HIGH TECH
SHUTEN ORDER (Spike Chunsoft, per Pc e Switch)
Appena 168 giorni da qui alla fine del mondo, ma solo quattro giorni per la protagonista Rei Shimobe, nome posticcio e un corpo ugualmente preso in prestito a tempo, per scoprire chi l’abbia assassinata e perché. Shuten Order, la nuova visual novel frutto della collaborazione tra Exnoa, l’azienda che gestisce DMM Games, e Tookyo Games, guidata da Kazutaka Kodaka, il celebrato autore della serie Danganronpa, è un concentrato di intrighi e di misteri, dai molteplici livelli di lettura, co-sviluppata dalla software house Neilo. Con Kodaka hanno lavorato alla sceneggiatura Takumi Nakazawa (Ever 17, Root Double) e Takekuni Kitayama (scrittore di polizieschi, vincitore nel 2002 del Mephisto Prize per il miglior mystery, già al fianco di Kodaka in Master Detective Archives: Rain Code e The Hundred Line - Last Defense Academy), tratteggiando un mondo dai forti contrasti. Shuten è innanzitutto una setta che invoca l’arrivo dell’apocalisse ed è riuscita a radunare talmente tanti adepti da creare un suo piccolo Stato, chiamato appunto Shuten, teatro degli avvenimenti. Qui Rei viene uccisa, ma la divinità le concede l’opportunità di risorgere, sia pure per un periodo limitato, in un corpo a scadenza: ha perso la memoria, però sotto le mentite spoglie di una detective ha la possibilità di indagare sui cinque principali sospettati, che altri non sono che i ministri della giustizia, Kishiru Inugami, della salute, Yugen Ushitora, della scienza, Teko Ion, dell’educazione, Honoka Kokushikan, e della sicurezza, Manji Fushicho. Trovare la verità è essenziale anche per evitare che la nazione piombi nel caos, perché la finta Rei è in realtà la fondatrice del culto e averla eliminata è un atto gravido di conseguenze. Se riuscirà a far confessare il colpevole, Rei potrà riottenere l’anima, tornare in vita e fermare il conto alla rovescia della distruzione globale. Ad aiutarla nel difficile compito sono due autoproclamati angeli, l’impaziente Himeru e il riflessivo Mikotoru, con i quali non resta che allearsi, tra mille dubbi. Se le visual novel, genere tipicamente nipponico di narrazione multimediale disegnato come un anime, hanno abituato a molti dialoghi e poca azione, Kodaka con Shuten Order imprime una svolta al canone, introducendo al suo interno altre modalità di racconto interattivo, diverse per ogni segmento associato a un ministro. Così nella sezione su Inugami si intraprende un’avventura, dove Rei dovrà analizzare le scene e raccogliere indizi per svelare il responsabile di delitti legati alla ricca famiglia Kakuri e a uno strano testamento. Nel capitolo su Ushitora, anche direttore del locale ospedale, si entrerà in una sorta di escape room, zeppa di enigmi da risolvere, con gli ignari ospiti in lotta l’uno contro l’altro: non è contemplato l’errore. Per far luce sul geniale inventore Ion si dispiegherà una visual novel piuttosto classica, calata nel contesto di un letale attacco terroristico nell’istituto diretto proprio da consiste nell’adottare i punti di vista dei vari personaggi, in una vicenda ramificata, dove conta decifrare la via da seguire per sventare l’attacco e sopravvivere. Il segmento incentrato su Kokushikan, a capo anche della comunicazione e dunque della propaganda manipolatoria, è avvolto in un alone romantico: occorrerà saldare legami con tre studentesse misteriose per giungere a una soluzione. Mentre Shimobe cerca di capire le intenzioni di Fushicho, nemica giurata di ogni eresia tesa a discostarsi dal verbo di Shuten, eccola precipitare in un horror dalle dinamiche stealth e con visuale dall’alto che le consente di vedere dove nascondersi per sfuggire all’implacabile furia del famigerato serial killer Nephilim. Il gioco è concepito in modo tale che Rei possa scegliere da quale capitolo cominciare la sua missione e in che ordine sondare l’operato dei ministri, ma dovrà confrontarsi con tutti e cinque per chiarire il quadro della situazione, in un sovrapporsi coinvolgente di intrecci, fino a sbloccare il capitolo finale. Alla maestria della scrittura - dove emergono temi cari a Kodaka, come l’effettiva libertà di azione concessa all’individuo, il cieco fanatismo in nome della religione, l’attaccamento alla vita minacciata da beffe crudeli, la speranza e la disperazione che muovono i comportamenti del singolo e della collettività - corrispondono l’iconica colonna sonora di Masafumi Takada (Resident Evil: The Umbrella Chronicles, Killer 7, No More Heroes e la serie Danganronpa con brani cult come Beautiful Death e Class Trial) e la grafica ricca di sfumature e dalla tavolozza di vivaci cromie dell’artista shimadoriru, in un mix di echi surreali, pop e dark. Una produzione di alta qualità cui contribuisce il doppiaggio in giapponese affidato a famosi professionisti della scena anime e dei videogame, con l’editore Spike Chunsoft che si conferma ancora una volta ambasciatore delle eccellenze del Made in Japan.
