Scomparso
Più che un macellaio, Bruno Schivazappa, storico «cavalär» di piazzale Metteotti, deceduto nei giorni scorsi, era «n’institusjón».
Non c’è stato oltretorrentino che non sia entrato nella bottega di Bruno per « ‘na cartàsa äd cavàl pisst» (anche per colazione come usava fare Francone Dodi, il leggendario venditore di alberi di Natale), per un pezzo di carne per fare lo stracotto natalizio, o per quelle bistecche che sapeva tagliare con l’abilità di un esperto cerusico.
Appena si entrava nella sua storica «bcarìa», in un tavolino dedicato ai clienti, la Gazzetta di Parma aperta. Un ottimo biglietto da visita di parmigianità. Bruno, classe 1940, parmigiano «arioso» di Fraore (il padre Gioachino era un provetto contadino, uno dei primi ad utilizzare macchine agricole nella nostra provincia), dal 1954, tutte le mattine e fino a che le salute glielo ha consentito, ha alzato la saracinesca del suo negozio.
A fianco di Bruno, per tanti anni, la moglie Silvana e quindi Michele, «figlio d’arte», che porta avanti l’attività paterna. Bruno non era un seguace della gastronomia pronta. Nella sua macelleria solo bistecche, cavallo pesto e stracotto di cavallo e asinina per soddisfare le esigenze di quelle «rezdóre dedlà da l’acua» (e ce ne sono ancora) che usano fare il ripieno degli anolini all’antica.
«La cónsa l’é importanta, mo còll ch’ l’é ancòrra pù important l’é che la cärna la sia bón’na». Un frase che Bruno amava ripetere a chi gli chiedeva il segreto del suo «pisst». Bruno aveva trasformato in questi anni la sua bottega in un arcipelago di parmigianità dove la lingua nazionale era «al djalètt pramzàn». Era affezionatissimo alla sua clientela e, tante volte, ricordava che, papà e mamme che entravano in negozio con i loro bambini lui, a sua volta, li aveva visti piccini. Tra i suoi clienti: il basso Michele Pertusi, l’icona della parmigianità Berto Michelotti e i suoi fratelli, al «Dsèvod» e tanti altri «pramzàn dal sas». Anche al circolo «Aquila Longhi», Bruno, vantata, non solo degli estimatori, ma, addirittura, dei «tifosi» come gli chef del circolo Luciana e Corradino Furlotti che cucinavano le mitiche polpette e la «vecia» esclusivamente con la carne della macelleria di piazzale Matteotti. Per il 60° di attività, Bruno, fu premiato proprio dal circolo «Aquila Longhi» ricevendo una targa dal presidentissimo del sodalizio Corradone Marvasi, suo amico fraterno.
A festeggiare il macellaio-norcino (poiché si dilettava con l’amico e maestro «masén» Franco Cattani anche «a far su» salami ed altri insaccati) alcuni tra i più significativi vessilliferi della parmigianità: il «Dsévod», Berto Michelotti, Gigétt Mistrali, Adriano Catelli, Claudio Mendogni, Enrico Maletti. Comunque, il fans più «ultrà» di Bruno è stato Corradone Marvasi al quale un giorno chiesero quanto pesto di cavallo mangiasse a pasto. Risposta di Corradone: «n’ezagerasjón, basta c’al sia còll äd Bruno».
Schivazappa, era molto legato alla famiglia: alla moglie Silvana, ai figli Michele con Katia e Letizia con Mario, alle sorelle Alba e Carmen. I funerali avranno luogo domani alle 9,30 partendo dalla camera mortuaria dell’Ospedale Maggiore, per la chiesa di Vicofertile indi al cimitero di San Pancrazio.
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