luce Nobunaga, figlio del magistrato e daimyo Oda Nobuhide, impegnato ad assicurare l’ascesa del casato tramite azioni militari, ingenti risorse economiche e accorte politiche matrimoniali. Elementi che lo strategico aiuta a padroneggiare, in un clima di forti rivalità ed equilibri instabili. Nel giugno 1582 ecco l’incidente di Honno-ji, il tempio di Kyoto dove Nobunaga avrebbe dovuto assistere alla cerimonia del tè, ma venne inaspettatamente assassinato dal suo vassallo Akechi Mitsuhide, scatenando ulteriore caos per lavare l’onore col sangue e contrastare l’opposto clan Uesugi. Il terzo catapulta nel novembre 1586 alla vigilia della conquista di Kyushu, condotta a termine da Toyotomi Hideyoshi contro le mire dello sconfitto Yoshihisa Shimazu. Gli ulteriori scenari sono ipotetici. Ci si chiede: E se non si fosse mai scatenato il conflitto di Onin per la successione dello shogun Ashikaga Yoshimasa, che ne sarebbe stato delle ambizioni dei signori della guerra, come Oda Nobunaga? E se il daimyo Dosan Saito avesse diseredato il figlio legittimo, preferendo consegnare invece il feudo al genero Oda Nobunaga? E se, dopo la morte di Toyotomi Hideyoshi, il secondogenito di Nobunaga, Oda Nobuo, si fosse fieramente battuto per ristabilire la gloria della sua famiglia? Non c’è sostanziale differenza tra storia e fantastoria, grazie alla qualità degli strumenti a disposizione per immaginare, plasmare o ripercorrere quanto avvenuto. Con Switch 2 l’approccio risulta particolarmente intuitivo, usando i controller Joy-Con o il mouse collegato via Usb, per un’esperienza che permette di concentrarsi sulla straordinaria ricchezza del gioco, schierando formazioni molto numerose sullo scacchiere e ponderando il peso di innumerevoli fattori.
BRAVELY DEFAULT: FLYING FAIRY HD REMASTER (Square Enix, per Switch 2)
Tredici anni fa Bravely Default: Flying Fairy di Silicon Studio aveva portato sull’allora appena uscito Nintendo 3Ds la ventata di un affascinante jrpg, dove paesaggi e personaggi immergevano nell’epica fiabesca di un mondo costruito con uno stile inconfondibile, grazie all’arte di Akihiko Yoshida, ripetutamente espressa nella serie Final Fantasy. I fasti sono stati rinnovati da Silicon Studio con il sequel Bravely Second: End Layer, sempre per 3Ds, e poi nel 2021 da Claytechworks con Bravely Default II, per Switch. Adesso è la volta della versione completamente rimasterizzata in HD del gioco originale, tra i titoli di debutto di Switch 2, permettendo di (ri)accostarsi così a un grande classico. Il jrpg con combattimenti a turni Bravely Default: Flying Fairy HD Remaster, frutto del lavoro di adattamento compiuto da Cattle Call per trasporre su un unico schermo un videogame che utilizzava invece un’interfaccia su due display rinnovando al contempo la grafica, riprende le dinamiche che richiedono di impostare una strategia. Si può dunque decidere di mettersi in posizione di difesa utilizzando il comando Default per accumulare le risorse ottenute sotto forma di punti Brave saltando un turno oppure di attaccare più volte in uno stesso turno con il comando Brave. Come in Final Fantasy: The 4 Heroes of Light, per tanti versi simile a Bravely Default inizialmente concepito come un suo seguito poi autonomamente sviluppato, ogni personaggio può avvantaggiarsi delle abilità sia della classe primaria cui appartiene, sia di quella secondaria, con molteplici combinazioni che influenzano l’apporto dei nostri sodali di avventura alla missione di sconfiggere via via i mostri per avvicinarsi alla meta finale. In Bravely Default: Flying Fairy HD Remaster si viaggia da un capo all’altro di Luxendarc, il cui equilibrio, basato sulla luce di quattro cristalli associati ai quattro elementi primordiali (vento, acqua, fuoco, terra), è stato compromesso e quattro eroi - il pastore Tiz, unico sopravvissuto del suo villaggio, la sacerdotessa Agnès, cui presto si uniscono la cavaliera Edea dai forti ideali e lo