CHIP ’N CLAWZ VS. THE BRAINIOIDS (Arc Games, per Pc, Ps5 e Xbox Series)
Caotico, ironico, pieno di trovate esilaranti, ricco di azione. Uno sparatutto in prima persona, ma anche un platform, un tower defense e soprattutto nel suo Dna uno strategico in tempo reale con la peculiarità, messa in luce dal leggendario sviluppatore inglese Julian Gollop, fondatore e ceo della software house Snapshot Games, di riuscire a soddisfare le esigenze dei veterani del genere, come pure dei neofiti, grazie proprio alla fusione armoniosa di più dinamiche, cui si viene introdotti agevolmente nella modalità campagna. L’approccio è comunque piacevolmente intuitivo. Gollop, autore della storica serie X-Com, considerata una pietra miliare imprescindibile dei tattici a turni, ha così voluto imprimere una spinta innovativa in un’arena che rimane piuttosto affollata, ma forse anche troppo ripetitiva. Per farlo ha giocato, dal punto di vista stilistico, anche con le memorie di b-movie, cartoon e fumetti di fantascienza d’antan (citati direttamente nel videogame tra i collezionabili da recuperare nell’ambiente per ripercorrere gli antefatti della storia sulla minaccia venuta dallo spazio), condite con i toni da commedia di Mars Attacks! di Tim Burton e l’umorismo associato a indimenticabili avventure punta e clicca degli anni Novanta come Day of the Tentacle, nell’immaginare l’impresa del giovane inventore Chip, affiancato dal fido gatto robotico Clawz. Un duo spassoso, come quello formato dal meccanico Ratchet e dal robottino Clank del blockbuster di Insomniac. Chip e Clawz devono fermare niente meno che un’invasione aliena di Brainioids, che del cervello (brain) hanno solo il nome. Sono però una moltitudine impressionante, arrivata sulla Terra per impossessarsi di un prezioso minerale che si presenta sotto forma di cristalli, il Brainium, riuscendo nell’intento. Per debellare la minaccia, occorre innanzitutto trovare le superstiti miniere di Brainium, indispensabile per costruire le basi di un sistema difensivo da studiare con attenzione per posizionare opportunamente i singoli elementi e allestire le strutture con cui produrre un esercito versatile di minion automatizzati figli del talento ingegneristico di Chip, ai nostri ordini, pronti a lanciarsi in battaglia in diverse configurazioni, a disposizione in attacco e in difesa, per il combattimento ravvicinato o a distanza, nonché a lavorare per portare a termine altri compiti nei quali è specializzata ciascuna unità. Come agire è una questione tattico-strategica, bilanciando le azioni di raccogliere le risorse, edificare, riparare, combattere in avanzata, mantenere il terreno. Chip ’n Clawz vs. The Brainioids si può giocare da soli o con un amico, in co-op locale o online, unendo le forze impersonando uno Chip e l’altro Clawz, con le loro specifiche abilità e i differenti veicoli a disposizione, che permettono di esplorare aree nascoste che sarebbero inaccessibili. Gollop, che ha spiegato di divertirsi molto a videogiocare insieme ai suoi figli, in particolare per la cronaca a Lego Star Wars, ha puntato dunque molto sugli aspetti cooperativi. Possibili inoltre sfide PvP, giocatore contro giocatore, nelle versioni 1v1 e 2v2, anche cross-platform ed eventualmente condividendo un’unica copia di Chip ’n Clawz tramite il Friend’s Pass gratuito. Ogni piattaforma, che si tratti di Pc o console, viene supporta a dovere: su Steam ci sono le funzioni Remote Play Together e Tv. Chip ’n Clawz è un gioco davvero per tutti, intelligente senza essere complicato, che sa ancora stupire e divertire per mezzo del caro, vero game design.
