Prefettura
«Ci siamo orientati più sul fronte di un approccio coerente alla dimensione del fenomeno, affrontandolo da un punto di vista sociale e di comunità». Per descrivere una questione complessa quanto delicata, il prefetto, Antonio Lucio Garufi, sceglie con cura i termini più adeguati. Perché se le aggregazioni di alcuni gruppi di giovani, spesso minorenni, per le strade della città, hanno intaccato la percezione della sicurezza visti i comportamenti «molto fuori dal lecito», il prefetto, pur confermando l’esistenza del problema, ha chiarito: «Parlare di emergenza è assolutamente fuorviante, perché questa non è sicuramente una città sotto scacco di gruppi che, per quanto possano essere numerosi, sono solo decine di ragazzi».
Per analizzare la questione e trovare punti di convergenza e soluzioni utili ad arginare il problema, ieri mattina, il prefetto ha coordinato un incontro virtuale allargato, a cui hanno partecipato diversi attori cittadini, tra cui l’assessore a Città internazionale (con delega alla Sicurezza), Cristiano Casa, i settori del comune che si occupano del tema (da quello sociale, per cui era presente l’assessore Laura Rossi, a quelli educativi e delle politiche giovanili), l’Azienda Usl, il procuratore della Repubblica, esponenti del mondo della scuola, il sindaco Federico Pizzarotti, le diverse associazioni di categoria, come l’Unione parmense degli industriali (per cui ha presenziato il direttore generale, Cesare Azzali), Ascom, Confesercenti, il mondo dello sport (presenti Coni e Cus) e i rappresentanti della Provincia.
«È parso chiaro a tutti che l’origine di questa fenomenologia venga da più lontano, da una situazione di malessere, di disagio sociale e, in certi casi, di disadattamento alle regole, complice anche il Covid-19, che ha innescato processi di strafottenza e di malcelato senso di trasgressione che può anche andare sopra le righe – ha spiegato il prefetto, definendo il dibattito tra le varie parti articolato e complesso -. Senza voler sminuire o esaltare le circostanze, agiremo su vari fronti: da un lato, sul profilo più stretto della sicurezza pubblica, continueremo l’intervento coordinato sul piano del controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine, anche verificando lo stato dell’arte del consumo degli alcolici, che costituisce un problema nel problema; si dovrà affrontare la questione della dispersione e dell’abbandono scolastico, per cercare di capire le dinamiche che si muovono all’interno di questi gruppi; infine, ci si dovrà allargare ai comuni della provincia, perché molti di questi ragazzi vengono da fuori. Cerchiamo, quindi, di migliorare il molto che viene fatto, attingendo dalla collaborazione e dalla disponibilità resa dallo sport e dal mondo del lavoro, dell’occupazione e dell’impresa, per valutare se si possa orientare il molto che viene svolto anche in funzione di percorsi formativi che possano sfociare in attività lavorative».
Per Casa, per arrivare a una soluzione concreta, coinvolgendo tutti gli attori, gli interventi devono essere corali: «Fondamentale è un lavoro di squadra e di rete, che metta insieme gli enti che hanno partecipato alla conferenza (partita dal Comitato sicurezza). Ciò che è emerso, parlando sia con gli educatori di strada che con chi si occupa di psicologia, è che la pandemia abbia generato uno stacco rispetto a quanto accadeva prima e questi fenomeni sono aumentati. Ci sono delle ondate ed è un tema che deve essere affrontato».
Giovanna Pavesi
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