smemorato Ringabell - si imbarcano nell’impresa di ristabilire l’ordine perduto, dopo l’apertura di un misterioso abisso, fonte di oscurità. Sui passi dei Guerrieri della Luce si incontrano luoghi amorevolmente disegnati, come la città dei mulini a vento o una nazione dall’aspetto di una colossale nave galleggiante sull’oceano o ancora una comunità unicamente femminile, che si stagliano come splendide illustrazioni animate. La storia è avvincente, tra colpi di scena e rivelazioni inaspettate, in compagnia di personaggi ritratti a tutto tondo, che sanno essere spiritosi e all’occorrenza responsabili. L’edizione rimasterizzata comprende anche due divertenti minigame, da intraprendere con il mouse simulato dei controller di Switch 2. Si viene così portati a familiarizzare istintivamente con la modalità, per gestire la rotta di una barca ingovernabile o per riprodurre a ritmo le note di un gioco musicale. I brani sono tratti dalla colonna sonora magistralmente composta da Revo, fondatore del gruppo di rock sinfonico Sound Horizon.
RUNE FACTORY: GUARDIANS OF AZUMA (Marvelous, per Pc, Switch e Switch 2)
Il Giappone nei suoi paesaggi e nel suo folclore, ma Rune Factory: Guardians of Azuma, spin-off sviluppato da Marvelous della serie principale creata nel 2006 da Yoshifumi Hashimoto, è in realtà intessuto di riferimenti all’intera Asia orientale. E non si tratta soltanto di ambientazioni, di costumi, di nomi dei personaggi e del disegno in stile anime. A cinquant’anni dal Crollo Celestiale, un evento catastrofico che ha sconvolto Azuma, per salvare e far rinascere i suoi villaggi immersi nella natura si deve ricorrere al potere dei Danzaterra, ossia le danze rituali con cui favorire il ritorno degli dei e risvegliare la vita, allontanando il Flagello, che sta invadendo e inghiottendo ogni cosa. Al Paese del Sol levante rimandano direttamente i piccoli centri rurali appartenenti ciascuno a una stagione (primavera, estate, autunno, inverno) e dove si svolgono festival a tema. Una volta scelto il protagonista, tra il cacciatore Subaru o la sacerdotessa Kaguya, cui verrà assegnato un drago come cavalcatura, bianco per il nostro eroe, nero per l’altro, si parte all’avventura, con la guida del simpatico Woolby, in apparenza una soffice nuvola di pelliccia, golosissimo di dolci e un po’ maldestro, ma le tenere sembianze nascondono ben altra sostanza. Come nei precedenti Rune Factory, si compenetrano le dinamiche di un gioco di ruolo d’azione con quelle di una simulazione agricola e di un gestionale di villaggi, più la possibilità di un coinvolgimento sentimentale, come nelle dating sim, eventualmente coronato dalle nozze e dalla nascita di al massimo due figli. Se l’architettura degli insediamenti riproduce tipologie caratteristiche del Giappone, si respira pure sotto altri aspetti l’aria del Paese del Sol levante. Nei mostri, che si combattono con archi, ventagli e tamburi sacri, si ritrovano gli yokai, dai kappa amanti dell’acqua ai tengu, come gli uomini-corvo e i karasu dalle piccole ali. I candidati e le candidate alle relazioni romantiche hanno poi molteplici tratti, dagli abiti alle acconciature, indicativi delle loro origini. Ognuno è associato a un fiore, illuminante delle rispettive personalità in base ai dettami dello hanakotoba, la lettura dei fiori. C’è pure un legame diretto tra la provenienza dei pretendenti e la flora o l’elemento vegetale loro collegato. Per la ragazza Ainu, l’arciera Pilika, si tratta del germoglio di farfaraccio, pianta che annuncia la fine dell’inverno e l’inizio della primavera nell’isola più fredda dell’arcipelago nipponico. Da Okinawa, estrema propaggine meridionale, arriva invece la dea dell’estate Matsuri. Il suo fiore è l’ibisco, che cresce rigoglioso ai tropici. La camelia di Iroha, che gestisce una casa da tè, è emblema della bevanda servita nelle apposite cerimonie. Hina, aspirante archeologa per metà volpe, in grado di trasformarsi in una