TONY HAWK’S PRO SKATER 3 + 4 (Activision, per Pc e console)
Con il ritorno di Tony Hawk’s Pro Skater 3 + 4, si chiude alla grande il tour della nostalgia orchestrato da Activision attorno a un titolo che ha fatto epoca, scrivendo la storia dei videogame, ma andando anche al di là del digital entertainment. I giochi di Tony Hawk sono stati un emblema della street culture, un megafono dell’underground, quando i blockbuster potevano ancora sperimentare, nuotare controcorrente. Ci sarebbe volendo spazio per recuperare altri episodi, dagli Underground ad American Wasteland, da Project 8 a Proving Ground, l’ultimo prima della chiusura di Neversoft, ma la serie classica si può considerare già completa così, con le due raccolte dedicate ciascuna ad altrettanti Pro Skater, caratterizzati dalla purezza di una formula arcade entrata nel mito. A Tony Hawk’s Pro Skater 1 + 2 uscito nel 2023 segue quindi adesso Tony Hawk’s Pro Skater 3 + 4, che ne riprende a tal punto lo spirito revival da modificare alcuni aspetti degli originali, in particolare nella struttura di Tony Hawk’s Pro Skater 4, riconcepito nello stile dei vecchi Pro Skater, col cronometro a scandire inesorabile i livelli mentre si eseguono trick sullo skateboard, eliminando quegli accenni open world dello story mode che troveranno poi sviluppo nei capitoli successivi. Una scelta radicale, ma che assume un preciso significato nell’approccio portato avanti da Vicarious Visions e Iron Galaxy per conto di Activision con questi remake. Decostruire e ricostruire per restituire ai fan odierni l’essenza dei Pro Skater, riorganizzando e compattando l’esperienza di quello che costituisce un vero e proprio arco, che ha altrove il suo filo comune. Da questo punto di vista e non solo sia Tony Hawk’s Pro Skater 1 + 2 che Tony Hawk’s Pro Skater 3 + 4 sono rifacimenti spettacolari. Il modo migliore per rivivere la magia dei cari, vecchi Tony Hawk, riscoprire il senso degli episodi che hanno fatto scuola e che hanno creato, tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, un genere al tempo stesso molto tecnico e scanzonato, basato sulle acrobazie, dove hanno dominato a lungo. In questa appassionante memory lane si inserisce anche lo stretto rapporto con l’immaginario della street culture che ruota attorno al mondo dello skateboard e che proprio il successo dei Tony Hawk’s Pro Skater ha aiutato a emergere, compreso il sound punk di band come Goldfinger e Dead Kennedys, quasi si trattasse del manifesto digitale di un movimento giovanile capace di inventarsi nuovi mezzi per incontrare il suo pubblico. I remake si confrontano sempre in maniera organica con la questione. Mentre Tony Hawk’s Pro Skater 1 + 2 resta fieramente old school e intimamente underground, fedele al motto degli originali, fatti da skater per gli skater, Tony Hawk’s Pro Skater 3 + 4 cerca, come già in passato, di ampliare la prospettiva e di riflettere maggiormente l’evoluzione della scena, introducendo altri brani per la colonna sonora e affiancando nel cast skater di ieri e di oggi. L’importante è che, joypad alla mano, funziona tutto a meraviglia e sembra di tornare ragazzini.
STORY OF SEASONS: GRAND BAZAAR (Marvelous, per Pc, Nintendo Switch e Switch 2)
Che bella la vita in campagna! Non ci si annoia mai, perché - come impara subito il nostro alter ego digitale in Story of Seasons: Grand Bazaar - ci sono terreni da coltivare e animali da allevare, nella ripetizione di azioni solo in apparenza sempre uguali a sé stesse. Remake di un fortunato titolo della blasonata Story of Seasons (in originale Bokujo Monogatari, inizialmente tradotto per il mercato occidentale con Harvest Moon), Grand Bazaar aveva debuttato nel 2008 su Ds come Harvest Moon Ds: Grand Bazaar, la diciannovesima uscita principale (la quinta ad approdare sulla console da taschino della Nintendo) della popolare serie creata da Yasuhiro Wada nel 1996, contribuendo al successo di un genere, il farming simulator, da allora forte di una platea fedelissima e affollata di fan. Quelle di Story of Seasons: Grand Bazar sono atmosfere di incanto, che il rifacimento sviluppato da Marvelous rende adesso più fascinose e attraenti che mai, oltretutto con tanti compiti in aggiunta da affrontare, in un approfondirsi e in un’ampliarsi dell’esperienza. Il nostro avatar arriva nella tranquilla Zefiria, già famosa per il suo Bazaar, caduto però in disuso e dunque da rivitalizzare per migliorare così la vita degli abitanti, dotandoli del luogo deputato alla vendita dei frutti del lavoro agreste, di ciò che viene dispensato spontaneamente dalla natura e raccolto con il foraging, nonché di oggetti artigianali. Aprendo il nostro stand, abbellendolo e procurandosi merce in forte richiesta, ci si avvicinerà progressivamente all’obiettivo di trasformare la sonnacchiosa Zefiria in un’accogliente e vivace località turistica circondata dalle montagne. Resta dunque fondamentale innanzitutto prendersi cura degli appezzamenti di terreno della nostra fattoria, che abbiamo edificato da zero, provvedendo a innaffiare e fertilizzare il suolo, a vantaggio della sua resa. Ci sono poi gli animali da nutrire e tenere puliti, testimoniando un affetto ricambiato dalle mucche con l’abbondanza di latte, dalle galline con tante uova e dalle pecore con pregiata lana. Stabilita questa routine quotidiana, ci si può occupare della produzione di utili manufatti, tramite una rete di mulini a vento alimentati proprio dalle folate di zefiro, che aiuta anche il o la protagonista a sollevarsi in aria per viaggiare velocemente con l’aliante da un posto all’altro. La sensibilità empatica con la quale ogni elemento della natura viene plasmato nel videogame si riverbera nella simpatia per i personaggi che compongono la comunità, alcuni provenienti da precedenti giochi della serie e pronti a interpretare cammei o a rimpinguare le fila dei venditori del bazaar. Si stringono amicizie, sbocciano amori, si formano famiglie allietate dalla nascita di un bebè, si impara in generale a conoscere il prossimo, le sue storie. L’attitudine all’ascolto è imprescindibile per progredire e far prosperare sempre di più la nostra attività. Al rinsaldarsi dei legami concorrono eventi speciali, rivisitazione dei festival nipponici tradizionali oppure competizioni dove sfoggiare la bellezza dei propri animali domestici o di ortaggi d’eccezione. Non si sta certo con le mani in mano in quel di Zefiria, piccolo paradiso bucolico alla ricerca di un equilibrio tra sostenibilità economica e i ritmi sereni e tranquilli scanditi dalle stagioni, in una relazione rispettosa di tutte le forme di vita.
GEARS OF WAR: RELOADED (Xbox Game Studios, per Pc, Xbox Series e Ps5)
Non è un esercizio scontato indicare quale sia la serie più influente, o quella più rappresentativa, di Microsoft. A dispetto forse del pensiero comune, che tende magari a identificare il digital entertainment più con la storia delle console giapponesi di Nintendo e di Sony, la casa di Redmond ha avuto e mantenuto un peso enorme, anche prima di trasformarsi, di acquisizione in acquisizione, nel colosso dei videogame di oggi, in cui orbitano addirittura major come Activision Blizzard e Bethesda. Senza i suoi sistemi operativi non ci sarebbe stato il Pc gaming, con buona pace dei big player come Steam. Ecco, proprio gli enormi successi in ambito professionale, da Windows alle soluzioni cloud, hanno messo un po’ in secondo piano il contributo di Microsoft al settore videoludico, invece ragguardevole, fin dagli albori di Flight Simulator, che ha tagliato alla grande il traguardo del quarantennale con i due più recenti capitoli per Xbox Series e Windows 10/11, o ancora Age of Empires, in pieno rilancio con l’avvicinarsi del trentennale. Il portabandiera di Xbox si è dimostrato da subito e a lungo Halo, lo sparatutto che ha aperto le porte ai first-person shooter a misura di joypad. Adesso quel posto è stato preso da Forza Horizon, che allo stesso modo, se vogliamo, ha reinventato i racing tra party e open world. In mezzo il segno indelebile lasciato da Gears of War, un’altra serie capace di riscrivere le regole di un genere, creando dietro di sé una sfilza di emuli, quando nel panorama infiammavano gli scontri a suon di esclusive della vecchia console war. Microsoft ha ormai sotterrato l’ascia di guerra e, dopo vent’anni, anche la saga di Gears of War debutta su Playstation, in concomitanza con l’uscita di Gears of War: Reloaded, l’ultimo esponente di una strategia sempre più multipiattaforma. Si tratta del rifacimento del primo episodio, quindi perfetto per iniziare. L’originale del 2006 vide il coinvolgimento diretto di Epic, gli sviluppatori dell’Unreal Engine, che all’epoca concepirono Gears of War su Xbox 360 quasi come vetrina delle meraviglie del motore grafico. I nuovi responsabili dello studio The Coalition si sono impegnati a fondo per restituire a distanza di tempo, nella dimensione di Ps5 e Xbox Series X, un impatto simile: come si suol dire spaccamascella. Se esiste una serie che rappresenta l’incarnazione digitale di una certa America, ipertrofica e assolutamente esagerata, straripante di azione all’ennesima potenza, pirotecnica e viscerale, quella è Gears of War, i cui protagonisti - eroici soldati poco inclini alla disciplina, ma gonfi di cameratismo, armati di megafucili che montano una motosega in luogo della classica baionetta - assomigliano a muscolose superstar del wrestling. Partendo dalla base del precedente remaster, cioè Gears of War: Ultimate Edition del 2015, The Coalition con Gears of War: Reloaded si è spinta più in là, smussando gli angoli e rinfrescando il prodotto, dai controlli alle funzioni, realizzando per molti versi l’edizione definitiva del gioco simbolo dei third-person shooter, dove il ritmo viene dettato dalle coperture tattiche e da cruente esecuzioni, per dedicarla agli amanti dell’alta fedeltà, dagli asset in 4K ai 120 fps, alla rimasterizzazione completa di texture, luci, ombre, riflessi in grado in alcuni casi di cambiare l’effetto scenico, come un remake. Con un occhio di riguardo proprio a Ps5 Pro.