gigantesca kitsune, ha con sé un gelsomino. La dea della primavera Ulalaka è un trionfo di tonalità rosa e di fiori di ciliegio. Per il samurai senza padrone Murasame c’è la pieris japonica a evocare sentimenti di fedeltà e abnegazione. Le stoffe che avvolgono il dio dell’autunno Kurama sono ornate di foglie d’acero nelle tonalità rosse di stagione. Il Callistephus chinensis accompagna l’ingegnoso burattinaio Cuilang, il cui abbigliamento ha richiami alla Mongolia e alla Cina. Non mancano sfumature di italianità, con il cacciatore di tesori Mauro Panforte de Sainte-Coquille e le sue tipiche esclamazioni: discende dalla stessa famiglia conosciuta dai giocatori dei Rune Factory che hanno sullo sfondo il Regno fantasy di Norad.
KUNITSU-GAMI: PATH OF THE GODDESS (Capcom, per Pc, Playstation, Xbox e Switch 2)
Si impersona Soh, che porta avanti, fedele e coraggioso, la missione di proteggere la Sacerdotessa della montagna, Yoshiro, l’unica in grado di salvare il mondo dalla minaccia della corruzione che sta inghiottendo e devastando le pendici del monte Kafuku. Protagonista è però soprattutto il Giappone, nel suo folclore, nell’architettura tradizionale, fino ai dolci tipici scelti pure in base all’armonia dei colori. Ciascuno è associato a una stagione, come il sakuramochi per la primavera, quando fioriscono i ciliegi (sakura), e il minazuki per l’inizio dell’estate nel mese di giugno. Anche in questo caso l’attenzione a ogni dettaglio, arrivata a contemplare la venatura delle foglie, differente per il ciliegio o per l’acero del kashiwa mochi, è raggiunta grazie all’allestimento di set con la collaborazione di un maestro pasticcere che ha preparato dal vivo le specialità da offrire nel gioco alla Sacerdotessa. Analogamente i villaggi rurali e i templi immergono con accuratezza nell’atmosfera di luoghi emblematici, favoriti dal procedimento con il quale gli sviluppatori di Capcom hanno deciso di costruire diorami in scala, ricchi di particolari, ispirandosi a molteplici edifici iconici. Un modo per aiutare a rivivere quegli spazi, riproducendone con precisione le proporzioni. Il viaggio nel cuore del Giappone non si limita comunque a questo, abbracciandone il ricchissimo patrimonio culturale immateriale. Si ritrovano così le leggende e le creature mostruose, come gli yokai e gli oni, trasfigurati nelle orde delle Furie che, attraverso i Torii, i portali di accesso a un’area sacra per la religione shintoista, dilagano sulla montagna. Per purificare quest’ultima, Yoshiro deve eseguire la danza rituale di purificazione Kagura, altro bene intangibile, di solito praticata da una sciamana circondata da sacerdoti, sostituiti nel videogame dagli abitanti degli insediamenti liberati, pronti a dare una mano con le rispettive abilità per evitare il ritorno del male. Così il passato entra inestricabilmente nella modalità del gioco, originale commistione di strategico in tempo reale con tanta azione, un po’ tower defense e un po’ manageriale di risorse, che dopo il felice esordio su Pc, Ps4, Ps5 e Xbox One ha debuttato adesso su Nintendo Switch 2, all’insegna della massima portabilità con in più la possibilità di utilizzare i comandi per il mouse. A sottolineare ancor di più il significato di questa esperienza a contatto con l’essenza di riti e miti, il prequel è uno spettacolo di ningyo-joruri bunraku, Cerimonia della divinità: Il destino della sacerdotessa, offerto gratuitamente a tutti sul canale YouTube ufficiale di Capcom in collaborazione con il National Bunraku Theatre, fondato nel 1984 a Osaka - sede del quartier generale di Capcom, nonché la città dove è in corso l’Expo che ha contemplato anche esibizioni della celebrata compagnia - per valorizzare questa antica arte in cui si fondono la narrazione per voce di un attore, il teatro delle marionette e la musica dello shamisen. Nel ruolo di omuzukai, il burattinaio principale, è Kanjuro Kiritake, tra i più acclamati performer. C’è