GOOSEBUMPS: TERROR IN LITTLE CREEK (Game Mill Entertainment, per Pc e console)
La serie bestseller di libri per ragazzi Piccoli brividi di R. L. Stine ha ispirato cartoni animati, fumetti, film, adattamenti televisivi e, da subito, videogame, che adesso tornano a esplorare i territori della paura con un nuovo titolo originale, Goosebumps: Terror in Little Creek sviluppato da dalla software house PHL Collective di Philadelphia, che reimmagina gli scenari e i personaggi di un fenomeno dal successo globale. Benvenuti a Little Creek, dove l’adolescente Sloane Spencer rimane intrappolata in un incubo spaventoso. Appassionata di materie scientifiche e poco incline a bersi le più strampalate teorie che circolano in Rete, avrà forse occasione di ricredersi. Intanto, affiancata da un gruppo di coetanei, prova a far luce su quanto di vero ci sia negli allarmi che pullulano sui social e che la polizia provvede diligentemente a cancellare per evitare si diffondano psicosi: mostri terribili si aggirerebbero in città, sarebbero stati ripetutamente avvistati, però senza fornire prove. Intanto le autorità hanno imposto il coprifuoco, ma per andare a caccia di eventuali riscontri a Sloane non resta che eludere la sorveglianza degli adulti e confrontarsi con quel buio carico di segreti. Il museo e la biblioteca sono solo alcune delle tappe del girovagare della ragazzina, che in arcani volumi ha scovato formule interessanti e adesso, armata di una fionda soprattutto per tentare di distrarre i nemici, vuole a tutti i costi scoprire la verità. Le dinamiche stealth sono lo strumento fondamentale che Sloane ha a disposizione per superare le varie minacce, da eludere dunque più che da affrontare, scovando nascondigli o escogitando diversivi. In questa realtà umbratile, tra un colpo di scena e l’altro, Sloane per procedere deve anche risolvere enigmi con diversi gradi di difficoltà, che magari richiedono di tornare e ritornare ad analizzare un posto dove si era già stati. I richiami ai celebrati volumi di R. L. Stine sono dappertutto, nelle atmosfere e in citazioni offerte ai lettori di quelle storie horror amate a ogni età, ma calibrate per la fascia dei giovanissimi, dai sei ai quattordici anni. Lo stesso Goosebumps: Terror in Little Creek è adatto pure ai ragazzini, invitati ad aiutare la coraggiosa Sloane in una gara contro il tempo, i cui esiti dipendono dalle scelte compiute che conducono a uno dei possibili finali.
SPACE ADVENTURE COBRA – THE AWAKENING (Microids, per Pc e console)
Come e più di altre case d’Oltralpe, l’editore francese Microids vanta una lunga relazione con il mondo dei fumetti, testimoniata dalla storica collaborazione con Benoit Sokal, l’autore che forse meglio di chiunque ha saputo portare nel digital entertainment la grande tradizione della bande dessinée, firmando avventure grafiche indimenticabili. Prematuramente scomparso nel 2021 durante lo sviluppo di Syberia: The World Before (uscito postumo), oggi la sua opera è al centro di una riscoperta, che dopo il remake Amerzone – The Explorer’s Legacy del videogame d’esordio del 1999 toccherà proprio l’amatissima saga di Syberia, riproponendo in novembre il primo capitolo del 2002 nella nuova veste Syberia Remastered. Dalla scena franco-belga lo sguardo di Microids sembra essersi allargato in maniera piuttosto naturale al Giappone degli anime e dei manga, reiterando su computer e console quel rapporto di affinità e scambi reciproci che caratterizza due tra le più celebrate scuole di disegno. Così c’era sempre la francese Microids nel 2023 dietro Ufo Robot Goldrake - Il banchetto dei lupi, adattamento di uno dei più famosi robottoni nipponici degli anni ‘70, mentre adesso sbarca nel medium interattivo un altro cult ripescato grossomodo dallo stesso periodo. Space Adventure Cobra – The Awakening traduce nella forma di un platform d’azione dalla verve run and gun, nel solco un po’ dei classici Mega Man di Capcom, la serie animata Space Cobra del 1982 diretta da Osamu Dezaki per Tms e ispirata al manga Cobra di Buichi Terasawa, tutti nomi conosciuti e particolarmente apprezzati in Francia. Dezaki è infatti anche il regista dell’anime “francese” per antonomasia, Lady Oscar, oltreché di Remi, tratto dal romanzo Senza famiglia di Hector Malot. Cobra esplora invece le frontiere della fantascienza, tra echi di Philip K. Dick (l’incipit ricorda il racconto We Can Remember It For You Wholesale alla base del film Total Recall), mischiando James Bond e spaghetti western, in una di rivisitazione a tema spaziale delle rocambolesche avventure dei samurai immersa in un mare di influenze pop, da Star Trek a Barbarella, dove un antagonista cita espressamente David Bowie, ma molti altri sono i riferimenti figli del fascino per il cinema d’oltralpe: le pellicole di René Laloux, il protagonista che ha il volto di Jean-Paul Belmondo, l’omaggio alla bellezza di Dominique Sanda e di Catherine Deneuve. Space Adventure Cobra – The Awakening ripercorre i primi dodici episodi dell’anime, richiamandone l’estetica e a volte sovrapponendosi direttamente con essa, l’elemento distintivo di una produzione – curata dai parigini Magic Pockets - che per il resto si approccia al genere seguendo dinamiche abbastanza convenzionali, in un tributo duplice allo spirito vintage.
QUARTET (Something Classic, per Pc, Mac e Linux)
È un omaggio ai giochi di ruolo vecchio stile quello tributato dallo studio Something Classic Games, che con Quartet, sorta di seguito spirituale del titolo di debutto Shadows of Adam (2017), ha ribadito la volontà di esplorare ancora il fertile ambito degli rpg, ponendo un forte accento sul piano narrativo, nell’intersecarsi di storie che dal livello individuale arrivano ad assumere le dimensioni di un contesto globale, teatro di ramificate cospirazioni. Il cast comprende otto personaggi, ma inizialmente se ne può scegliere solo uno in una selezione di quattro, che verranno comunque successivamente impersonati secondo l’ordine deciso da noi, ciascuno protagonista di un intero capitolo del tutto separato dagli altri tre i cui fili però riveleranno connessioni inaspettate. Un western, una commedia, un dramma di ambientazione contemporanea e uno proiettato in scenari fantascientifici: i quattro capitoli introduttivi differiscono fin dai toni utilizzati, con il comune denominatore della magia a indirizzare i destini dei personaggi, fino a sconvolgerli. Si tratta dell’insoddisfatto capo cuoco in un rinomato ristorante, di una giovane commessa nel negozio di famiglia alle prese con problemi più grandi lei, di un sergente dell’esercito deluso e arrabbiato, di una ex studentessa di medicina passata a una facoltà di legge per laurearsi sul diritto relativo a incantesimi e sortilegi. Impariamo a conoscerli, con il loro passato irrisolto, in cui si annidano misteri. Sono mossi da obiettivi differenti e hanno armi e abilità distinte da impiegare nei combattimenti a turni che coinvolgono fino a quattro personaggi alla volta, tra gli otto che a un certo punto abbiamo a disposizione, chiamati a investigare su un segreto ultracentenario da cui dipende il futuro del mondo. La grafica, disegnata amorevolmente in pixel art, a ricordare la gloriosa era della console Snes a 16 bit, contribuisce al fascino rétro di un titolo per il resto figlio del nostro tempo, capace dunque di guardare ai maestri per una proposta molto convincente, che affronta un tema universale come la guerra, mostrando quanto, dopo averla scatenata, nessuno ne sia immune e a pagare un alto prezzo sono in particolare gli innocenti. L’empatia nei confronti di questa complicata e disastrata umanità fa comunque sì che la pur delicata missione dei nostri eroi, attraverso un paesaggio di foreste, caverne e i relitti di lontane civiltà, abbia momenti che strappano il sorriso. Attorno c’è molto da scoprire, portando a termine incarichi in apparenza secondari, ma che permettono di capire meglio le intenzioni reali di un personaggio, o semplicemente recuperando i numerosi oggetti sparsi lungo il cammino, accompagnati da un’emozionante colonna sonora.