grande maestria anche per come nel gioco viene presentata la danza Kagura, che richiede di indossare elaborate maschere, di solito di cartapesta. Il realismo si spinge a rievocare gli atti da compiere per prepararsi a vestire gli abiti cerimoniali, pronunciando le formule scritte sulle tavolette di legno chiamate ema. Gli stessi effetti speciali durante i coreografici combattimenti derivano da riprese dal vero di scoppi, fuochi d’artificio e oggetti incendiati. Giorno e notte si alternano nettamente distinti anche per le attività da intraprendere. Con il sorgere del sole ci sono i villaggi da liberare, risvegliando la bellezza incantevole della natura, si riparano i danni, si stringono alleanze, lanciati sulle tracce delle dodici maschere legate al potere della dea del monte Kafuku rubate da ladri ignoti. Con il calare delle tenebre ci si stringe attorno alla Sacerdotessa perché è nel buio che dai varchi dei Torii dilagano le Furie da fermare impostando una strategia con l’ausilio delle capacità dei partner coinvolti.
SONIC X SHADOW GENERATIONS (Sega, per Pc, Playstation, Xbox, Switch e Switch 2)
Nintendo e Sega oggi sono più vicine che mai, ma chi l’avrebbe detto tanti anni fa? Quando nel secolo scorso Sega si occupava ancora direttamente di hardware, sviluppando non solo i giochi ma i suoi dispositivi, dal Mega Drive al Saturn, al Dreamcast, l’ultima compianta console prodotta nel 1998 dalla casa giapponese, ciascuno aveva i propri talenti, i propri approcci, le proprie mascotte. Agli occhi dei fan, Nintendo e Sega rappresentavano quasi due diverse anime del Made in Japan. Negli anni ‘80 e ‘90 erano un po’ i Beatles e i Rolling Stones del digital entertainment. Ciò si rispecchiava anche in serie simbolo come Super Mario da un lato, Sonic the Hedgehog dall’altro. Vederli per la prima volta insieme in Mario & Sonic ai Giochi Olimpici, una linea di crossover inaugurata nel 2007 su Nintendo Wii, destò addirittura un certo scalpore. Ma adesso proprio quella di Sonic è una delle serie che si sposano meglio con le console Nintendo: accanto all’immancabile pilastro costituito dai Super Mario, possono godersi appieno anche l’altra metà dal cielo del firmamento dei platform, grande classico tra i generi per le famiglie. Sonic ha uno stile di gioco tutto suo, velocissimo e coloratissimo, che viene esplorato a meraviglia in Sonic X Shadow Generations, il capitolo già disponibile per il primo Switch e protagonista di un’apposita riedizione ottimizzata per Switch 2. Se Nintendo ama mantenere distinti i Super Mario Bros. della tradizione 2D dai Super Mario in chiave 3D, alternando un capitolo all’altro, al contrario Sonic X Shadow Generations mischia le due scuole, raccogliendo entrambi i filoni in un unico episodio che fa il sunto dell’intera saga. In effetti si tratta di una specie di antologia dal respiro del reboot che, sostenuta anche da un escamotage narrativo, riscrive l’epopea di Sonic a partire dal mitico stage di Green Hill, con il quale si apriva il videogame originale del 1991 su Mega Drive. Poi si passano in rassegna le varie Generations del titolo, offrendo sia la prospettiva 3D dei Sonic moderni degli anni 2000 che quella 2D dei capitoli degli anni ‘90, attraverso un vivace e continuo cambio di fronte che mette in evidenza la brillantezza della progettazione dei livelli, ai vertici della categoria. Ai contenuti rimasterizzati del vecchio Sonic Generations del 2011, Sonic X Shadow Generations aggiunge una selezione ulteriore e inedita, ancora più spinta, incentrata su Shadow, l’equivalente del supereroico Venom nell’universo di Sonic e che propone una completa rivisitazione dei toni dell’avventura. Li la duplice natura del level design è portata a virtuosismi estremi che rendono giustizia al mito intramontabile del porcospino blu, la più rock delle mascotte rilanciata anche al cinema, con una trilogia di film ai quali si intreccia il videogame per mezzo di alcuni dlc.