THE KNIGHTLING (Saber Interactive, per Pc e console)
Piccoli eroi crescono. Il problema è che, al di là della pur encomiabile buona volontà, non nascono imparati. Succede anche al simpatico protagonista dell’action-adventure The Knightling dello studio olandese Twirlbound: un aspirante cavaliere che inizialmente si limita ad accompagnare il leggendario Sir Lionstone nel suo girovagare, cominciando dunque il suo apprendistato praticamente da zero. Ed è in questa situazione che gli eventi precipitano, di fronte a un nemico che sembra aver rapito il prode difensore della città, il quale ha avuto appena il tempo di gettare all’allievo il proprio potente scudo per salvarlo dalle grinfie di un essere malvagio. Quest’ultimo elemento, trasformato in un oggetto formidabile, versatile e portentoso, sta alla base dell’idea del videogame, come rivelato dagli stessi autori, affascinati dell’iconica ascia di God of War attorno alla quale ruota un complesso sistema di dinamiche. Analogamente lo scudo del Cavalier apprendista, un manufatto ben più grande di lui in un rapporto proporzionale che appare subito buffo, diventa il perno attorno cui ruotano le azioni del giovane, che può usarlo per difendersi, ma anche per attaccare, nonché come tavola per sfrecciare più velocemente, per navigare sulle acque o addirittura per librarsi in volo e planare a mo’ di paracadute. Il paesaggio open world da esplorare liberamente trasfigura in un regno fantasy gli orizzonti familiari agli sviluppatori, la cui sede è a Breda nel Brabante settentrionale, tra distese di tulipani variopinti, mulini a vento, mulini ad acqua e vestigia di castelli e borghi fortificati, con l’aggiunta di molteplici altre suggestioni, mentre si ripercorrono le gesta di Sir Lionstone, così ammirato dai suoi concittadini che hanno dedicato alle sue imprese una scultura monumentale, ma il Cavalier apprendista ha parecchio da scoprire in questa sorta di epopea, dove si incastra la lotta tra l’umanità e mostruose creature giunte da oltre un ciclopico muro rimasto a lungo impenetrabile. Sembra proprio che qualcosa che si credeva sconfitto sia invece rimasto acquattato nelle viscere della capitale di Clesseia, eretta sulle rovine della civiltà perduta di Earthbond, dove gli uomini sono arrivati in fuga da una tragedia, maturando un senso di colpa tale che nessuno vuole mostrare il suo vero volto, preferendo coprirlo con una maschera indicativa del ruolo e degli obiettivi di ciascuno. Nella foggia dei costumi, nei disegni decorativi delle stoffe, nella forma delle maschere e nell’uso delle sciarpe avvolte sul viso sono trasposti gli echi di tante culture tradizionali africane, ma anche i riferimenti stilizzati ad altrettanti animali antropomorfi, tratteggiati come fumetto, a cominciare dall’eroe in erba che sembra un papero. Coloratissimo, quasi un cartoon interattivo ispirato ai ritmi e alle soluzioni tra action e puzzle di The Legend of Zelda, The Knightling risplende anche negli incontri con pittoreschi personaggi, a cominciare dalla migliore amica del protagonista, che da apprendista in una fucina conosce ogni segreto dello scudo.
WARHAMMER 40,000: DARKTIDE – ARBITES CLASS (Fatshark, per Pc e Xbox Series)
Tre anni e numerosi aggiornamenti dopo, Darktide si espande, accogliendo la classe degli Adeptus Arbites, gli implacabili giudici imperiali destinati a entrare direttamente nell’elenco dei personaggi preferiti del videogame, con cui Fatshark sta portando avanti il suo spettacolare omaggio all’immaginario di Warhammer insieme alla sua personale reinterpretazione del filone co-op aperto da Left 4 Dead. Un progetto ambizioso, dal lancio non privo di difficoltà, che non è ancora riuscito a replicare pienamente il successo dei Vermintide, le hit precedenti dello studio svedese in grado di conquistare subito e a lungo schiere di fan. Al di là del cambio di ambientazione, dal fantasy dei Vermintide alla science fiction dell’universo di Warhammer 40,000 al centro di Darktide, la ricetta appare simile, ma con diverse logiche maggiormente legate all’impianto always online da live service. Uno degli ingredienti più affascinanti resta però intatto: la capacità di inscenare partite multiplayer che si sviluppano ogni volta come un racconto dal vivo, attraverso mappe complesse ricche di dettagli e cariche di atmosfera, sotto la guida di una regia virtuale che rende unica l’esperienza. Anche se l’impostazione segue per certi versi quella di un first-person shooter e non mancano intense sparatorie, Darktide non è il classico sparatutto: ha punti in comune con gli action rpg e la componente melee assume molta importanza mentre si falciano orde di nemici, a seconda poi della classe e delle caratteristiche dell’alter ego, inizialmente a scelta tra quattro archetipi, Zelota (mischia), Veterano (combattimento a distanza), Psyker (poteri psichici) e Ogryn (il bruto del gruppo), cui si aggiunge ora l’Arbitrator per mezzo del relativo dlc. Tutti sono altamente personalizzabili e si può creare il proprio perfetto personaggio di Warhammer 40K, sia a livello estetico - la deluxe edition dell’Arbites Class sblocca skin esclusive - sia per quanto riguarda le abilità sul campo. Dotato del letale Exterminator Shotgun o dell’inedita accoppiata pistola e scudo, l’Arbitrator, accompagnato in battaglia dal minaccioso mastino cibernetico, è un guerriero imponente, pensato per offrire tre specifici stili di combattimento ulteriormente definibili tramite più di 80 nodi talento, in pratica una macchina da guerra inarrestabile.