UNTIL THEN (Maximun Entertainment, per Pc, Playstation e Switch)
La vicenda raccontata nella visual novel Until Then, narrazione multimediale caratteristica del Giappone qui declinata con un grado maggiore di interattività, ha un valore universale, nell’invitare a riflettere sul passato con il quale continuiamo a convivere con il suo carico di tristezza e di scelte non più modificabili, a volte a scapito del futuro che dovremmo invece abbracciare con fiducia e con speranza. Eppure Until Then, realizzato dallo studio Polychroma di Manila, è anche un gioco profondamente filippino, per i tanti riferimenti ai luoghi (nonostante siano trasfigurati e frutto di fantasia, ma a partire da posti riconoscibili), alla cultura e alla quotidianità della popolosa area metropolitana della capitale, affacciata su una baia, mentre non lontano, a Bunan, se non ad Antipolo o a Baguio, si elevano declivi collinari, dai quali godere straordinarie viste panoramiche, magari seduti al tavolino di un caffè. Disegnato con passione in pixel art, il gioco è uno scrigno di particolari rivelatori. Ci sono specialità tipiche come il gulaman (un dessert a base di gelatina), l’adobo (il piatto nazionale di carne marinata) o il menudo (stufato di carne di maiale), tutti resi con quell’effetto di piacevole nostalgia associato alla grafica composta da piccole tessere digitali memore dei giochi degli anni Ottanta-Novanta. Nei centri commerciali, tanto frequentati a Manila per ottenere dall’aria condizionata refrigerio da un clima che alterna giornate torride e molto piovose, ecco le insegne dei negozi creativamente, e umoristicamente, reinventate, utilizzando anche l’alfasillabario baybayn, l’antica scrittura della lingua Tagalog prima dell’adozione dell’alfabeto latino. Protagonista è il quindicenne Mark, che affronta come tanti suoi coetanei quel momento di passaggio che è l’adolescenza. Il padre è all’estero per lavoro e anche la madre è assente, per cui il ragazzo si ritrova principalmente solo, a lottare con la sveglia per alzarsi la mattina, ad affrontare le lezioni scolastiche svogliatamente, a consultare i post del social network (l’anno è il 2014, in cui nelle Filippine cominciava a diffondersi Internet in maniera più capillare) e a scorrere le notizie sul telefonino, che spesso aggiornano su disastri ambientali, una situazione politica incandescente e un misterioso cataclisma devastante. Attorno a Mark ci sono i compagni e le compagne di classe. Qualcuno di loro nasconde abilmente dietro il sorriso pesi difficile da sopportare. Non sanno che c’è comunque chi vuole dare una mano per restituire loro il sorriso. Nel frattempo sbocciano i primi amori, si consolidano le amicizie, in un progressivo disvelarsi della verità.
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