OUT AND ABOUT (Yaldi Games, per Pc)
Si chiama foraging ed è una pratica diffusa fin dalla notte dei tempi, ma che ora, con la rinnovata sensibilità ambientale, sta vivendo una fase di rinascita. Consiste nel cibarsi di ciò che viene offerto spontaneamente dalla natura, senza bisogno di essere coltivato, si tratti di frutti, bacche, funghi o alghe. Come sempre in natura, occorre però prestare molta attenzione, per non scambiare una pianta velenosa con una commestibile, un micete edibile con il suo simile altamente tossico. Saperi in passato trasmessi da una generazione alla successiva. Tutte questioni che la sviluppatrice Elena Hogi, fondatrice di Yaldi Games, ha tenuto presenti nel suo titolo d’esordio Wholesome - Out and About, concepito durante un’escursione all’aria aperta in compagnia dei genitori appassionati di foraging. Il nome della software house, Yaldi, vuole essere un omaggio alla città di Edimburgo, dove Hogi ha ottenuto un master in Design e Digital Media: yaldi è infatti un termine scozzese usato per esprimere entusiasmo, lo stesso che lo studio indipendente vorrebbe trasmettere con il suo videogame, dove non mancano molteplici riferimenti proprio alle Highlands e dintorni, a cominciare dalla tipica razza bovina Highlander. Il gioco è uscito con la formula dell’accesso anticipato, in previsione di arricchirsi progressivamente di contenuti, con l’intenzione di mettere a fuoco Paesi come la Cina, il Giappone, il Brasile. L’obiettivo è sempre imparare divertendosi, per arrivare a conoscere i generosi prodotti della natura e le loro proprietà, per poi utilizzarli in ricette virtuali che hanno corrispettivi nella realtà, perché gli ingredienti sono tutti veri. Analogamente le azioni descritte nel gioco servono a costruire semplici oggetti con ciò che è rinvenibile in una radura. La coloratissima avventura si svolge in una cittadina, Portobello, teatro di un disastro. Per rinsaldare la comunità nell’ottica di una migliore sostenibilità ecco venire in soccorso il foraging con il corollario necessario dell’esplorazione di prati, boschi, brughiere, foreste, coste, spiagge, per procacciarsi provviste da consumare e condividere. Lo sguardo si allarga agli uccelli, agli insetti, ai pesci, per immergersi a 360 gradi nei segreti del paesaggio, raggiungendo anche fattorie dove si adottano tecniche agricole tradizionali, come la paludicultura, che sfrutta il potenziale delle torbiere senza prosciugarle, preservando le caratteristiche di umidità del suolo a favore della conservazione dell’ecosistema.
WORSHIP (Chasing Rats Games, per Pc)
Avete presente i Pikmin, quelle adorabili creaturine ispirate al mondo vegetale caratterizzate da diverse abilità ciascuna associata a una tinta? Ecco, dimenticate tutto ciò che di amabile erano i Pikmin per conoscere una sorta di loro doppio lugubre, che ha ispirato i personaggini di Worship, l’irriverente roguelike gestionale dello studio indie canadese Chasing Rats Games uscito con la formula dell’accesso anticipato. Qualche tocco di colore c’è anche in Worship, dove però a dominare è il contrasto tra il bianco e il nero del disegno a inchiostro, molto stilizzato, in una rivisitazione dei giochi di ruolo dove stavolta ci si impegna non a sventare, bensì a provocare la fine del mondo. Per riuscire nell’intento si deve radunare il maggior numero di persone disposte ad aderire al nostro culto e a diffonderlo, come docili eserciti da scatenare nei combattimenti in tempo reale, da guidare nell’esplorazione di paesaggi piagati dal male per scovare possibili nuovi seguaci e addirittura da obbligare a sacrificarsi in massa per soddisfare la sete di una divinità crudele. Si può giocare in co-op, online o locale, per un massimo di quattro partecipanti, mettendosi ai comandi di orde ciecamente dedite a riti oscuri, in un mondo dark dagli echi lovecraftiani dominato dalla logica dell’assurdo, intrisa di humour nero. Quattro le fazioni di un’ambientazione medievaleggiante, tra cui gli Eretici e la Chiesa che ha tenuto sotto di sé per secoli città e villaggi, dotandosi del braccio armato nell’Inquisizione per evitare che vengano smascherate le bugie sulle quali è stato eretto un meccanismo pervasivo di potere. Nelle terre selvagge, al di fuori delle strutture convenzionali della società, gli Akka venerano invece le forze della natura e racchiudono il racconto della loro storia in megaliti, cercando di resistere ai tentativi sia di conversione forzata da parte della Chiesa, sia di conoscenza dei loro arcani saperi oggetto delle mire della Congrega pagana, un’altra delle fazioni. Gli antichi dei reclamano comunque devoti, da reclutare attraverso rituali che prevedono l’inevitabile versamento di sangue, con il quale tracciare arcane geometrie per evocare lo spirito della divinità. Se le mappe, generate proceduralmente, sono sempre diverse, uguale è lo spirito dissacrante con cui, da cattivissimi, si affrontano le sfide.
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